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Sergio Zerbini, Presidente dell'associazione, ci parla dei progetti e dei temi a cui sta lavorando l'associazione

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ella vostra associazione si nota un'evidente corrispondenza alle Transition Towns, movimento fondato dall'ambientalista Rob Hopkins in Inghilterra lo scorso decennio con la finalità di accompagnare ed educare, a livello territoriale, le popolazioni occidentali in fase di trasformazione post industriale. Avete un legame con esso? Come nasce l'associazione?
A dire il vero abbiamo cominciato le nostre pratiche prima che il movimento si affermasse in Italia. L'associazione nasce dall'idea di organizzare una manifestazione sul tema del verde ornamentale. E' tutta centrata su questa iniziativa. Purtroppo, siccome la burocrazia pone problemi vari alle iniziative, è stato necessario creare una formalizzazione. Per poter fare quelle poche operazioni commerciali, che comunque sono inevitabili se si vuole organizzare le cose in modo corretto, è stato fondato un comitato con il codice fiscale e la partita IVA.

In che anno?
Nel 2011 abbiamo dato il via alla prima edizione. E' stata un grande successo. Perché si è rivelato un evento inaspettato. I cittadini di Sovico e dei paesi limitrofi si sono stupiti nel vedere realizzato praticamente dal niente un evento così inconsueto per questi luoghi.

Siete partiti da zero?
In realtà non è nato proprio dal niente. In parte nasce dalla mia storia e dalle mie esperienze. Sono stato per molti anni direttore alla Scuola di Agraria del Parco di Monza. Ho maturato una buona conoscenza del tema del verde di base, diciamo quello ornamentale. Il giardinaggio, il vivaismo ecc. Inoltre ho ideato e organizzato nel Parco di Monza Monzaflora, evento di buon successo iniziato mi pare nel 1998 e condotto dalla Scuola di Agraria. Quando ho organizzato VeRdiamoci a Sovico in paese non conoscevo nessuno. Mi ero trasferito da poco, dopo aver abitato a Monza nella cascina Frutteto, sede della Scuola. Ho proposto il progetto all'Amministrazione di Sovico. L'idea è piaciuta e peraltro la stessa Amministrazione è rimasta sorpresa del successo ottenuto dalla manifestazione. Effettivamente ne è scaturita una bella iniziativa. Molti operatori hanno accettato di esporre, anche se in un contesto poco noto e alla prima edizione. Essendo conosciuto nel settore, mi hanno dato fiducia. Il primo anno è andata molto bene. Il secondo invece sono cominciati i problemi, legati anche all'aspetto atmosferico. Gli espositori, ironizzando, hanno cominciato a chiamarla "Bagnamoci a Sovico".

Quest'anno abbiamo deciso di dargli una cadenza biennale

E' stata un po sfortunata?
Eh si. Nel 2012 è venuta maluccio. Proprio perché ha piovuto tutta la domenica. Nel 2013, viste le catastrofiche previsioni meteorologiche nel mese di maggio, abbiamo pensato di proporla a settembre. Ma ahimè, anche a settembre siamo riusciti a intercettare un po di pioggia. Poi, sappiamo bene, la crisi economica ci ha messo anche del suo, nel senso che è sempre più difficile coinvolgere gli espositori, far comprare alla gente e ottenere sponsorizzazioni. Insomma, il morale non è altissimo. Quest'anno abbiamo deciso di dargli una cadenza biennale. Ora puntiamo a presentare una edizione corposa e ben inserita nei temi di Expo 2015.

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VeRdiamoci a Sovico 2013

Quali temi proponete?
VeRdiamoci a Sovico vuole affrontare i temi del verde in varie accezioni. Si è partiti dal giardinaggio, dalla gestione del verde pubblico al vivaismo di qualità, ma poi ci siamo allargati in tutto quanto è presente il verde. Nel verde ci mettiamo anche l'agricoltura del territorio, Slow Food, le energie rinnovabili e poi ci mettiamo i temi dell'economia solidale. Abbiamo una buona collaborazione con Desbri. A mio parere insieme a Slow Food Brianza sono tra i partner strategici di questo progetto complessivo. Ma probabilmente dimentico qualcuno.

