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La cultura a Monza, tra pregiudizi e risultati. Intervista all'assessore del capoluogo brianzolo, tra eventi e manifestazioni, Villa Reale, Isa e Foa Boccaccio: un bilancio del mandato che va a terminare, e l'illustrazione di un metodo di lavoro

 

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on le elezioni alle porte, viene spontaneo guardarsi indietro e osservare cosa è stato fatto a Monza durante i cinque anni della giunta guidata da Marco Mariani. La Rivista che Vorrei comincia a farlo partendo dalle attività legate alla cultura, con una lunga intervista all'assessore Alfonso Di Lio.

Come giudica il tessuto culturale e artistico che ha osservato sul territorio comunale durante il suo mandato?
Lo stereotipo vuole che Monza sia una città sonnolenta. Potrei rispondere semplicemente aprendo "Appuntamenti", la pubblicazione mensile edita dall'assessorato alla Cultura, dove si trovano gli eventi che patrociniamo o organizziamo. Basterebbe aprirlo per capire quanto sia ricca l'offerta: fino a quindici eventi nella stessa giornata. Piuttosto va sottolineata una caratteristica di Monza: è una città in cui i cittadini appassionati di arte teatro musica si esprimono attraverso associazioni specifiche, come circoli, club, associazioni. Ne abbiamo censite circa centoventi, aggiornando l'elenco e distribuendolo alle associazioni. Così facendo, abbiamo contribuito a creare sinergie tra queste associazioni, che prima lavoravano più isolate.

Appunto: le sembra che l'offerta culturale che ha citato riesca a far sì che queste diverse realtà facciano rete?
Limitandomi alla mia esperienza, la redazione di questo nuovo elenco ha originato una serie di attenzioni che sono risultate nuove: c'è stato un reale scambio e intreccio di destini, delle collaborazioni proficue. Un esempio: le sei associazioni di pittori attive a Monza hanno potuto, con me, usufruire una volta l'anno, con regolarità, della Galleria Civica per esposizioni e eventi di altro genere. Ebbene, ne è nata Letterarte, un'iniziativa che coinvolgendo altre realtà ha realizzato un connubio fra arte figurativa e poesia (come per esempio la mostra su Roberto Sanesi, ndr). Ed è solo uno degli esempi che potrei portare. Anche solo a livello di partecipazione di pubblico, comunque, lo scambio fra le diverse associazioni si fa sentire.

 

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Abramo ripudia Agar e Ismaele, Joseph John Jenkins da Guercino;
Civica Raccolta di Incisioni Serrone Villa Reale, Monza

 

Io ho cercato di dare il microfono a chi aveva la voce un po' più flebile.

