Intervista alla medievalista, scrittrice e giornalista. Il suo ultimo libro ripercorre le vicende di Barbarossa e delle rivendicazioni dei comuni italiani

 

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l suo ultimo libro (I lombardi che fecero l'impresa, Ancora, 2009) riprende le vicende storiche di Federico Barbarossa, che deve fronteggiare i desideri di autonomia dei comuni lombardi nei confronti dell'Impero. In che modo, secondo lei, questa vicenda storica si ripercuote nei nostri giorni – se lo fa ancora?

Rileggere questa storia può aiutare a comprendere le origini del fenomeno e il perché, in alcune zone del nostro Paese, il desiderio di "indipendenza" dal potere centrale sia più forte che in altre.

Più che l'autonomia in senso moderno, quello che i Comuni chiedevano all'imperatore era poter avere la sua autorizzazione ad esercitare alcune prerogative che, dal punto di vista giuridico, spettavano a lui: riscuotere tasse e pedaggi, esercitare diritti di mercato, anche battere moneta. E soprattutto, eleggere da sé i propri consoli. Non si trattava, sia chiaro, di un tentativo di "secessione". I Comuni erano inseriti nel quadro politico e istituzionale dell'impero e non avevano alcuna intenzione di sovvertirlo. Anche i più acerrimi nemici del Barbarossa, come Milano, ad ogni occasione ribadiscono la propria fedeltà all'impero. Il problema nasceva dal fatto che per secoli gli imperatori, che avevano sede principalmente in Germania, si erano di fatto disinteressati di quanto avveniva al di sotto delle Alpi, terra anch'essa soggetta alla corona del Sacro Romano Impero. A partire dal Mille, però nella Pianura Padana e nel nord della Toscana grazie ad una serie di fortunate contingenze le città erano rinate e anzi letteralmente "esplose". Nuovi ceti chiedevano risposte che l'imperatore, lontano, non era in grado di dare, quindi avevano risolto da sé organizzandosi in maniera autonoma come Comune. Ma i poteri che i consoli esercitavano, ripeto, spettavano giuridicamente all'imperatore – non per nulla si chiamavano "regalìe" -, il che li rendeva di fatto degli usurpatori. Ecco le ragioni della contesa. Che si risolverà, dopo trent'anni di guerre, a favore dei Comuni. L'attualità di una vicenda simile è evidente: mai come oggi si parla di autonomie locali. Rileggere questa storia può aiutare a comprendere le origini del fenomeno e il perché, in alcune zone del nostro Paese, il desiderio di "indipendenza" dal potere centrale sia più forte che in altre.

Se riuscisse a tornare indietro nel tempo, fino al XII secolo, cosa c'è della modernità di cui proprio non riuscirebbe a fare a meno?
Sono uno storico, amo il passato ma sono anche una donna moderna abituata, diciamo così, ai confort e al modo di pensare contemporanei. È un'osservazione forse banale, ma un conto è studiare la storia - e amarla profondamente -, un conto è voler vivere come vivevano allora. Non che non sia affascinante, anzi. Ma al di là delle invenzioni tecnologiche, senz'altro decisive, e dei progressi della medicina, non potrei fare a meno del pensiero liberale, che è una conquista tutta moderna.

La Lombardia di allora era vivace, piena di energia e di fermento. Economicamente, già allora si trattava di una delle realtà più forti d'Europa. Ma la vivacità non si fermava certo ai traffici commerciali e alla mobilità sociale.

