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Dopo le accuse dei giorni scorsi, una manifestazione di solidarietà e l'omelia di domenica. La voce di Don Giorgio e la libertà di espressione

Ieri, per motivi di lavoro, non ho potuto essere a Monte di Rovagnate tra i molti che hanno manifestato solidarietà a Don Giorgio, e con lui difeso la libertà di espressione.

Leggo però che sì è trattato di un grande momento: molte sono state le persone raccoltesi attorno alla piccola parocchia di Monte. Don Giorgio, dal suo pulpito, non ha mancato di pronunciare le consuete parole piene di ossigeno, ossigeno culturale, quell’ossigeno che manca spesso, in questo momento. Date una lettura, e valutate da voi.

Le centinaia di mails e messaggi e lettere giunte in questi giorni a Don Giorgio, visibili sul sito e su facebook, dimostrano la necessità del messaggio, l’urgenza di avere qualcuno che se ne faccia portatore, l’importanza, insomma, del lavoro svolto in questi anni.

Penso che, alla fine di questa spiacevole vicenda, a “vincere” sia ancora lui, Don Giorgio, che ha potuto apprezzare di più e meglio il valore della sua missione, del suo seguito, e di certo guadagnato visibilità portando il suo messaggio un poco più lontano, magari là dove non sarebbe altrimenti arrivato.

Nell’omelia pronunciata oggi parole di speranza e di stimolo, parole che condivido in toto e invito nuovamente a leggere. C’è anche un passaggio che mi (ci) “tocca” da vicino, eccolo: “La mia paura è che, passate le occasioni, tutto torni come prima, e i sogni rimangano sogni. Tocca ai giovani partire a fare la rivoluzione. Mi entusiasmo quando sento che i giovani si muovono. L’onda studentesca mi ha ridato per un momento grande speranza. Poi… Tanti giovani vorrebbero fare qualcosa. Non fraintendetemi. Impegnarsi nel volontariato sociale è una bella cosa. Ma può essere un alibi, e talora può far comodo al potere che ha la testa altrove. Oggi mancano giovani “politici”, giovani che non si limitino a dei gesti di carità, speriamo di gratuità, ma giovani con idee nuove, aperti al futuro, che osino al di là del momento storico, che tentino qualcosa che apra una strada nuova. Non basta più far qualcosa, occorre osare di più, elevando la cultura politica o quella visuale della società che si chiama decrescita felice o sviluppo sostenibile. Non sto qui a spiegarne i termini. Interessatevi”.

Trovo di grande respiro l’esortazione e in particolare l’invito finale: “interessatevi!”, approfondite, non brancolate nel vuoto offerto gratis ad ogni angolo come ottenebrati.

 

Omelia di don Giorgio durante la Messa delle ore 11 di domenica 2 agosto 2009

 

Da tutta la vicenda di questi giorni, che io chiamerei provvidenziale, ho dedotto alcune cose, un misto di constatazioni e di riflessioni, che vorrei ora sottoporre anche alla vostra attenzione. Non faccio la solita omelia, anche se è pronta nel computer, in quel “maledetto” computer che ha ferito l’innocenza o la sensibilità bambinesca di tante persone, per lo più religiose, innamorate, a dir loro, di un pudore antico, di quel pudore che copre le vergogne di una società allo sballo e in preda alla follia di un ciarpame istituzionale e di una idiozia culturale pancesca.

Che cosa ho imparato? Anzitutto, che viviamo in un regime, dolce regime, eutanasico regime. Un regime che ti pugnala ogni giorno alle spalle, ma ti fa divertire, ti dà un’ebbrezza particolare, quella di vegetare senza più sentire altre ebbrezze, quella ad esempio della libertà di pensiero, quella di sognare un altro mondo diverso da questo, impastato di illusioni e di vacuità, di rachitismo culturale e di fluidità ormai inarrestabili. Siamo in balìa di onde che ci trascinano verso una deriva di cui ben pochi prevedono le conseguenze, ma che ci sfracellerà senza che noi ce ne accorgeremo. Sì, viviamo in un regime. E il regime è anzitutto mediatico. Una prova, magari piccola se volete, l’ho avuta in questi giorni. Mediaset - l’unica che si è mossa, la rai ha preferito tacere - ha fatto ciò che ha voluto di una vicenda che se non altro meritava il rispetto di una corretta informazione. Quando si vivono da vicino queste deformità della realtà dei fatti, non si può non allargare la vicenda e considerare quella nazionale. Allora, ci si chiede, tutto ciò che ci dicono è deformato? Tutto? Sì, tutto.