La sua passione e l'intesse per il verde derivano esclusivamente dal trascorso professionale alla Scuola oppure c'è anche altro? Per esempio il bisogno particolare per il nostro territorio di avere spazi verdi consistenti e di qualità, essendo inseriti in un area geografica altamente urbanizzata?
Io sono un Agronomo. Lavorando per tanti anni alla Scuola sono diventato competente e appassionato alle tematiche nel settore del verde pubblico. Questo ormai è nel mio DNA. Ci sono tante cose che non vanno bene nel settore e che si possono migliorare. Mi sto prodigando, insieme ad altri volontari che mi danno una mano, a realizzare qualcosa di buono, di valido. Si sa, la vita attraversa delle fasi. Nel 2011 ero in una fase in cui, per tutta una serie di motivi, il mio morale non era alto. Impegnarmi in questa attività mi ha fatto bene. Mi ha ridato fiducia. E' stato terapeutico. Vi ho delicato molte energie e tempo. Ora faccio un po più fatica, perché nella vita le cose cambiano. Intervengono nuovi stimoli e altri interessi, legati al trascorrere della vita stessa e ai cambiamenti in cui siamo coinvolti. In questa intervista vorrei comunicare umanamente, per onestà e trasparenza, il mio stato d'animo attuale. C'è un po meno entusiasmo iniziale, lo ammetto. Però a breve si riunirà il direttivo e verificheremo se saremo in grado di mettere in campo le energie che sarebbe necessario investire nei prossimi mesi.

Sono molte le persone che si interessano al verde?
No. Sono poche.

Eppure la quantità di verde privato è molto superiore a quella pubblica.
Vero. Purtroppo è gestito male. Anche nel privato si fanno tante sciocchezze. Una cosa molto dannosa è la potatura,come viene solitamente fatta in modo assai barbino. Vengono danneggiate le piante e anche il paesaggio. Questa è una tematica in cui abbiamo cercato, sia come Scuola ma anche come VeRdiamoci a Sovico di sensibilizzare la popolazione. E difficile. C'è una presunzione diffusa a ritenersi esperti di piante. Sapere come si potano perché così faceva uno zio. Invece spesso le piante vengono danneggiate, con anche il bello di ciò che potrebbe essere l'ambiente intorno noi.

I problemi sono ancora quelli di 25 anni fa

La Scuola di Agraria, attiva da molti anni e dispensatrice di numerosi corsi di specializzazione, ha ricadute nel territorio nella elevazione del livello culturale sui temi?
Poche. E' una goccia nel mare: riesce ad incidere diciamo su l'1%. Ho imparato a essere realista. Ti sembra di fare tanto, ma poi, se ti guardi intorno, i problemi sono ancora quelli di 25 anni fa. Anche la crisi non aiuta. Certe pratiche sbagliate sembrano quelle più economiche. Magari è così nell'immediato. Però i problemi emergono nel breve periodo. Ormai nessuno guarda più a medio termine. In Italia la cultura del verde e di conseguenza la qualità del verde è molto scarsa.

Però è un settore da molto tempo in espansione. Sono nate e continuano a nascere nuove imprese.
E' sempre stato un settore in sviluppo negli ultimi 30 anni. Con la crisi attuale anche questo settore è in difficoltà.

Ci sono dei motivi particolari?
Il giardinaggio, essendo sviluppato nelle aree urbane è legato all'andamento dell'edilizia. Oggi soffre per conseguenza della crisi dell'edilizia. Gli italiani non hanno la passione per il verde e per l'ambiente. Un pochino lo hanno a parole. E' stato di moda per un po a partire dagli anni '80 anni. Ora lo è meno.

Per quale motivi?
Non c'è una cultura. Io faccio spesso il paragone con il mondo anglosassone. Li si che c'è una cultura del verde! La gente spesso spende di più in quello che ha fuori casa piuttosto che dentro casa. Le case inglesi sono abbastanza modeste all'interno. Investono di più nei giardini. Allora gli inglesi, che hanno una cultura del verde, non nel senso ecologista, ma di conoscenza delle tecniche, che sa come sono fatte e come funzionano le piante, stanno attenti e indirizzano il lavoro dei giardinieri. Invece da noi i pochi giardinieri che sanno fare il loro mestiere spesso vengono costretti dai clienti a eseguire lavori insensati.

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Nudo con albero - 1930 -  Mario Sironi

Per esempio?
Capitozzare un albero. Capitozzare significa un intervento di potatura drastica, come dicevo prima.

Lo richiedono i clienti?
Si certo. La sciura Maria è convinta di fare un affare a capitozzare un albero.

Per risparmiare?
Esatto. Così per quindici anni non ci pensa più. Senza rendersi conto di quanto sia una sciocchezza per tutta una serie di motivi. Si lasciano abbindolare da idee sbagliate, nonostante tutti gli sforzi fatti nel divulgare le giuste pratiche dalla Scuola. Così facendo danneggiano le piante e l'estetica dei loro giardini. Oppure c'è la scelta discutibile delle piante da utilizzare.

