20180109 parco monza andrea rota nodari

Dei 55 milioni per l'accordo fra Comune di Monza e Regione Lombardia, 27 sono ancora tutti da destinare secondo un piano  da redigere, ma le linee guida sembrano quelle di un business plan...

Il 30 novembre scorso il Comune di Monza ha approvato l’“Accordo di programma per la valorizzazione del complesso monumentale Villa Reale e Parco di Monza” (AdP) proposto dalla Regione Lombardia.

Quando questo AdP diventerà operativo, si aprirà per Villa e Parco un futuro caratterizzato da alternative radicali e difficilmente revocabili. L’Accordo prevede un investimento di 55 milioni di euro.

Di questi, 28 sono già destinati dall’Accordo, divisi in due “Fasi”. I primi 23 euro verranno erogati in una “Fase 1”. Si tratta di interventi urgenti, finalizzati a bloccare il degrado sia del Parco e dei Giardini Reali, sia della Villa e di altri immobili in condizioni critiche. Altri 5 milioni sono previsti da una “Fase due”, e appaiono destinati sostanzialmente al completamento degli interventi della Fase 1. Restano 27 milioni di euro, “non tematizzati”, cioè non vincolati dall’Accordo di Programma. La destinazione di questi ultimi è rimessa a un Master Plan (MP) da redigere.

Il giudizio sulle destinazioni già vincolate non può che essere positivo. Spaziano da interventi di manutenzione straordinaria del patrimonio arboreo del Parco (boschi, viali, siepi) al restauro del muro di cinta e delle porte d'ingresso, al completamento dei restauri della Villa Mirabello e della Cascina Fontana, a interventi urgenti su cascine e mulini, all’importantissimo recupero filologico dei Giardini Reali (Tempietto, alberi monumentali, Laghetto, Antro di Polifemo, rinaturalizzazione dell’area ex-hockey, rete irrigua, orto botanico, giardino roccioso).

Ma il futuro della “Imperial Regia Villa e Parco di Monza”, come era definita nelle mappe dell’ottocento, si giocherà con i 27 milioni residui. E’ facile capire che saranno proprio questi a imprimere all’insieme degli interventi un carattere organico e strategico, decisivo per il futuro del monumento. Ed è evidente che il problema prioritario consiste nella risposta alla domanda: “Chi farà il Master Plan”?

 

2 PARCO Benevolo Tavola del Parco

La Villa Reale e il Parco di Monza secondo il PRG proposto da Leonardo Benevolo

 

l’AdP affida il compito al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Potrebbe essere questa l’occasione per dare vita al Comitato Scientifico previsto dall’articolo 12 dello Statuto del Consorzio, e  mai insediato. Ma sarà soprattutto necessario che l’alto compito sia affidato a un vertice  dotato di eccellenti conoscenze storiche, architettoniche e paesaggistiche, del calibro dei realizzatori del monumento: Giuseppe Piermarini e Luigi Canonica. Un concorso internazionale per designarlo sarebbe più che opportuno. Saranno poi necessarie competenze specialistiche, rispondenti alla storica multifunzionalità del monumento: naturalistiche, agro-forestali, idrologiche, faunistiche.

L’obiettivo strategico dovrebbe consistere nell’integrare la funzione attualmente svolta dal monumento, soprattutto dal Parco, di grande e preziosa area verde a disposizione della comunità locale, con una valenza di dimensione e attrattività globale, come consentito dalla sua storia. Questa visione potrebbe essere concretizzata con l’obiettivo dell’inclusione del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Ma il Master Plan dovrebbe anche contribuire al recupero del legame storico, culturale  e spaziale del monumento con la città di Monza, sede della Corona Ferrea e del “grande Regno d’Italia” nel contesto europeo, legame oggi spezzato.  Costituire cioè un elemento portante per un obiettivo del tutto realistico: proporre Monza come Capitale Europea della Cultura.

Come è detto opportunamente nell’AdP, il MP dovrà prendere le mosse dalla Legge Regionale 40/95. Ed effettivamente il “Piano per la rinascita del Parco di Monza“, incluso in quella legge ed approvato nel dicembre del 1996, ha svolto una funzione strategica, addirittura storica. Perché pur essendo stato realizzato solo in parte, ha bloccato e invertito culturalmente, prima che materialmente, il processo di degrado, distruzione e sfruttamento sconsiderato del monumento, iniziato con l’uccisione di Umberto I di Savoia e proseguito per tutto il secolo XX.

Negli atti di quel Piano, meritevoli di rilettura perché testimoniano lo straordinario lavoro svolto dalla “Commissione Tecnica” che lo ha elaborato, vi sono chiare indicazioni su come proseguire nel lavoro di recupero del monumento.

