Mara Ottobre 66 copertina

BandAutori 20. Due autori di valore ma poco conosciuti in questo numero: Mara e Luca Di Maio. Per "Libri che suonano" parliamo di band che si sciolgono, poi andiamo al Bandiera Gialla di Rimini e allo Zoo di Berlino con David Bowie.

 

Mara “Ottobre ‘66” (Brutture Moderne)

Titolo in italiano, brani cantati in inglese. Eccetto uno: “Notte di luna calante”, cover di Domenico Modugno e qui ottimale cover. La cantante, autrice e musicoterapista Mara (Mara Luzietti, nome e cognome) dopo alcuni anni di silenzi discografici, si ripresenta con un disco dalle tinte ad acquarello ed irrobustito da ariosi arrangiamenti. E’ la sua “mozione” in un mondo sempre più refrattario, complicato, imbandito da nuove possibilità e da nuove difficoltà. Vuoi gli affetti, i legami sociali, la possibilità del sogno (o dell’incubo), la dura vita terrena, la svendita del pensare più in là. Disco-design, sentimenti malinconici e/o spumeggianti. Consapevolezze. Canzoni e nuove sensibilità, magari  “in preda” ad una pagana spiritualità. Catturano la sua carezzevole vocalità, i suoni come spazi interiori e spalmature pop. E qualcosina di deve pure allo storytelling tipico dell’americana music, così come la band che la affianca, a volte, non lesina ambiti jazz-fusion. “Ottobre ‘66”, tra risvegli mattutini e liberatorie passeggiate notturne, testi dai punti di domanda per niente facili, ansia di battersi, battiti di ali e il “va ascoltato con attenzione e più volte”. Essenze: bianco/nero, multicolori vitae. “San Francisco” è sicuramente influenzata dalla lingua di fuoco di Grace Slick, “I Saw A Man” è radiovisione, “Gona” suona misteriosa mentre “Show Me” è sbarazzina e pimpante. In chiusura, la contemplativa “Fire”, grazie soprattutto al contributo di Francesco Giampaoli, che produce l’album e qui è alle prese con micromoog e synthorchestra. Il migliore biglietto da visita per inedite ed ulteriori “chiamate in entrata”. Voto: 7,5 (Massimo Pirotta)

 

 

Luca Di Maio “Letiana” (Autoprodotto)

“Letiana” è il primo disco solista del cantautore napoletano Luca Di Maio dopo la sua esperienza con gli Insula Dulcamara, band attiva per una quindicina d’anni con una discografia di 4 EP e un disco lungo. L’album risente fino a un certo punto delle precedenti esperienze di Luca, andando a rivelare un cantautorato più personale, fuori dagli odierni schemi sia indie che mainstream, con un occhio al fulgente passato italiano (Fossati, anche a livello vocale, in primis) ma con una buona dose di originalità. Già il tema che unisce i brani dell’album può far capire la distanza con quanto proposto oggi dalla musica del nostro paese: si narra infatti delle figure meno considerate dalla società, gli ultimi, siano essi migranti, poveri o vittime di violenza, come già fatto da maestri del passato come De André. Il tema viene affrontato con la giusta partecipazione ma evitando accuratamente la retorica che spesso è dietro l’angolo; le storie vengono infatti narrate in maniera secca e precisa, in modo che suscitino da sole emozioni, senza artifici. La musica che accompagna la narrazione lavora allo stesso modo, con pochi elementi ben bilanciati, grazie al lavoro in produzione di Marco Parente e agli interventi di grandi musicisti, come Asso Stefana, Vincenzo Vasi e Alessandro Fiori. Momenti migliori: “Migrare” con ritmica minimale e suoni calibrati, “La Normalità” col suo video contro il femminicidio, e la title-track, con la sua storia che da personale diventa collettiva. Voto: 7,5 (Fabio Pozzi)

 

 

Libri che “suonano” (un estratto)