Quale ritiene sia stato il punto di forza della politica culturale monzese sotto il suo mandato?
C'è una cosa della quale sono contento, la possibilità che ho dato agli inespressi, a coloro che non avevano mai avuto la possibilità di esprimersi appieno. Io ho cercato di dare il microfono a chi aveva la voce un po' più flebile. Un'altra è stata la valorizzazione del patrimonio artistico, storico e culturale della città, un'altra ancora la sperimentazione di nuove strade. Sulle mostre: ho preso cento quadri all'anno dei circa milleduecento chiusi nella pinacoteca della Villa Reale dal 1984 (chiuse in perfette condizioni di conservazione, assicura l'assessore, ndr) e abbiamo sviluppato tre mostre a tema nel Serrone della Villa, cioè "Ritratto", "Paesaggio", "Sacro e profano". L'incarico di curare l'iniziativa è stata affidata a un docente universitario monzese, Graziano Alfredo Vergani, che ha risposto con entusiasmo.
In parallelo, all'Arengario, abbiamo sviluppato lo stesso tema ma con le stampe, un patrimonio che spazia dal Cinquecento a oggi. Solo a Monza ne abbiamo circa tredicimila, che stiamo finendo di catalogare con un sistema moderno: Monza sarà la prima città italiana ad avere un catalogo di stampe antiche accessibile via internet, tramite un sito apposito (disponibile cliccando qui, ndr). Ma stiamo ancora finendo il lavoro. Il nostro patrimonio sarà anche secondario rispetto a città come Firenze, ma abbiamo cercato di valorizzarlo.
Abbiamo inoltre partecipato alla prima e unica mostra sul Paesaggio dell'Ottocento lombardo, che coinvolgeva enti come la Pinacoteca di Brera e i comuni di Milano, Brescia e Bergamo oltre a noi. Siamo i soli che finora hanno esposto questa enorme ricchezza: è stata la mostra con biglietto d'ingresso in assoluto più visitata fra quelle cittadine, con una partecipazione di quindicimila persone. Parlando invece di apertura al nuovo e all'espressione, la mostra più importante è stata quella sugli Anni Ottanta, che ha portato a Monza per prima volta artisti del calibro di Keath Haring, Basquiat, Paladino, Clemente. Una mostra che ha fatto discutere, e che noi abbiamo accompagnato con attività collaterali come conferenze, concerti, laboratori e seminari. Abbiamo fatto venire Giancarlo Massarini, per esempio. Anche per la mostra sul paesaggio, per esempio, abbiamo organizzato un ciclo di conferenze con architetti, o neuropsichiatri che utilizzano la pittura del paesaggio all'interno di percorsi terapeutici. Ha partecipato anche lo scrittore Gianni Biondillo, così bravo a descrivere Quarto Oggiaro. Quella sul ritratto ha coinvolto Tullio Pericoli e Massimo Bubola, che era il "ritrattista" di De André, l'autore di brani come Don Raffae'. E vorrei anche citare, all'interno delle iniziative collaterali alle mostre, i laboratori dedicati ai bambini e ai ragazzi, gestiti sempre da personale più che qualificato e improntati a un approccio educativo materiale, concreto.
Per i giovani, soprattutto di età scolastica, abbiamo numerose attività teatrali che durano da anni. Il teatro San Carlo, peraltro, ospita tre compagnie amatoriali ormai in maniera stabile, e i finanziatori siamo noi: spesso fanno il pieno. Per la maggior parte delle attività culturali legate ai giovani opera l'assessore Sassoli, ma il più grande risultato del mio assessorato nel 2011 e in generale degli ultimi anni è stata la Biennale dedicata ai giovani pittori ospitata al Serrone, che quest'ultimo anno si è aperta anche all'estero, ospitando sei artisti sud coreani di gran livello. Ha toccato i diecimila visitatori, quando l'anno prima ne aveva avuti tremilanovecento.

 

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Jean Michel Basquiat


Non mi sognerei mai di togliere un evento come "Concerti a Monza" in sala Maddalena, per quanto costi non poco per ogni partecipante e abbia un indice di impatto basso.

Che criterio usa per decidere quale attività finanziare tra quelle che si propongono?
Il comune non è una casa di produzione. Abbiamo una serie di esperti di eventi del cui giudizio si avvale per scegliere. Certo, non possiamo permetterci tante consulenze per avere un esperto in ogni campo artistico. Oltre al nostro personale specializzato, quindi, conto sul contributo disinteressato, e ci tengo a sottolinearlo, di persone di cultura che si prestano a darci consigli su quali attività siano degne di essere seguite: galleristi, maestri di conservatorio, artisti. Una commissione non ufficiale che fornisce orientamenti, e che è trasversale a livello politico, diciamo. Mi fido di chi lavora con me e cerchiamo di non fare nulla di improvvisato. Ogni nostra attività è pianificata dall'anno prima, stagioni teatrali, mostre e rassegne, di cui abbiamo tabelle che ci mostrano il numero di incontri per ogni evento, i costi, numero e media per incontro di partecipanti, indice di costo e indice impatto.
Dati che considero con attenzione ma senza diventare un ragioniere: il mio criterio non è mai la quantità. Non mi sognerei mai di togliere un evento come "Concerti a Monza" in sala Maddalena, per quanto costi non poco per ogni partecipante e abbia un indice di impatto basso. Perché? Perché arrivano musicisti come Bruno Canino, uno dei migliori pianisti d'Italia, che ha suonato al primo incontro. Io tento di offrire sempre e comunque la qualità. Se un evento mi costa molto ma vale la pena, allora cerco di rientrare grazie ai minori costi che comporta un altro, sempre valido.