Come si immagina la Lombardia a quell'epoca?
Vivace, piena di energia e di fermento. Economicamente, già allora si trattava di una delle realtà più forti d'Europa. Ma la vivacità non si fermava certo ai traffici commerciali e alla mobilità sociale. Era un'epoca di forti tensioni morali e religiose: i secoli centrali del Medioevo vedono moltissimi chierici e intellettuali, ma anche gente del popolo, contestare ad esempio la dubbia moralità di certe frange del clero che utilizzavano le cariche ecclesiastiche come un pretesto per arricchirsi ed esercitare il potere, avendo smarrito quasi totalmente l'afflato spirituale. È l'epoca dei Patarini, del Catari, di Arnaldo da Brescia e della grande riforma promossa da pontefici come Alessandro II, al secolo Anselmo da Baggio, e Gregorio VII. Episodi che sconfinano, a volte, nell'eresia, ma che danno l'idea di una vivacità intellettuale e sociale molto lontana dal luogo comune che interpreta il Medieovo come un'epoca immobile e oscurantista.

Strumentalizzazioni politiche a parte, credo sia necessario chiedersi chi siamo se vogliamo relazionarci in maniera costruttiva, consapevole e senza timori con "l'altro".

Crede che sia davvero rintracciabile un "carattere" (somatico o caratteriale) dei suoi corregionali?
È una domanda a cui nessuno storico serio risponderebbe affermativamente. La nostra regione – ma andrei oltre e direi: tutta la penisola e l'intera Europa – è stata storicamente il crocevia per antonomasia di culture e popoli tra loro diversissimi. La Lombardia in epoca antichissima è stata abitata dai Celti, poi è entrata nell'orbita romana; è stata occupata dai Goti, dai Longobardi, dai Franchi. In seguito, ha conosciuto la dominazione francese, spagnola e austriaca. Nel secondo dopoguerra ha visto l'arrivo di migliaia di persone provenienti dal Mezzogiorno. Oggi si trova a fronteggiare l'immigrazione dai paesi extracomunitari. I lombardi di oggi sono il risultato di tutto questo. È vero, però, che qualcosa tenacemente resiste: il dialetto, nonostante tutto, è ancora parlato e sta conoscendo anzi una rinascita, molti si interrogano sulle radici e l'identità del territorio. Strumentalizzazioni politiche a parte, credo sia necessario chiedersi chi siamo se vogliamo relazionarci in maniera costruttiva, consapevole e senza timori con "l'altro".

nell'area insubre-lepontica (cioè tra il Canton Ticino, la Val d'Ossola, il fiume Ticino e l'Oglio, con confine meridionale il Po) gli antichi abitanti utilizzavano un loro alfabeto, che avevano ricavato da quello etrusco

Una sua passata pubblicazione è sull'ogam, l'alfabeto celtico. Credo che per la maggior parte delle persone sia una novità sapere che i Celti avevano un alfabeto loro. Ci spiegherebbe brevemente di cosa si tratta?
L'ogam era un alfabeto cifrato – constava di tacche e non di lettere, incise a ridosso dello spigolo di una pietra o di un pezzo di legno - diffuso in Irlanda e nelle isole britanniche dal IV secolo dopo Cristo ed era utilizzato per vari scopi. È vero che le iscrizioni che conosciamo sono più che altro cippi di confine o epigrafi funerarie, ma dall'epica irlandese sappiamo che l'uso di questi segni era riservato ai sapienti a fini magico-rituali. Sorprenderà forse di più sapere che anche nelle nostre zone, e precisamente nell'area insubre-lepontica (cioè tra il Canton Ticino, la Val d'Ossola, il fiume Ticino e l'Oglio, con confine meridionale il Po) gli antichi abitanti utilizzavano un loro alfabeto, che avevano ricavato da quello etrusco modificandolo lievemente per adattarlo ai fonemi della loro lingua, che è stato dimostrato fosse celtica. L'epoca è remota: le più antiche testimonianze risalgono al VII secolo a.C., le più recenti all'età della romanizzazione.