Quando le band si sciolgono. “Tante volte le band si sfasciano perché magari il batterista vuole uscire con la ragazza e non ha tempo di fare le prove” (Verdena). Sembrerebbe poco opportuno frenare gli entusiasmi così presto, eppure prima o poi bisogna parlarne: le band si sciolgono. E’ un bene capirlo fin dall’inizio. Proprio come il primo amore, quando si mette su un gruppo si pensa che durerà in eterno, e che tutto sarà così bello per sempre. Può essere così, ma può anche non esserlo. Il processo di decostruzione di una band comincia generalmente con il vedersi sempre meno per fare le prove. Il telefono non squilla più come una volta, quando ci si incontra in giro ci si saluta frettolosamente, e alla fine non serve nemmeno dirselo, la band non esiste più. I più delicati cercano scuse planetarie, qualcuno inventa di essere particolarmente impegnato in qualcos’altro e che è meglio fermarsi un attimo. Diffidate! E’ la classica pausa di riflessione che si propone ad adolescenti innamorate per cercare di scollarsele di torno. E’ che tante volte non si ha il coraggio di dire le cose come stanno. Allo stesso modo, non si ha il coraggio di lasciare il gruppo, talmente grande è l’affetto per i propri amici e per i vecchi tempi in cui registrare un pezzo era vivere un’esperienza unica. La ragazza è diventata più importante (spesso aspetta anche un figlio) e quindi suonare nel garage il venerdì sera non è proprio più possibile. Altre volte invece, le band finiscono perché schiacciate tra live e lavoro: “Molte band di amici hanno mollato. Non potevano tenere in piedi il gruppo e allo stesso tempo lavorare. Non è umanamente possibile alla lunga, e purtroppo molti sono costretti a lasciare”, ricordano i Marta sui Tubi. Tenere la band ferma nell’indecisione generale non è proprio un atto di affetto. Sarebbe meglio dire le cose come stanno, fare una scelta definitiva, e assumersi la responsabilità di questa decisione, che significa, prima di tutto, ammettere di avere chiuso un capitolo e vedere alcuni sogni spegnersi. Quando le band si sciolgono, è come se si vedesse implodere una stella. Quasi è un lutto. Abbiamo cercato di capire, insieme a Emidio Clementi dei Massimo Volume, quali fossero i problemi più profondi che possono portare allo scioglimento di una band. I Massimo Volume, infatti, nati nel 1992, si sono sciolti nel 2002, per poi riunirsi nel 2008. “Per quanto ci riguarda, il problema più grande era che i Massimo Volume rappresentavano tutta la nostra quotidianità. Il gruppo era diventato la nostra stessa esistenza. Vivevamo in una sorte di comune, passavamo il nostro tempo insieme dalle dieci di mattina all’una di notte, anche quando non si suonava. E quell’insicurezza iniziale, che ognuno di noi aveva riguardo le proprie potenzialità, prima veniva risolta con il dialogo, con il confronto. Poi però nessuno è più riuscito a mettersi in discussione, e la band era diventata un contenitore di quello che avevamo imparato e di tutto quello che volevamo essere. Ognuno proponeva le sue nuove scoperte, le sue nuove influenze, e una direzione unica non esisteva più. Credo avessimo bisogno di uno spazio personale, dove poter tornare a fare quello che volevamo da soli”. Tanto volte anche la passione può diventare talmente grande da bruciare ed esaurire l’equilibrio di un intero gruppo. E più si va avanti, più deve essere difficile riuscire a dire basta. Tuttavia, a volte, la famosa pausa di riflessione può davvero servire, e la passione può riaccendersi. Una band può tornare a suonare insieme e riscoprire che, incredibilmente, tutto ciò che era è ancora lì ad aspettare. “Il momento in cui ci siamo ritrovati a suonare insieme, dopo anni, è stato molto commovente. Soprattutto, è stato molto facile. Quando abbiamo riacceso gli amplificatori, era tutto ancora lì, il nostro suono si era come sedimentato nei cavi. Tutto è tornato al suo posto”. (da “Rock In Progress” di Daniele Coluzzi, Effequ, 2011)

