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È Sgarbi che serve alla cultura o è la cultura che serve a Sgarbi? Un teatro pieno per una serata, formalmente, dedicata a Caravaggio è una buona o una cattiva notizia?

Il debutto come personaggio pubblico di Vittorio Umberto Maria Sgarbi risale agli Ottanta, quando la premiata ditta Maurizio Costanzo Show faceva esibire sul palcoscenico del Sistina di Roma comici, cantanti, casi umani e lui, in quanto critico d’arte. Ricordo che allora non mi dispiaceva ascoltarlo: raccontava quadri e, a me, vedere in una televisione sempre molto avara di pittura e scultura qualcuno mostrare dipinti sembrava qualcosa di utile e interessante.

Nel tempo Sgarbi© è diventato il personaggio pubblico che moltissimi conoscono, arrivando a ricoprire più volte la carica di sindaco in varie città e cittadine d’Italia, di deputato della Camera, ma curando sempre molto attentamente il ruolo di uomo di televisione: l’unico media in Italia che assicura visibilità a livelli da star. Neppure i calciatori sarebbero i “calciatori” se le partite e gli infiniti post-partita non passassero in televisione. Neppure la fidanzata di Fedez sarebbe così nota, se Fedez non fosse uno dei giudici di Xfactor.

Sgarbi© può vantare una certa conoscenza della storia dell’arte - messa in mostra nel sistema mediatico più che in quello accademico - ma soprattutto la costruzione di un personaggio, di una figura del tutto particolare in Italia: un logorroico, narcisista, irascibile, spesso volgare tuttologo come nessun altro. Lo Sgarbi©, ancora oggi a 30 anni dalla sua entrata nel mercato dei tipi televisivi, non ha competitor. Si sono moltiplicati i tronisti, le sgallettate, i piacioni, gli ex che non sono mai stati nulla, gli opinionisti della qualsiasi, ma di Sgarbi© continua ad essercene uno e uno solo.

Solamente lui è capace di riempire per intero il Teatro Manzoni di Monza (circa 850 poltroncine) promettendo una serata intorno a Caravaggio. E questo è un bene o è un male?

Per provare a capire se un teatro pieno per una serata dedicata a Caravaggio è una buona o una cattiva notizia forse è necessario chiarire un dilemma: è Sgarbi© che serve alla cultura o è la cultura che serve a Sgarbi©?

 

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Cominciamo dall’inizio. La serata parte con alcune foto del corpo esanime di Pier Paolo Pasolini sul luogo del suo omicidio - Ostia 1975 - e con la voce fuori campo di Alberto Moravia nella celebre orazione per il funerale dell’amico. Il discorso parte da lì: dalle similitudini fra Pasolini e Caravaggio. Tesi che Sgarbi© vanta come sua e inedita, poggiandosi curvo come faceva l’odiato Federico Zeri su un bastone, ricevuto in regalo e appartenuto proprio a Moravia. La sottolinea quando trova somiglianze fra i volti di Ninetto Davoli e Franco Citti e quelli dei popolani romani usati come modelli da Merisi nei suoi dipinti. La rimarca quando ricorda il Pasolini in cerca di marchettari nei pressi di Termini e il Caravaggio avido di carne fra le braccia delle cortigiane contese con la spada o dei giovani assistenti. Il Pasolini scappato dal Friuli per le sue relazioni con minorenni e il Michelangelo in fuga da Roma dopo l’omicidio di Ranuccio Tommasoni. Il filo è questo. Pier Paolo Pasolini da Bologna e Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Un tema, per i tanti che come me amano le opere dei due, molto interessante. A tratti anche l’esposizione, lunga alla fine 150 minuti, regge. Dopo tutto Sgarbi© è formalmente uno storico dell’arte e un discreto intrattenitore. Ben presto però, come se si fosse ricordato del personaggio che è, come se si fosse ricordato del perché il teatro fosse pieno, ecco esplodere il tuttologo. Eccolo sproloquiare delle ricche coppie gay che “mettono al mondo” figli grazie all’utero in affitto: sicché le donne diventano inutili e millenni di maternità in arte (intesa come soggetto, la Madonna col bambino) scade a materiale obsoleto. Eccolo tirare fuori battutacce che al confronto il Bagaglino è un circolo di lord all’ora del tè, dando di gomito su quanti cazzi riesce a tenere in mano Lapo Elkann… Eccolo, ancora, inveire contro chi vuole togliere il crocifisso dalle aule, imitare Bossi e insultare la Raggi (“demente”); sciorinare fesserie (“se voglio parlare di Carpaccio non invito a cena una trentenne”) e glorificare i pompini.

I colpevolisti sostengono che questo è Sgarbi©, questa è la sua essenza. Gli innocentisti che quello è “contorno”, che l’essenza è il parlare di Caravaggio a centinaia di persone (paganti).

Quindi torniamo al dilemma: è Sgarbi© che serve alla cultura o è la cultura che serve a Sgarbi©?

