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Speciale 70° della Liberazione. Intervista a Loris Maconi, presidente dell'Anpi provinciale. Cosa è l'atifascismo oggi, le iniziative per il 70°, i valori di sempre: solidarietà, giustizia, accoglienza

Immagini tratte da www.anpimonzabrianza.it

Che cos’è e a cosa serve l’ANPI nel 2015?
Questa è una domanda che ci fanno in tanti e che spesso ci poniamo anche noi. Io mi sono dato due risposte. La prima è che quando si perde consapevolezza delle proprie radici, si rischia poi di non capire bene la direzione da prendere. Ormai i protagonisti della Resistenza stanno uscendo di scena e i testimoni diretti sono rimasti pochissimi. E il rischio di dimenticare, di non conoscere da dove veniamo, che tipo di battaglia è stata fatta per conquistare la libertà e la democrazia è molto grosso. In più c’è un dovere di riconoscenza. Se penso a Monza, a figure come Gambacorti Passerini, i fratelli Bracesco, Citterio, Gian Battista Stucchi, sarebbe ingiusto che si dimenticassero. Quindi il primo motivo è il dovere di onorare e ricordare quelle persone. La seconda risposta è legata all’attualità.

Chi è l’oppressore oggi?
Per fortuna, proprio grazie alla lotta di allora, oggi in Italia e nell’Occidente non c’è un oppressore in senso stretto e viviamo in libertà e in democrazia. Ci sono però tanti pericoli nascosti. Una situazione internazionale dove il linguaggio della violenza sembra oggi quello vincente. Mentre l’insegnamento dell’Anpi vuole che i problemi vengano affrontati con la collaborazione dei popoli, con il dialogo e il confronto. Poi c’è un altro aspetto: io ricordo sempre una frase di Stucchi: «Noi abbiamo combattutto per affermare il diritto di tutti e non per permettere il privilegio di pochi». Se c’è un problema nella società di oggi è che la solidarietà, l’uguaglianza e la giustizia si stanno perdendo. Le differenze fra chi sta bene e chi sta peggio sono diventate ormai enormi e insopportabili. Il richiamo al valore della solidarietà e dell’uguaglianza vale anche per affrontare la crisi attuale. Infine c’è la questione dell’accoglienza. Oggi viene cavalcato in maniera strumentale il pericolo dell’immigrazione mentre se c’è una cosa che la costituzione ci ha insegnato è che l’accoglienza è l’unico strumento che ci permette di affrontare questi problemi complessi.
La funzione dell’Anpi nel 2015 è, oltre quella di ricordare, quella di richiamare il Paese ai valori della Resistenza (poi entrati nella costituzione), fari utili anche per i problemi della società di oggi.

20150303 speciale liberazioneCosa hai pensato guardando Salvini cantare Bella ciao e individuare negli immigrati “l’invasor”?
Mi ha fatto accapponare la pelle perché l’invasore a cui si riferisce la canzone è l’oppressore. Sentire Salvini dare una versione in termini razzisti, xenofobi e di odio nei confronti del diverso, dello straniero mostra quanto sia necessario il lavoro dell’Anpi.

Chi sono gli iscritti?
C’è un nucleo centrale che è grosso modo quello della mia generazione, dai 50 ai 65 anni. Persone con esperienza politica e sindacale; cresciute nella cultura degli anni Settanta e delle conquiste del movimento dei lavoratori. Negli ultimi 5-6 anni si sono avvicinati molti giovani, secondo me delusi dai partiti. Hanno visto nell’Anpi uno strumento per fare politica nella maniera bella, non legata a interessi o lotte di potere.

Quali sono i requisiti per iscriversi?
L’unica discriminante è l’antifascismo. L’Anpi è la casa di tutti i democratici, da qui l’incompatibilità assoluta con qualsiasi idea che si richiami all’ideologia fascista.

Tu personalmente quando e perché ti sei avvicinato all’Anpi?
Intorno ai 30-35 anni. Maturato politicamente ho trovato naturale sposare gli ideali della sinistra, come la solidarietà e la giustizia, e nell’Anpi ho trovato uno strumento che a questi valori si legava. È stato naturale affiancare i partigiani — e fortunatamente allora ce n’erano ancora tanti — per dare continuità e sostegno alle loro battaglie.