Inciderà, e in che modo, il taglio della regione Lombardia alle risorse destinate alla cultura, previste per il 2012? (si parla di una riduzione da 25,7 milioni del 2011 a 7,8 per il 2012)
Inciderà, eccome. Ho avuto prima una riunione con il sindaco in cui se ne è parlato. A chi ricordava l'importanza della cultura, il sindaco ha risposto: "Nei momenti di difficoltà non vai a tagliare sicuramente i servizi sociali". Se c'è da risparmiare vengono a tagliare su di me. Io ho cercato di mantenere tutto ciò che di buono abbiamo fatto, anche cose provenienti dalla precedente amministrazione. Ai tagli si può far fronte solo razionalizzando al massimo.

È normale che una scuola prestigiosa come l'Istituto d'Arte rischi di essere spostata dalla sua sede storica? A che punto siamo con quella situazione?
L'assessore all'Istruzione è Pierfranco Maffè, e le scuole sono comunque di competenza della provincia. Vero è che l'Isa rientra all'interno del complesso della Villa Reale, quindi adesso è competenza del Consorzio nato a dicembre occuparsene.

Quindi fino a dicembre l'Isa rientrava nelle competenze del suo assessorato. Cosa si è fatto fino a un paio di mesi fa?
A gestirlo è stato comunque l'assessore Maffè. La soluzione di trovare aule nella cascina san Fedele per proseguire le lezioni durante i lavori è comunque per forza di cose temporanea, dettata dall'emergenza. Cosa succederà in futuro io non lo so, perché la nostra amministrazione chiude. La questione comunque è antica come la Villa stessa, perché si è sempre cercato di non espellere l'Istituto d'Arte da lì, per il grosso significato che ha sempre rappresentato. Ho fatto l'assessore anche negli anni Ottanta, quindi mi ricordo. Tutto sommato, nonostante sacrifici e carenza di risorse economiche l'abbiamo sempre tenuta lì. Bisognerà però capire se nel nuovo contesto di una Villa Reale completamente ristrutturata sia funzionale o meno, perché a quel punto l'interesse deve essere reciproco: il liceo artistico deve avere la voglia di restare dov'è, e la Villa Reale deve poter utilizzare la presenza di un istituto del genere per valorizzare ulteriormente se stessa. Stiamo entrando in un piano completamente nuovo rispetto al passato. Fino ad oggi, come amministrazione, abbiamo sempre lavorato sull'emergenza, mentre in futuro potrà esserci un salto di qualità nel rapporto. O la separazione: se l'istituto dovesse manifestare la volontà di trovare nuovi spazi, per esempio.

La speranza è che in una Villa Reale rivitalizzata ci possa essere una crescita abbinata, altrimenti è meglio che Villa e scuola si separino.

L'Isa ha sempre manifestato la volontà di restare, assessore.
Certo, fino a oggi. Ma quando la Villa Reale sarà restaurata, sarà necessario un salto di qualità, magari tornando ai fasti dell'Isia, la scuola che nei primi del Novecento ha caratterizzato fortemente Monza e che ha in pratica dato vita alla Triennale che adesso è fiore all'occhiello di Milano. Finora si è lavorato a un livello di sussistenza, la speranza è che in una Villa Reale rivitalizzata ci possa essere una crescita abbinata, altrimenti è meglio che Villa e scuola si separino. Non so se rendo l'idea.

L'ha resa benissimo.
Bisogna che da una parte chi amministra la Villa Reale se ne faccia carico fino in fondo e cerchi di valorizzare un patrimonio culturale, ma bisogna anche che chi gestirà l'Isa ne innalzi il livello. Nessuno ci deve dormire sopra. Il difetto di molti presidi, e non parlo di quello attualmente in carica all'Isa, è quello di lamentarsi senza far nulla. Auspico un adeguamento al livello che la Villa raggiungerà una volta terminati i lavori. Potrebbe scaturirne una notevole esplosione di risorse. Se l'istituto d'Arte intende restare lì deve essere in grado di adeguarsi.

Ma è previsto, nell'accordo con il privato, che parte di queste risorse che potrebbero "esplodere" possano essere destinate alla scuola per migliorarne l'offerta formativa?
No, non nello specifico. L'intervento previsto, con soli ventisei milioni di euro, non permette che di intervenire sul corpo centrale della Villa. Poi tutta l'ala nord sarebbe da riparare.