Conviene in primo luogo riflettere sul fatto che l’allora Sovrintendente per i beni Culturali, Ambientali e Architettonici di Milano, Lucia Gremmo, nell’approvare il Piano, chiese che venisse messa agli atti la seguente “considerazione”:

«L’importante lavoro condotto dalla Commissione è da considerarsi preparatorio ad un progetto di più ampio respiro che, definendo in ogni aspetto le future destinazioni dell’eccezionale complesso Villa, Giardini e Parco Reale nella sua globalità, porti all’indifferibile riqualificazione delle valenze storico-artistiche e culturali dello stesso e al conseguente allontanamento degli impianti, individuati nell’autodromo, nel golf, nel polo, nei parcheggi interni, nell’edificio e strutture della RAI e negli impianti sportivi del tennis e dell’hockey ubicati nei Giardini della Villa».

A parte i cambiamenti intervenuti negli anni successivi (Il polo e l’hockey non ci sono più; la concessione per il tennis è stata colpevolmente e forzosamente rinnovata), è evidente che gli argomenti principali sono costituiti dall’autodromo e dal golf.

Nessuno può negare che ambedue le realtà siano in netto contrasto con la natura e la funzione pubblica del Parco, avendola devastata e compromessa. Ma dal punto di vista dell’interesse pubblico sono molto diverse: l’autodromo risponde a una passione ampiamente diffusa per lo sport motoristico, anche se in contrasto con le finalità pubbliche proprie del Parco. Il golf è invece una netta sottrazione di una vasta porzione del Parco alla pubblica fruizione, a favore di una ristretta cerchia di privati.

Ma prima di suggerire il diverso approccio alle due realtà, è necessario dirimere una questione che è implicita nella dichiarazione della Gremmo, e che ha un’assoluta rilevanza strategica ai fini del Master Plan. Occorre rimuovere dalla testa delle classi dirigenti, nonché di funzionari come quelli che hanno redatto le “Linee guida per la definizione del Master Plan” (allegato 3 dell’Accordo di Programma) l’idea che ha imperversato nel novecento e che continua a produrre frutti velenosi (vedi i vistosi cartelli agli ingressi del Parco e le decine di segnavia di cemento installate pochi anni fa nel Parco, a imperitura memoria, con il marchio indelebile di una società assicuratrice, per una mezza maratona che si corre una volta l’anno): l’idea che il Parco costituisca un “impianto sportivo a cielo aperto”, come si è sentito spesso dire da persone che dovrebbero essere colte e autorevoli. Occorre riuscire a far separare nella loro mente  le svariate attività sportive amatoriali che animano e animeranno sempre il Parco, da quelle professionistiche o spettacolari, inevitabilmente incompatibili e devastanti, perché comportano strutture, attrezzature, segnaletiche per attività specialistiche estranee alla natura del monumento, e attraggono grandi masse di tifosi del tutto disinteressati ai suoi valori. Conoscendo il grande interesse dell’attuale Sindaco per lo sport, sarò un forte sostenitore dell’impegno contenuto nel suo programma di mandato di dotare Monza di impianti sportivi d’avanguardia (un nuovo stadio, un parco dello sport, a cui aggiungerei la destinazione di specifiche aree adatte a grandi eventi sportivi e musicali). Questo consentirebbe di liberare finalmente il Parco dalla nemesi sportivo/distruttiva del novecento. Se l’autodromo sarà in grado di sopravvivere, dovrà rimanere un’unica eccezione.

Fatta questa premessa che ritengo dirimente per il Master Plan, è possibile trovare negli atti del Piano della LR 40/95 indicazioni ragionevoli su come procedere per i due maggiori impianti sportivi inseriti nel Parco.

Per l’autodromo, riconoscendone il «primario interesse regionale» (a mio parere comunque sempre più questionabile), ne auspica «un più adeguato rispetto dell’ambiente e una integrazione funzionale con il Parco». A questo scopo ritiene in primo luogo necessario «provvedere alla demolizione dell’anello di alta velocità… con la ricostruzione… a seguito della demolizione… dell’impianto originario del parco».

Per chi conosce gli studi e le proposte di storici, architetti, paesaggisti, naturalisti, urbanisti di alto livello, nonché i piani territoriali succedutisi nel tempo (ben illustrati da Giorgio Majoli su questa rivista qualche anno fa), la demolizione dell’ecomostro della pista di alta velocità è cosa scontata. Anche la precedente convenzione con la Sias, gestore dell’autodromo, la prevedeva. Solo il rinnovo della concessione deciso dal Sindaco Mariani subito dopo il suo insediamento nel 2016 ha previsto inopinatamente  il restauro delle curve sopraelevate della pista, peraltro in contraddizione con il tuttora vigente Piano del Parco della Valle del Lambro. E solo la disinformazione fa di questo ecomostro un mito sportivo senza fondamento.