 

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La Cappella Contarelli in san Luigi dei Francesi a Roma, dedicata a San Matteo. Da sinistra La vocazione, San Matteo e l'angelo, Il martirio di San Matteo (1600-1602). Foto tratta da cultura.biografieonline.it

 

Di Caravaggio in queste settimane tratta pure Tomaso Montanari, storico dell’arte e professore presso l’Università di Napoli, in un programma in onda al venerdì sera su Rai 5 (qui trovate tutte le puntate, da vedere quando vi pare in streaming). Montanari non è famoso quanto Sgarbi©, però è molto attivo nel dibattito pubblico in difesa della cultura e dei beni culturali. Non disdegna la polemica (molto accesa, per esempio, nei confronti di Renzi e Franceschini) ma mai con i toni dello Sgarbi©. Il suo programma è una meraviglia: le immagini sono ottime e i dipinti sono ripresi e mostrati nel contesto dove “vivono” (chiese, musei, oratori, abitazioni…). Non sono astratti ritagli fluttuanti nel buio del palco. Il racconto è puntuale, le fonti sempre citate, i committenti, i luoghi, le relazioni, i documenti sono precisi. Il tono è autorevole ma mai saccente. Insomma, una delizia. Da vedere gratis in qualsiasi momento si voglia, online. Questo significa promuovere cultura: Montanari mette la sua conoscenza al servizio della conoscenza di tutti. Condivide la sua preparazione e mostra con grande attenzione le opere e i luoghi. Anche lui ha insinuato alcuni riferimenti contemporanei (l’omicidio Cucchi per ultimo), ma non per “divagare”, non per strappare la crassa risata intorno alle abitudini sessuali del rampollo di casa Agnelli. Semmai per sottolineare la persistenza di alcuni temi e la classicità, ovvero la capacità di attraversare i secoli, di certe opere. In casi come quello del programma di Montanari il dilemma non esiste: esso serve la cultura. Se davvero qualcuno vuole capire chi fosse, dove vivesse, cosa facesse Michelangelo Merisi da Caravaggio fra la fine del Cinquecento e il primo decennio del Seicento, farebbe bene a guardarsi quel programma e sperare che la Rai ne produca mille altri così.

 

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Un frame da La vera natura di Caravaggio di Tomaso Montanari

 

Nello show di Sgarbi© la storia dell’arte è un pretesto. Una foglia di fico. Utile a rendere “nobile” il soliloquio di un personaggio a cui piace credersi ancora critico d’arte, noto invece solo e solamente per le sue imprecazioni, gli scatti d’ira, il turpiloquio facile. Infatti non cita mai una fonte, spesso tralascia di dire dove le opere siano custodite, ignora il contesto (la conversione di Paolo mostrata senza la crocefissione di Pietro, la vocazione di Matteo senza far cenno alle altre due tele della stessa cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi)... Antepone, nell’esposizione, le opere di Malta e Sicilia a quelle di Napoli. Parla del rifiuto della Morte della Vergine come se fosse stato il primo nella carriera di Caravaggio. Certo, non si tratta di una lezione di storia dell’arte quindi la massima precisione non è ciò che ci si aspetta per prima. È uno show: con l’ambizione di essere colto, il terrore di essere serio. Avrebbe anche la pacatezza di essere sincero intrattenimento, se solo avesse l’onestà di ammetterlo.

 

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La Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo a Roma. Da sinistra La crocifissione di Pietro (Caravaggio), L'Assunzione della Vergine (Annibale Carracci) e la Conversione di Paolo (Caravaggio), tutte tele del 1601. Foto tratta da Wikipedia.

 

Invece a molti avrà dato la consolazione di “aver fatto qualcosa di culturale” quella sera. Il pubblico. Fino a quando e fino a quanto si deve essere accondiscendenti con chi preferisce Sgarbi© a Montanari? Se al pubblico si chiedono voti (o soldi per il biglietto) è assai difficile dire: a te piace una robaccia. Se non si hanno debiti o aspettative nei suoi confronti, allora si può dire: pubblico, il problema è tuo.

Un tempo l’ignoranza non era una colpa, la povertà non permetteva di studiare e accedere alla conoscenza era un lusso riservato a pochissimi. Oggi no, basta il telefonino per mettere mano a risorse incredibili. Se tu, pubblico capra, preferisci usarlo solo per inviare immagini cretine e video dementi, la colpa della tua ignoranza è tua e solo tua. Non è più tempo di nascondersi dietro Gramsci e il suo nazionale e popolare, di affannarsi a rincorrere visitatori dei musei con i giochini, i pokemon e i like. Questo trattare le persone come ammalati da curare non ha più giustificazione: l’ignoranza oggi è una colpa, non un malanno. Questo assecondare la superficialità spacciandola per leggerezza ha stufato: a furia di essere light e liquidi, siamo diventati gassosi. Flatulenti.

Poi certo, alla fine fra il non sapere neppure chi sia Caravaggio e il ricordarsi che quella sera, al Manzoni, lo Sgarbi© ce ne ha parlato e ci ha dato tante emozzzioni si può pure scegliere con facilità. Ma che noia questo piuttosto che niente, meglio piuttosto.

 

In apertura dettaglio dal dipinto Incredulità di San Tommaso, realizzato tra il 1600 ed il 1601  e conservato nella Bildergalerie di Potsdam in Germania.

Gli autori di Vorrei
Antonio Cornacchia
Antonio CornacchiaWebsite: www.antoniocornacchia.com

Sono grafico e art director, curo campagne pubblicitarie e politiche, progetti grafici ed editoriali. Siti web per testate, istituzioni, aziende, enti non profit e professionisti.
Scrivo soprattutto di arti e cultura.

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