E ho imparato un‘altra cosa: che sono sulla strada giusta. Mai come in questi giorni, mi sono convinto che questa è via da percorrere, quella cioè di una denuncia, forte denuncia, di un regime fondato sulla idiozia più oscena, che accomuna potere e sesso, identificandoli, potere e interessi personali o di partito, potere e analfabetismo politico, potere e mercato, potere e ogni pretesa-diritto di fare della dignità della persona umana e dell’ambiente, nostro habitat naturale, solo un mezzo per costruire castelli di cemento, destinati a sotterrarci tutti quanti, delinquenti e onesti. Sui delinquenti non verserò una lacrima, e penso che neppure il Padre Eterno verserà una lacrima, ma sugli onesti, sui milioni di onesti, vittime di questo perverso sistema distruttivo, non posso non riversare tutta la mia più umana compassione, che ora anticipo nella rabbia che provo ed esterno, quando predico, quando scrivo, e quando mando a quel paese i ciechi e gli ottusi che si divertono a proteggerci creando paure xenofobe, mentre la vera paura sono loro, loro, loro.

Vorrei rispondere ad alcune critiche che mi sono state rivolte. Anzitutto, che faccio politica in chiesa. Da tempo sto dicendo a quanti frequentano le mie messe che c’è la Politica con la P maiuscola e c’è la politica con la p minuscola. La prima riguarda l’essere umano e l’ambiente. La vera Politica, come dice del resto la parola “polis” che significa città, è il bene comune, che comprende ogni rispetto per la dignità dell’individuo nella società. Parlerei di persona sociale. La vera Politica tende a realizzare l’umanesimo integrale. Questo, solo questo, è il mio intento. Se mi dite che faccio Politica in questo senso, ben volentieri accetto l’accusa, e me ne vanto. L’altra politica, quella dei giochi di partiti che litigano per spartirsi un po’ di potere, non fa per me, anzi la combatto e la denuncio. Con vigore, con passione, tanto quanto merita la dignità della persona umana e dell’ambiente.

Se è così, se cioè faccio Politica nel senso di orientare la gente verso la nobile causa che è la persona umana e l’ambiente, nessuno riuscirà a distogliermi dal predicare in chiesa tutto ciò che riguarda l’essere umano e l’ambiente. Quando parlo dell’essere umano parlo dell’essere concreto, esistenziale, e quindi di ogni problema che tocca l’uomo e il creato.

Ma perché proprio in chiesa? A questa domanda non saprei rispondere tanto mi sembra naturale che proprio qui in chiesa io debba tradurre il messaggio di Cristo nella realtà esistenziale. Credo o non credo nella realtà della incarnazione di Cristo? Dire incarnazione è dire assunzione carnale, cioè reale, da parte di Cristo di ogni realtà umana. In altre parole, il più grande Politico è stato Cristo. Il “compagno Cristo”, titolo di un famoso libro di don Primo Mazzolari. Compagno deriva dal latino “cum panis”, “colui che mangia il pane con un altro”. Parola che purtroppo è uscita dal vocabolario della stessa sinistra italiana.

Quando parlo di Cristo radicale o di vangelo radicale o di sinistra evangelica radicale intendo proprio questo: tornare alle radici del cristianesimo, di quel cristianesimo che, successivamente, fin dall’inizio, è stato tradito da una chiesa che ha ridotto il cristianesimo a religione. Il cristianesimo nelle intenzioni del Cristo radicale non doveva essere una religione. Cristianesimo è Umanesimo integrale. Qualcuno ha detto: si è tutti cristiani, in questo senso.