Note, notti e luoghi

Bandiera Gialla (Rimini). Nel parco della Galvanina, sui colli di Covignano a Rimini, nasce nel 1983 una nuova discoteca del tutto fuori dagli schemi dell’epoca, che le intendevano come contenitori di musica dance o new wave. L’idea vincente è di un certo Bibi Ballandi, manager dei volti più noti della televisione e produttore a sua volta di trasmissioni di successo. Crea una discoteca che riporti in auge i favolosi anni Sessanta, con i suoi ritmi e le sue suggestioni: ecco servito il Bandiera Gialla. Ballandi fa le cose in grande stile e, non soddisfatto, ci confeziona intorno anche un programma televisivo registrato direttamente nel locale all’aperto, capace di contenere circa 7mila persone. Il nome lo prende dal titolo di un evergreen della stagione beat, datato 1967, di Gianni Pettenati. E’ subito un successo. Migliaia di revivalisti in sella a Vespe e Lambrette si lanciano in twist indiavolati e in romantici balli del mattone, immaginando di essere negli spensierati anni del boom economico e rilassandosi in un angolo del locale sistemato a spiaggetta, con tanto di sabbia, ombrelloni, sdraio e lettini. Durante le serate, anche un concorso dove si vince una Mini Minor. A condurre la trasmissione è chiamato Red Ronnie, dj radiofonico, giornalista e grande appassionato e conoscitore di musica. Ospiti sono le vecchie glorie della musica dei sixties italiani, come Maurizio Vandelli e Gino Paoli. Ballandi vince la scommessa. A mettere i dischi ci pensa Enzo Persuader. Nessuno avrebbe mai creduto che la musica di vent’anni prima avesse potuto ancora avere tanti estimatori. In realtà, il fenomeno del revival anni Sessanta è ben più ampio, nasce proprio in quel periodo e vede anche la formazione di gruppi musicali garage ispirati a quella stagione, come gli Avvoltoi di Bologna, a testimoniare l’importanza delle sonorità e dello stile di vita spensierato e allegro del boom. Persino il grande Federico Fellini, una sera, si presenta in incognito per godersi la serata e ringraziare da riminese quello che Bibi ha fatto per la città. Ballandi predispose la discoteca come un grande studio televisivo dotato di impianti, attrezzature, cablaggi e palcoscenico, risultò perciò semplice e meno dispendioso tirare su una produzione televisiva. Negli anni a seguire, sempre con la stessa formula, andarono in onda spettacoli di enorme successo a casa e al Bandiera Gialla. Ricordiamo “Be Bop a Lula”, sempre con Red Ronnie, “Blitz” condotto da Gianni Minà e “Hamburger Serenade” con Gianfranco Agus. Negli anni Novanta, “Stasera mi butto” e “Beato fra le donne”. Nella seconda metà del decennio, il locale chiude, per poi riattivarsi nel 2004 sotto la direzione artistica del re del liscio Raul Casadei, ma il progetto non funziona. Dal 2013 ha aperto di nuovo i battenti ampliando la proposta musicale anche al revival Settanta, Ottanta, Novanta. (da “Italian Nightclubbing” di Alessandra Izzo e Tiziano Tarli, Arcana, 2015)

CineMusiche & Cult-Movies

David Bowie “Christiane F. –Wir Kinder vom Bahnhof Zoo”. “I ragazzi dello zoo di Berlino”, storie vere. Droghe pesanti, Sweet Mama Fix, prostituzione, fughe e inseguimenti. Quattordicenni e pusher, piastrelle insanguinate e immagini crude. Divisero non poco quei centoventi minuti girati da Uli Edel nel 1981. Senza il romanticismo di “Sid & Nancy”, senza il black humour di “Trainspotting”. David Bowie che appare in alcune sequenze del film e firma il valido commento sonoro. Alcuni pezzi tratti da “Station To Station”, “Low”, “Heroes”, “Stage”, “Lodger”, dischi registrati tra il ’76 e il ’79. Canzoni ispirate, fra battiti rock e fremiti tecnologici, talvolta a braccetto con soul e funk. Fra cui l’epica e decadente “Heroes”, ancora oggi il tema più suggestivo dell’intera vicenda rock. (Massimo Pirotta, “Duel”, dicembre 2002)

 

 