E in questo contesto che fine faranno gli uffici ministeriali?
Nessuna fine. Gli uffici ministeriali si trovano nell'ala sud, di proprietà dello Stato. Quell'ala non è interessata né dall'accordo con il privato né dai lavori. È una parte che appartiene allo Stato. Non mi sono mai appassionato alla questione dei ministeri, comunque.

Non pensa che invece di darla in gestione a un privato, con buona parte di fondi pubblici, senza alcuna garanzia che vengano mantenuti l'accesso pubblico e le finalità culturali, si sarebbe potuto adibire la Villa Reale a progetti di vera cultura pubblica, rendendola simbolo della rinascita di Monza?
No, per niente. Conosco la situazione perché fin dagli anni Settanta e Ottanta ero nel comitato di gestione del Parco e della Villa. Ho sempre dovuto fare i conti con la carenza di risorse economiche, gli unici interventi erano quelli ai tetti per non farli crollare e per evitare infiltrazioni. Altre risorse non ce n'erano. La Villa è un complesso così grande che per poterlo restaurare si calcola che servano centodieci milioni di euro, più o meno la cifra spesa per Venaria Reale. Grazie all'Expo, potremo finalmente fare qualcosa: la Regione Lombardia ha stanziato dei finanziamenti pari a venti milioni, che non consentono un intervento completo, neppure sommando il contributo di sei milioni (in lavori) fornito da Italiana Costruzioni che condurrà il restauro. Comune e Regione hanno poi concluso l'accordo con il privato che ha anticipato il denaro e lo potrà recuperare affittando gli spazi ripristinati. Del resto Monza ha già fatto una cosa del genere, l'affidamento totale di un'area comunale a un privato che lo potrà gestire non già per vent'anni, ma per trentacinque: il parcheggio sotterraneo di piazza Trento e Trieste. Ed è un atto della giunta Faglia. Il comune di Monza ne tornerà proprietario solo fra trent'anni. Quindi un pezzo della nostra città, forse ancora più importante perché centrale, è già in mano a un privato, e non è nostra responsabilità.

Dal punto di vista economico il parcheggio e la Villa non differiscono di molto. Vado quasi a difendere Faglia: se avesse avuto a bilancio le cifre per poter costruire il parcheggio senza coinvolgere privati, credo che lo avrebbe  fatto

Forti di un'esperienza di questo tipo, perché voi allora non avete evitato di prendere la stessa decisione? A parte il fatto che uno spazio sotterraneo non ha certo la stessa importanza simbolica di un monumento come la Villa...
La mia risposta non è dettata dalla volontà, ma dalla necessità. Non c'erano altre risorse per poter sostituire una formula di questo genere. Esattamente come successe a Faglia. Dal punto di vista economico il parcheggio e la Villa non differiscono di molto. Vado quasi a difendere Faglia: se avesse avuto a bilancio le cifre per poter costruire il parcheggio senza coinvolgere privati, credo che lo avrebbe fatto, perché così poi il Comune avrebbe potuto giovarsi dei proventi del parcheggio stesso. Ma non aveva le risorse necessarie, purtroppo.

Quindi il tipo di accordo raggiunto per la Villa era il migliore possibile? Il canone d'affitto è un po' irrisorio rispetto ai guadagni che il privato potrà realizzare.
Non è vero, perché anche se il canone è basso, il mantenimento della Villa Reale in termini di energia, pulizia e funzionamente costa circa novecentomila euro all'anno, e sono tutte spese che si assume il privato, sgravandone così il Comune. Al canone si dovrebbe aggiungere anche questo risparmio ottenuto. Per concludere il discorso sulla Villa, il nostro modello è Schönbrunn, con i suoi due milioni di visitatori all'anno e un indotto di circa nove milioni di euro di utile generato da interessanti e intelligenti attività collaterali, non solo di ristorazione, ma anche di didattica sulle tradizioni locali: ti insegnano come preparare lo strudel, lo cucini e te lo porti a casa.