Perché la scelta è legata alle mode del momento?
C'è anche una componente di moda. Per esempio gli olivi. La pianta non è caratteristica della Brianza. Oddio. C'è chi dice che tra 20\30 anni in pianura Padana saranno coltivati gli agrumeti, per via dei cambiamenti climatici. Può anche darsi che sia così. Però adesso è presto. Tuttavia vanno di moda gli olivi. Per ora va bene perché riescono a sopravvivere. Poi magari tra 10 anni arriva una gelata di quelle pesanti, li uccide tutti e allora si cambia.

Come si pone allora l'associazione in questo contesto, come abbiamo sentito, un po arretrato?
L'associazione non si illude di poter cambiare il verso delle cose. Modestamente cerca di continuare a realizzare l'iniziativa. Con tutti i nostri limiti resta comunque un momento di riflessione, di approfondimento e di educazione. Si tenta di fare animazioni legate all'ambiente, ai bambini che si divertono in contatto con la natura. Ormai ho qualche annetto sulle spalle. Ho perso l'illusione di cambiare in fretta il mondo e cerco di fare semplicemente con dignità la mia parte. Non ho utopie urgenti da realizzare.

Il settore era in crescita. Ora lo è un po meno

Nonostante la crisi, ci possono essere possibilità di sviluppo nel settore del verde? In Brianza che cosa si potrebbe fare per incentivare l'attività di impresa e di un ritorno di carattere occupazionale?
Le crisi precedenti a quest'ultima hanno sempre trovato nell'attività del verde un sfogo occupazionale. Per decenni ho visto persone perdere il lavoro, approdare alla Scuola per poi diventare giardiniere o lavoratore florovivaista. C'era spazio. Il settore era in crescita. Ora lo è un po meno. Magari è destinato a riprendersi. Tuttavia ci potrebbero essere ancora sbocchi lavorativi. Per esempio l'agricoltura può avere delle potenzialità se si rinforzerà nella tendenza attuale all'agricoltura locale al cosiddetto km0. Coltivare un ettaro a mais occupa molto meno manodopera che non coltivare un ettaro a ortaggi, insalata, pomodori, zucchine ecc. Il progredire della nuova agricoltura, basandosi su culture a maggiore intensità di lavoro, può assorbire più occupazione. Anche le energie alternative fanno parte sicuramente del futuro e si legano alle nuove pratiche di cui parliamo. Purtroppo l'agricoltura resta ancora un lavoro duro e sottopagato. A volte gli stessi agricoltori non se ne rendono nemmeno conto, impegnati come sono a lavorare incessantemente per le loro imprese. Dedicano un numero esagerato di ore lavorate, perdendo la percezione del deprezzamento di guadagno orario effettivo.

 

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Milano - Bosco verticale - Arch. Stefano Boeri

E negli ambiti urbani e periurbani?
Una più accorta gestione del verde urbano e anche privato può dare un futuro occupazionale. Il verde pensile sui tetti delle case. Il verde verticale, quello di ricoprire le facciate di rampicanti. Sono tendenze che hanno cominciato penetrare almeno nelle testa degli architetti di gran moda. Rappresentano un segnale di inizio. Prima neanche loro ci pensavano. Non fa parte della nostra cultura, è vero, eppure ricoprire gli edifici di verde ci può arricchire di numerosi elementi positivi, avere più ossigeno, biodiversità e aria pulita. Sicuramente questa è la direzione del futuro. Le smart city già sono così. Piano piano, ci arriveremo anche noi, tardi ma ci arriveremo. Quindi a mio parere una certa quantità di lavoro sarà generata da queste attività.

Quanta consistenza può avere?
Non sono un econometrista. Non saprei dire. Certo è che queste cose funzionano se anche le altre attività fanno altrettanto. Se l'economia non gira in generale, si fa fatica a investire anche in questo genere di progetti.

Può essere che a un certo punto diventi una necessità lavorare in questo settore, non tanto nelle attività di abbellimento quanto in termini di sussistenza?
Ci sarebbe bisogno di queste cose. Ma purtroppo l'umanità è miope. Si guardi i cambiamenti climatici su cui alcuni in passato ironizzavano: abbiamo visto quest'ultima estate cosa è successo. Le trombe d'aria e il freddo. Siamo troppo presi dalle nostre piccole cose, dalla nostra vita quotidiana. Anche a fronte di questi segnali non c'è una reazione. Bisogna evidentemente giungere sull'orlo del precipizio. Forse allora maturerà la coscienza, per puro spirito di sopravvivenza.