E qui vorrei dire forse la cosa più importante, perché apre orizzonti nuovi. Non basta dire: torniamo alla vera Politica, torniamo al cristianesimo radicale. Le parole possono ingannare, possono ancora dividere. Voglio dire con tutta la forza del mio pensiero: torniamo all’umanesimo integrale, il che significa: uniamoci tutti, credenti e non credenti, nord e sud, cittadini italiani ed extracomunitari, di ogni religione e razza, uniamoci sui valori che ci accomunano, e sono i valori umani, quelli che riguardano l’Umanità. Non ci sono valori cattolici e valori laici, i valori umani sono valori, e basta. Non vogliono etichette, perché altrimenti perderebbero qualcosa della loro umanità.

Su questo c’è una cosa che vorrei confidarvi: in questi giorni ho ricevuto numerosissime e-mail, centinaia e centinaia. Dovrei stare tutto il giorno al computer per leggerle e rispondere. La maggior parte sono di solidarietà. Ma ciò che mi ha colpito leggendole è che la solidarietà proviene dal mondo diciamo “non religioso”: gente che si professa atea, non più credente o praticante, gente di altre professioni religiose. Mi sono chiesto più volte: come è possibile che un prete debba essere sostenuto dai non credenti e processato dai credenti? Di più: come è possibile che i valori umani siano patrimonio di chi non crede, mentre chi crede professa la cultura dell’avere?

Sapete qual è la mia vera preoccupazione o, meglio, la mia più grossa difficoltà? Quella di convertire i cristiani, far capire loro che anzitutto e soprattutto c’è la dignità dell’essere umano, non parliamo dell’ambiente, una parola che fatica a entrare perfino nelle discussioni dei Consigli pastorali. Come è possibile che associazioni anticlericali mi stanno difendendo? Perché lo fanno? Un motivo c’è, secondo me: credono in quei valori umani che noi credenti abbiamo reso eretici. Perché allora non unirci sui valori umani? È l’unica piattaforma da cui partire per costruire una umanità diversa da questa, maciullata da un potere folle e da una religione ottusa.

Infine, ho un sogno. Sogno una rivoluzione o un rovesciamento radicale. Mi sono ancor più convinto, leggendo le numerosissime e-mail, che c’è un grande malumore in Italia. Non se ne può più. Un malumore ancora sotterraneo che esce solo in certe occasioni. La mia paura è che, passate le occasioni, tutto torni come prima, e i sogni rimangano sogni. Tocca ai giovani partire a fare la rivoluzione. Mi entusiasmo quando sento che i giovani si muovono. L’Onda studentesca mi ha ridato per un momento grande speranza. Poi… Tanti giovani vorrebbero fare qualcosa. Non fraintendetemi. Impegnarsi nel volontariato sociale è una bella cosa. Ma può essere un alibi, e talora può far comodo al potere che ha la testa altrove. Oggi mancano giovani “politici”, giovani che non si limitino a dei gesti di carità, speriamo di gratuità, ma giovani con idee nuove, aperti al futuro, che osino al di là del momento storico, che tentino qualcosa che apra una strada nuova. Non basta più far qualcosa, occorre osare di più, elevando la cultura politica o quella visuale della società che si chiama decrescita felice o sviluppo sostenibile. Non sto qui a spiegarne i termini. Interessatevi.

Non vorrei che questa vicenda che mi ha toccato finisse come al solito nel dimenticatoio. Si solleva un polverone creato ad arte, per poi, ad arte, risucchiare il tutto nelle sabbie mobili. La mia lotta e la mia rabbia non cessano oggi. I miei superiori non mi hanno proibito di lottare e di arrabbiarmi. Certo, la responsabilità è mia. A me basta che il cardinale mi benedica da lontano.

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Dal blog di Alfio Sironi