Ma Schönbrunn è gestita da un privato come lo sarà la Villa reale?
Lì avevano la fortuna di non avere bisogno di ristrutturarla perché lo stato di conservazione era già ottimo, quindi la gestione è pubblica. Noi questa fortuna non l'abbiamo avuta. Mettiamoci nell'ottica: i vent'anni passano. Alla fine ciò che conta è che quando la Villa tornerà in mani pubbliche si avrà una risorsa ben gestita, non qualcosa di cui non si sa che fare. Se intanto in questi vent'anni il Comune riuscirà a restaurare anche le altre ali, alla fine del periodo ci potremo fare quello che vorremo, senza più avere a che fare con privati, il guadagno sarà di tutti.

Sta dicendo che è tutto parte di un progetto a lungo termine che mira, dopo vent'anni di gestione privata, ad avere a disposizione del pubblico la Villa Reale restaurata e utilizzabile nel suo complesso?
Sì. Chiunque vada ad amministrare Monza deve andare in quella direzione, cioè risanare la Villa e costruire occasioni nuove di utilizzo dei Giardini, anche muovendosi un pezzettino alla volta. Il risultato finale deve essere una Villa che riesce ad autofinanziarsi. Come succede con le cascine e con l'Autodromo.

 

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Da sinistra, gli assessori di Monza Martina Sassoli, Alfonso Di Lio e Pierfranco Maffè con Sergio Staino

 

Al di là di ordine pubblico e questioni legali, come giudica le rivendicazioni di ordine culturale dei giovani del Boccaccio? Un centro sociale gestito da giovani è qualcosa di cui Monza e i suoi cittadini non hanno proprio bisogno?
Non voglio prendere il posto di un altro assessore, ma con i ragazzi io ci lavoro, chissà quanti miei ex alunni saranno membri attivi del Boccaccio. Il problema che si pone un'amministrazione, in casi come questo, trascende il discorso delle risorse e dei bisogni che possono essere quelli della condizione giovanile, perché prevalgono, purtroppo altri aspetti: l'illegalità e la sicurezza. Questi aspetti fanno da schermo, purtroppo, alla spinta iniziale, agli obiettivi che i giovani si pongono. Io sono uno votato al dialogo, sono andato all'Isa a spiegare le motivazioni della scelta della Giunta di affidare i lavori a una ditta esterna, perchè nessun altro ci voleva andare. Per me il confronto è vitale, tradirei la mia posizione di insegnante.

Certo, ma lei come uomo di cultura cosa pensa dell'idea che anima i ragazzi? È così malsana come il resto di questa amministrazione ha più volte dimostrato di credere?
Tutte le nuove generazioni sono in posizione di contestazione rispetto a ciò che è istituzionalizzato, perché cercano spazio vitale. Queste cose le so, le vivo. Se uno va a vedere nell'organizzazione dei nostri eventi, lo spazio per i giovani c'è. Io comunque non ne faccio una questione di età, ho detto che il mio obiettivo era quello di dare spazio agli inespressi. Se sono garantiti legalità e sicurezza, io apro sempre le mie porte, lo garantisco. Ma quando la questione è rovesciata, cioè viene prima l'idea e poi legalità e sicurezza, mi fermo. Io comunque con questi ragazzi non ho mai dialogato, quindi non posso esprimermi oltre. Come amministratore pubblico posso dire che non sono mai venuto meno al dovere di fornire spiegazioni sulle scelte prese.

Gli autori di Vorrei
Simone Camassa
Simone Camassa

Nato a Brindisi il 7 maggio del 1985. Insegnante di Italiano, Storia e Geografia nella scuola pubblica, si è laureato in Lettere, in Culture e Linguaggi per la Comunicazione e in Lettere Moderne, sempre all'Università degli studi di Milano. Suona la chitarra elettrica (ha militato in due gruppi rock, LUST WAVE e BLACK MAMBA) e scrive poesie.

Appassionato di sport, ha praticato il nuoto a livello agonistico fino ai diciotto anni, per un anno ha anche giocato a pallacanestro. Di recente, è tornato al cloro.
È innamorato della letteratura in tutti i suoi aspetti, dalla poesia fino al fumetto supereroistico statunitense. Sogna di realizzare un supercolossal hollywoodiano della Divina Commedia, ovviamente in forma di trilogia e abbondando con gli effetti speciali.

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