Bisogna puntare su queste esperienze di Community Garden, come direbbero gli inglesi

In Inghilterra ci sono associazioni che si occupano di gestire gli spazi verdi, in particolare i cunei ecologici che penetrano nelle città. In Brianza quanta propensione c'è verso queste attività?
Ci sono alcuni segnali interessanti. Sono in aumento gli orti e i giardini comunitari. C'è un'esigenza che sta alimentando la consapevolezza sulle opportunità di vivere il territorio in modo diverso. Per ora seno esperienze di nicchia. Bisogna puntare su queste esperienze di Community Garden, come direbbero gli inglesi. Esperienze riprese e sviluppate anche nelle grandi metropoli americane come New York. La gestione comune di spazi pubblici. C'è un detto che gira: Grow Food Not Lawns (coltiva cibo non erba). Noi abbiamo una marea di prati. In parte servono, ma in parte sono soltanto un costo di manutenzione. Peraltro non si capisce la volontà diffusa nella popolazione di mantenere tutti i prati tagliati all'inglese. Siamo in condizioni geografiche e ambientali assai diverse. Un prato fiorito con l'erba alta da noi è un elemento di naturalità e bellezza. Una parte di questo verde, invece di essere un costo potrebbe essere uno spazio dedicato ai cittadini che lo abbelliscono e lo coltivano. Certamente non è risolutivo dei problemi economici, ma può portare un risparmio di una qualche entità sugli acquisti ortofrutticoli. Ci sono delle esperienze carine e interessanti. C'è una parte di società davvero splendida. Se messa in condizioni adeguate potrebbe realizzare attività stupende. Purtroppo deve cozzare con altre componenti della società invece grossolane, incivili e tante altre non belle qualità. In questa epoca sappiamo quanto incide il vandalismo, sappiamo di alcune fasce sociali in cui la povertà le spinge a determinati comportamenti negativi. C'è la mancanza diffusa di senso civico. Questo complica molto le cose.

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Estate 1926. Bambini piantano in un orto comunitario di Sunsyde Gardens a nord di Queens Boulevard - Long Island

Bisognerebbe condurle in un percorso culturale?
Intanto c'è la mancanza di lungimiranza politica.

Da parte degli amministratori?
Basterebbe qualche minimo incentivo. Far conoscere e sostenere le buone pratiche.

E' fondamentale l'appoggio della cittadinanza al tema. Anche dal punto di vista economico

Nazionale o locale?
Si deve partire dal territorio. E' nel locale che si incide. Si possono presentare le buone prassi come esempio. Poi è fondamentale l'appoggio della cittadinanza al tema. Anche dal punto di vista economico. Sarebbe utile in queste iniziative tipo RiVerdiamoci acquistare qualche prodotto o semplici oggetti da regalare ai bambini. Organizzare l'iniziativa comporta un notevole costo. Chi viene ad esporre ha anche la necessità di avere un ritorno seppure minimale.

In Brianza si spende poco per il verde?
Mah, si spende poco in generale. Il verde non fa differenza particolare rispetto ad altre categorie.

Anche le amministrazioni hanno il tipico braccino corto brianzolo?
Le amministrazioni sono alla frutta. In un contesto di scarsità di risorse è abbastanza comprensibile stabilire una scala di priorità. C'è un certo livello di aumento della povertà a cui far fronte. Prima di tagliare un prato ci sono da asfaltare le buche nelle strade. Io stesso, in questa situazione, non mi scandalizzo più di tanto per i tagli alla manutenzione del verde. Bisogna essere realisti.

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VeRdiamoci a Sovico 2013

VeRdiamoci a Sovico

VeRdiamoci a Sovico è un evento dedicato alle tematiche ambientali in senso lato: dal miglioramento del verde pubblico e privato presente sul territorio alla valorizzazione delle attività agricole superstiti, dalla difesa dell’ambiente naturale alla promozione degli stili di vita più sobri ed ecocompatibili, dalla gestione ottimale dei rifiuti alla promozione di una maggiore cultura ambientale sia tra i giovani che tra i meno giovani.

L’iniziativa intende anche promuovere il recupero delle tradizioni locali, e favorire la socializzazione tra i cittadini, valorizzando tutte le risorse locali in qualche modo coinvolte o coinvolgibili sulle tematiche sopra citate.

VeRdiamoci a Sovico è sostenuta dal Comune di Sovico, che ha promosso la creazione di un Comitato Organizzatore di cui fanno parte alcuni sovicesi sensibili alle tematiche oggetto della mostra.

Per chi è stata pensata “Verdiamoci a Sovico”?

- Per chi ha la passione per il giardino
- Per chi ha un orto o un frutteto
- Per chi tiene all’ambiente in cui vive
- Per chi ha figli, e vuole fargli passare una giornata diversa
- Per chi è attento alla qualità del cibo che mette in tavola
- Per chi è attento alle nuove tendenze della società
- Per chi non ha ancora smesso di sognare un mondo migliore

In sintesi: è una festa per tutti! Vieni a scoprirla anche tu e aiutaci a farla conoscere!

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Animazioni  - 2013

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.