Novità, ristampe, prossime pubblicazioni discografiche

Alberto Fortis “Con te” e “Do l’anima” (LP), Alessio Bernabei “Noi siamo infinito”, Almamegretta “Enneenne”, Andrea Carboni “La rivoluzione cosmetica”, Appaloosa “Bab”, Aquefrigide “Dinosauri”, Arturocontromano “Pastis”, Banda Rulli Frulli “Cinquanta urlanti”, Bebawinigi “Bebawinigi” (EP), Bugo “Nessuna scala da salire”, Calavera “Funerali alle Hawaii”, Caneda “Mozart nella giungla”, Cesare Carugi “Crooner Freak”, Chop Chop Band “Rialimenta”, Claudio Rocchetti “Memoria istruttiva”, Cosmo “L’ultima festa”, Daniele Di Bonaventura “Band’Union Live”, Del Sangre “Il ritorno dell’indiano”, Diana Saliceti “Forse”, Edoardo Bennato “I successi” (3 cd box set), Elisa “On”, Erica Romeo “White Fever” (EP),  Fabrizio De Andrè “Anime salve” (LP), “Creuza de ma” (LP) e “Le nuvole” (LP), Enrico Negro “La memoria dell’acqua”, Fabrizio Rispoli “White & Blue”, Federico Mosconi “Cieli rossi, Bassano in guerra”, Franco Ambrosetti “After The Rain”, Franco D’Andrea “Trio Music Vol.1”, Gatti Mezzi “Perché hanno sempre quella faccia”, Gian Marco Basta “Secondo Basta”, Gianmaria Testa “Da questa parte del mare”, Giorgieness “La giusta distanza”, Giovanni Angelini Open Quartet “A tratti”, Giuseppe Di Bella & Enrico Coppola “Il tempo e la voce”, Goblin “La via della droga” (LP) e “Suspiria Blind Concert” (LP), Hostsonaten “Synphony N.1 Cupid & Psyche”, Il Pinguino Imperatore “Domeniche alla periferia dell’impero”, Ilenia Volpe “Mondo al contrario”, Irama “Irama”, Istvan “Istvan”, Ivano Fossati “La disciplina della terra” (LP), JuJu “JuJu”, Karl Marx Was A Broker “Monoscope”, Kleinkief “Fukushima”, Laura Pausini “The Best Of”, Lenula “Niente di più semplice”, Litfiba “Yassassin” (12”), Loredana Bertè “I successi” (3 cd box set), Lucio Battisti “Emozioni” (LP) e “Hegel” (LP), Malibran “Straniero. Rare & Unreleased”, Manuel Volpe “Albore”, Marquez “Lo stato delle cose”, Mattia Cigalini “Adamas”, Maurizio Marrani Quartet “Azur Planet”, Metamorfosi “Chrysalis”, Mimmo Locasciulli “Piccoli cambiamenti”, Misero Spettacolo “Porci, pecore e pirati”, Mitici Gorgi “Chiamerò un taxì” (EP), Nanco “Acerrimo”, New Tella “Spoon”, Niggaradio “FolkBluesTechno’n’Roll e altre musiche primitive per domani”, Novamerica “Novamerica”, Nino Rota “Il gattopardo” (LP, col. sonora), Novembre “Ursa”, Orchestraccia “Canzonacce”, Pater Nembrot “Nusun”, Petrina “Be Blind”, Piero Umiliani “Effetti musicali” (LP), Pino Scotto “Live For A Dream” (cd+dvd), Pippo D’Ambrosio & The Arkam Project “New Dimension”, Psicotaxi “Effect Of The Head’s Mass”, Punkreas “Il lato ruvido”, Renato Zero “Alt” e “I successi” (3 cd box set), Riccardo Ascani “Oceani”, Rino De Filippi “Oriente oggi”, Roberta Carrieri “Canzoni su commissione”, Roberto Zanisi “Bradypus Tridactylus”, Samuela Schilirò “C’è sempre un motivo”, Siberia “In un sogno è la mia patria”, Simona Parrinello “Con Alma”, Simone Carotenuto & I Tamorrari del Vesuvio “Vent’è tammuriata”, Simone Sorini “Ritus Orphaeos”, Soltanto “Skye”, Stefano Dentone & Antonio Ghezzani “Teatro Staller”, Stefano Saletti “In Search Of Homerus”, Suite Solaire “Rideremo”, Sylvie Genovese “Corde migranti”, Tentazione “Tentazione”, The Black Animals “Samurai”, The Winstons “Live In Rome” (cd+dvd), Tombeto Centrale “Il silenzio della collina”, Viridanse “Viridanse” (m.p.)

TOP 5. I dischi (di ieri e di oggi) più ascoltati negli ultimi giorni

Ergot Project “Beat Less”, Daniele Sepe “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa”, Daniele Silvestri “Acrobati”, Gang “Le radici e le ali”, Elisabetta Guido “The Good Storyteller” (Massimo Pirotta)

Massimiliano Larocca “Un mistero di sogni avverati: Massimiliano Larocca canta Dino Campana”, Matteo Tundo “Zero Brane”, Gli Scontati “Studi interrotti”, Yokoano “Ventre”, Derozer “Bar” (Fabio Pozzi)

Gli autori di Vorrei
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi

Nasce nel 1984. Studi liceali e poi al Politecnico. La grande passione per la musica di quasi ogni genere (solo roba buona, sia chiaro) lo porta sotto centinaia di palchi e ad aprire un blog. Non contento, inizia a collaborare con un paio di siti (Indie-Eye e Black Milk Mag) fino ad arrivare a Vorrei. Del domani non v'è certezza.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.