Quanto questa pista sia stata stata sportivamente ed economicamente sbagliata e due volte abbandonata dopo pochi anni; quanto le curve sopraelevate siano state frutto di errori di progettazione, mal realizzate, dannose per l’immagine stessa dell’autodromo (denominate “muri della morte” dalla stampa internazionale), rifiutate da piloti e scuderie, è ampiamente documentato in un articolo di questa rivista scritto a suo tempo da Gimmi Perego.

Se molti che parlano di Villa e Parco senza frequentarli e conoscerli a fondo lo facessero, capirebbero quanto la demolizione dell’ecomostro, immensa colata di cemento sul cuore del Parco, sia decisiva per la sua rinascita integrale. Il Master Plan deve prevedere una prima parte della demolizione, a partire dalla curva sopraelevata sud, che spezza in due il Parco.

Per quanto riguarda il golf, gli atti del Piano ex LR 40/95 ne prevedono, a mio parere in modo ingiustificato, la conservazione, auspicando solo un’improbabile «progressiva ricostituzione di uno stato d’ambiente coerente con le caratteristiche storiche e naturali del Parco». Solo a margine suggerisce di «valutare la possibilità di rilocalizzazione all’esterno del Parco». Occorrerebbe invece non rinnovare la concessione alla sua scadenza (2022), e riportare l’area, di oltre 100 ettari, all’originario stato boschivo, ricostituendo una vasta e straordinaria riserva naturale e faunistica.

Così procedendo per autodromo e golf, il Parco sarebbe recuperato nella sua massima parte, nell’interesse dei cittadini lombardi e dei visitatori attratti dal monumento, la cui storia è nello stesso tempo italiana ed europea, come quella di Monza.

Non mi diffonderò sui rilevanti e complessi problemi della Villa. Penso che il Master Plan dovrà tener conto delle proposte dello Studio Carbonara, vincitore nel 2004 del concorso internazionale di progettazione “Recupero e valorizzazione della Villa Reale di Monza e dei Giardini di pertinenza” indetto dalla Regione Lombardia e dal Comune di Monza nel 2003. sia pure rivisitandolo e modificandolo. Compiuto egregiamente il restauro della parte centrale della Villa, occorrerà intervenire sulle altre sue parti. Rispetto al progetto Carbonara sembrano da escludere, oltre alla sfumata Agenzia Europea, destinazioni a istituzioni permanenti a carattere burocratico e a foresterie (compreso il previsto appartamento del Presidente della Regione!). Occorrerà realizzare un delicato equilibrio tra destinazioni museali (di museo della stessa “Imperial Regia Villa e Parco”), e mostre di originale e permanente valore culturale, attività congressuali,  eventi tali da contribuire al  prestigio del monumento (dopo di che, un matrimonio o una festa privata al margine per fare cassa non saranno uno scandalo!). L’unica realtà da conservare e valorizzare deve essere il Liceo Artistico Nanni Valentini, erede di una scuola di design che ha dato vita alla odierna Triennale di Milano, tuttora riferimento e incubatore culturale per le attività produttive, da far crescere con attività formative di livello universitario. .

Ma queste cose, come si suol dire, viaggiano sulle gambe degli uomini. I modelli di eccellenza gestionale di beni culturali e ambientali non mancano, in Italia e all’estero. Basta fare come hanno fatto a suo tempo i giapponesi: imitare, e poi fare meglio degli altri.

Ultima osservazione: le “Linee guida per la definizione del Master Plan” allegate all’Accordo di Programma sembrano configurare un business plan più che un Master Plan. Del resto, su tutto l’AdP aleggia una concezione della “valorizzazione” del monumento basata sull’autosufficienza economica, assicurata dalle sue diverse attività. Questo concezione, oltre che irrealistica, porterebbe inevitabilmente a compromettere i valori culturali e ambientali sull’altare di quelli economici di breve respiro. Conviene forse ricordare che Villa e Parco sono un bene “comune”, come si usa dire oggi, i cui costi vanno confrontati non con i ricavi dell’ente che lo gestisce, ma con i frutti, in parte contabilizzabili ma in parte intangibili e incommensurabili, che ne trae la società civile. In parole povere, gli enti pubblici di cui è composto il Consorzio dovranno mettere in conto nei loro bilanci risorse adeguate alla vita del monumento.

 

La foto è di Andrea Rota Nodari

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.