Ho letto che si occupa anche di storia dell'arte e di musica classica. Come sono nate queste passioni?
Come l'amore per la storia e per l'archeologia, per la letteratura e per la filosofia: da quando ero ragazzina. Confesso che ero la classica "secchiona" che preferiva di gran lunga la compagnia di un libro a quella dei suoi simili, forse perché mi sentivo a disagio – visto che fondamentalmente sono una persona timida - di fronte all'esuberanza di molti miei compagni di scuola. Oggi fortunatamente questo scoglio l'ho superato da un pezzo, visto che una delle mie attività principali è quella di fare conferenze e convegni. Al di là di tutto, però, ho sempre trovato irresistibilmente attraente il passato e tutti i suoi prodotti, da quelli materiali a quelli intellettuali, il che mi ha spinto e mi spinge a indagarli il più possibile anche tramite scavi archeologici e frequenti spedizioni in polverosi archivi. Ovviamente mi occupo di arte antica e moderna e la musica che prediligo è quella antica e barocca, ma adoro Mozart e Verdi e ho molti amici artisti che seguo con interesse e per i quali ho avuto l'onore di curare mostre e scrivere interventi critici. Una delle soddisfazioni principali di questo mestiere è fare una conferenza di due ore su un tema "difficile" come i Longobardi o i Goti e vedere che non vola una mosca e alla fine devi restare un'altra mezzora a rispondere alle domande. Il che se da un lato contraddice il cliché secondo cui la cultura è noiosa e non interessa a nessuno, dall'altro rappresenta sicuramente il migliore stimolo e la più forte spinta ad andare avanti.

Se potesse suonare uno strumento, cosa suonerebbe?
Sicuramente la viola da gamba oppure il violino barocco.

Il suo personaggio femminile storico preferito.
In realtà nessuno, anche perché non amo fare distinzioni in base al sesso che trovo tendenziose e fuori luogo. Ci sono molte personalità che apprezzo: Matilde di Canossa, Ildegarda di Bingen, Carlo Magno, ma anche il buon Federico Barbarossa, per dire. Ma sul giudizio che ho non influisce il fatto che portassero la gonna o i pantaloni, solo lo spessore della persona, il suo pensiero (per quanto sia possibile ricostruirlo) e ciò che ha fatto.

Meglio il Medioevo o meglio la modernità?
Sono convinta che il Medioevo sia un periodo storico estremamente contraddittorio e proprio per questo affascinante. Ma anche che le conquiste civili, morali e scientifiche della modernità siano, oggi come oggi, assolutamente irrinunciabili.

 

9788851406479_200x280Elena Percivaldi Nel 2001 consegue la Laurea in Lettere Moderne con il massimo dei voti all'Università degli Studi di Milano con una tesi di storia medievale ("La canonica di S. Stefano nelle pergamene dell'Archivio di Stato di Milano: 1234-1277", comprendente la trascrizione e lo studio di oltre 200 pergamene inedite). Dal 2002 è giornalista professionista. Ha collaborato e collabora con importanti testate di settore come "Medioevo", "Storia & dossier", "Storia in rete", "Arte", “Civiltà”, “Exibart”. E' stata consulente per l'Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia. E' socio della Società Storica Lombarda (dal 2004) e membro dell'Associazione Nazionale Critici Musicali (dal 2006), dell'AICA (International Association of Art Critics), sede a Parigi (dal 2006), dell'AISSCA (Associazione italiana per lo studio delle santità, dei culti e dell'agiografia), dal 2007, della Società Friulana di Archeologia (dal 2007), della Società Archeologica Comense (dal 2011), del Centro Europeo Ricerche Medievali (dal 2009), dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri (dal 2009). Molti dei suoi articoli scientifici sono stati pubblicati su riviste specialistiche e ha inoltre pubblicato numerosi volumi: Le genti bergamasche e le loro terre,  I Celti. Una civiltà europea, I Celti. Un popolo e una civiltà d'Europa, Gli Ogam. Antico alfabeto dei Celti, La Navigazione di S. Brandano, I Lombardi che fecero l'impresa. La Lega Lombarda e il Barbarossa tra storia e leggenda. Il sito ufficiale dell'autrice è www.elenapercivaldi.com

 

 

 

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