 

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Ha un carattere particolare l’Anpi Monza e Brianza?
No, però da quando è una realtà provinciale, l'Anpi ha raggiunto un radicamento maggiore sul territorio. Abbiamo 32 sezioni su 60 comuni e abbiamo fatto un lavoro di scavo sulla storia della Resistenza in Brianza, portando alla luce personaggi, fatti e episodi in gran parte sconosciuti. L’idea, prima, era di una Resistenza “minore”, mentre il nostro lavoro ha dimostrato che sì le battaglie si facevano in montagna, ma il retroterra si è costruito in tante realtà di pianura. Le staffette, l’aiuto, il sostegno, la propaganda politica, gli scioperi del 43-44…

Perché si è riformato un comitato antifascista a Monza?
Il comitato storico era nato negli anni di piombo per contrastare il terrorismo e coinvolgeva tutti i partiti democratici e le istituzioni. L’Anpi aveva spinto per comporre un fronte unitario. Venuta meno l’emergenza terrorismo è caduta l’urgenza dei comitati. L’aggregazione di oggi, composta da una trentina di associazioni, nasce dal fatto che ormai da alcuni anni nel nostro territorio — come da altre parti — c’è una ripresa di iniziative di forze che si richiamano al neofascismo. Penso a Casa Pound, Forza Nuova, Lealtà e Azione. E troppo spesso queste manifestazioni sono sottovalutate. Io non sono per fare allarmismo, però neanche per sottovalutare. Soprattutto in periodi di crisi, di disorientamento, quel tipo di propaganda e di atteggiamento può essere pericoloso. Oggi poi che c’è il tentativo di legittimare queste forze all’interno di una aggregazione più ampia, come si è visto alla manifestazione di Salvini a Roma. Il compito del Comitato è quello di richiamare le forze politiche e le istituzioni ad un ruolo di vigilanza.

 

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Cosa è in programma per il Settantesimo anniversario della Liberazione?
Prima di tutto iniziative diffuse sul territorio, le nostre 32 sezioni stanno lavorando praticamente in tutti i comuni della Brianza. Da monumenti da restaurare a iniziative con le scuole e incontri pubblici. A livello provinciale c’è un ciclo di incontri con insegnanti e docenti universitari giovani e brillanti (vedi calendario a fondo articolo). Sempre con le scuole stiamo facendo un lavoro che pensiamo di chiudere a giugno con una grande manifestazione al teatro Manzoni di Monza e la presenza di un’alta rappresentanza istituzionale. La terza iniziativa è la settima festa a Besana Brianza. Ai comuni abbiamo chiesto di esporre un drappo, un segno visibile dell’anniversario.
A Milano infine stiamo lavorando per un 25 aprile ancora più significativo del solito (il calendario degli eventi è online qui).

Come si evita il rischio del rito, della cerimonia che stancamente si ripete, della commemorazione imbalsamata?
È un rischio serio e il proliferare di giornate della memoria, del ricordo eccetera lo ha accentuato. La ricetta non c’è, quello che cerchiamo e pensiamo di fare noi è di essere il meno rituali possibile, con iniziative molto poco commemorative e più di sostanza. Come appunto il ciclo di incontri o la pubblicazione del libro di Alzati.

 

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Quella del linguaggio e degli strumenti per approcciare soprattutto i giovani è una questione importante.
È un enorme problema, in particolare nelle scuole. Venendo meno la generazione di quei partigiani che quando entravano nelle classi avevano un rapporto emotivo molto forte, non abbiamo più il valore della testimonianza diretta. Stiamo però provando strumenti nuovi come le Lim e i supporti multimediali.

Come vengono conservate e tramandate le testimonianze?
Principalmente con gli istituti storici della Resistenza, diffusi a livello nazionale. In Lombardia li troviamo a Milano, Bergamo, Como, Sesto San Giovanni. Come Brianza non abbiamo una documentazione molto ricca, ma in questi anni abbiamo cercato di recuperare il recuperabile, restaurando filmati degli anni Sessanta o sposnsorizzando volumi come quelli di Pietro Arienti. Con il Comune di Monza e la Provincia stiamo tentando di dare vita ad una “casa della memoria”. Un centro di documentazione che raccolga quanto è disperso nei vari archivi.

 

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Gli autori di Vorrei
Antonio Cornacchia
Antonio CornacchiaWebsite: www.antoniocornacchia.com

Sono grafico e art director, curo campagne pubblicitarie e politiche, progetti grafici ed editoriali. Siti web per testate, istituzioni, aziende, enti non profit e professionisti.
Scrivo soprattutto di arti e cultura.

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