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Dalle opinioni ai reati, dalle parole alla neolingua. Gli esiti del lavoro della commissione sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio voluta da Laura Boldrini.

Il 20 luglio 2017 è stata resa nota la relazione finale della Commissione "Jo Cox" sull'intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio. La Commissione, voluta e presieduta dalla presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, è composta da membri del Parlamento e del Consiglio d’Europa, da esperti e rappresentanti di associazioni: 27 componenti in totale.

 

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La Commissione, è riportato testualmente, è stata impegnata in 14 mesi di lavoro nel corso dei quali sono stati auditi 31 soggetti ed acquisiti 187 documenti (studi, ricerche, pubblicazioni monografiche, raccolte di dati, position papers). La relazione è lunga 130 pagine, articolate in 7 capitoli, ed è accompagnata da infografica (12 pagine), dossier di documentazione (55 pagine), bibliografia (11 pagine), raccomandazioni in inglese (6 pagine). Trovate tutto raccolto sulla pagina ufficiale della Camera.

 

La summa sintetica dei lavori è nella cosiddetta “piramide dell’odio” che la Commissione ha costruito:

 

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Si mette in relazione l’uso di stereotipi con le discriminazioni. Dalle discriminazioni si arriva al linguaggio d’odio. Da questo, ai veri e propri crimini di odio.

Brutalizzando, se date dello zingaro a qualcuno siete non solo scostumati e irrispettosi ma potreste essere inquadrati in un percorso che, nella sua evoluzione degenerata, conduce al crimine. 

Non so ai lettori, ma a chi scrive sembra una enormità. Quale sia la relazione scientifica tra vocabolario stereotipato e atti di violenza fisica la Commissione non lo spiega (eppure si parla di esistenza di una piramide dell'odio). Ma la stessa Commissione fornisce numerosi esempi di errate interpretazioni (secondo loro) e stereotipi. Alcuni li trovate qui (in infografica ce ne sono molti di più): 

 

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Ecco, le opinioni possono essere belle o brutte, rispettose o irriguardose, ortodosse o eterodosse ma, in democrazia e fino a prova contraria, sono sempre legittime. Opinabili e legittime a termini di Costituzione. Per la Commissione no, non funziona così. Se sei parte di un segmento di popolazione che esprime posizioni (giuste o sbagliate che siano, tanti o pochi che siano gli esprimenti) del genere, pensi male. Tanto da collocarti sul primo gradino di una strada potenzialmente fomentatrice di crimini e popolata ai vertici da criminali. Ritieni che troppa immigrazione nel tuo quartiere porti a forme di degrado? Sbagliato. Ritieni che le lesbiche siano mascoline? Molto male. Non sei a tuo agio nel relazionarti con omosessuali? Grave. Ritieni che debba essere data precedenza sul lavoro agli italiani nei confronti degli immigrati? Pericoloso. 

Notare bene: le valutazioni “sbagliato”, “molto male”, “grave”, “pericoloso” non vengono da cittadini, da un gruppo di discussione, dal bar sotto casa. Ma da un organo attivato dalla Presidenza della Camera dei Deputati che decide quale opinione ha diritto di cittadinanza e quale no, cosa è bene e cosa è male.

Tanto bene e tanto male che la Commissione produce nella relazione, riprendendo un lavoro di Tullio De Mauro (defunto il 5 Gennaio scorso e che dunque la relazione finale non ha potuto leggere), pagine su pagine di lemmi pericolosi (oltre 2.000). Parole il cui uso è fatto per ferire o denigrare o canzonare (ma va?) e segnale preoccupante di un errato pensiero rispetto al “giusto” percorso indicato. Un esempio per tutti (nel documento troverete 15 pagine del genere): i vocaboli riguardanti le zone pelviche maschili. L’esito diventa comico, con una ricerca semantica e filologica ridicola (opinione che spero mi sia concessa) nel contesto della relazione finale di una commissione parlamentare:

 

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Secondo nostra signora Boldrini, ci sono pochi dubbi che Salvini sia un mezzo criminale ma glielo dite voi alla terza carica dello Stato che Jeremy Corbyn è un altrettanto pericoloso nazifascista, tenuto conto delle parole che usa e degli argomenti che propugna? [articolo in inglese qui]

 

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Il punto nevralgico del lavoro della Commissione “Jo Cox” è comunque costituito dalle raccomandazioni finali. Vi invito a leggerle. Degne di nota:

 

  • 1) delle simpatiche multinazionali con sede in paradisi fiscali dovrebbero fare i guardiani della morale online per conto del Governo:

 

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  • 2) E, come farne a meno, ci vorrebbe un bel giurì per decidere cosa è ammissibile dire e cosa no insieme ad adeguate "contronarrazioni":

 

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Neolingua, monopolisti che vigilano per conto del Governo, asimmetrie di controllo tra un mezzo di comunicazione e l'altro, relazione tra parole e future azioni: sembra tanto, in scala, George Orwell nel suo 1984.

 

Viene da chiedersi perché ora tutta questa attenzione alle parole e al web? Perché ora vanno segnalate come pericolose delle opinioni rispetto ad altre da parte di un potere dello Stato?

Goethe diceva: “Quando alla gente si impongono doveri, e non si accordano diritti, bisogna pagarla bene".

Quando alla gente si impongono doveri, e non si vogliono accordare diritti, bisogna pagarla bene

Chiave di lettura: poiché non siete pagati bene, incominciate a essere nervosi, in qualche caso vi arrabbiate e non votate più come piace a qualcuno. La storia insegna che la compressione dei diritti economici (dover accettare una paga bassa, precaria, calmierata) non può che accompagnarsi con la restrizione degli spazi di partecipazione democratica (perché altrimenti il libero cittadino si inquieta e vota contro lo status quo che quelle condizioni di difficoltà gli ha imposto).

Il punto di vista di chi scrive (opinabile ma spero non censurabile) è che conclusioni come quelle a cui giunge la Commissione Jo Cox siano solo il primo segnale di qualcosa di incompatibile con una democrazia.

 

P.S. Di solito finisce che, quando finalmente si comprende la relazione diritti economici-diritti democratici, è ormai troppo tardi e il tintinnar di sciabole un frastuono.

Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

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