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BandAutori 2. Nel secondo episodio della rubrica musicale si analizzano i nuovi dischi di due nomi storici ma profondamente diversi tra loro della musica italiana: i Nomadi e Flavio Giurato, tra conferme e sorprese, nuove sfide e legami col passato

 

Nomadi “Lascia il segno” (Artist First)

Dici Nomadi e direttamente vai al taglia e incolla/prendi e porta a casa del Bitt italiano. Quello più imparentato con il Pop-Sixties d’Oltremanica e molto meno con i percorsi della Beat Generation di Jack Kerouac, Lawrence Ferlinghetti, John Giorno, Allen Ginsberg. I Nomadi sono la più longeva band italiana. Migliaia di concerti, la loro principale fonte d’attrazione. Una valanga di dischi. Un affollato fan-club iperattivo. Uno zoccolo duro che li segue ovunque e a prescindere (quasi, quasi come i Phish e i Grateful Dead negli Stati Uniti). Dai loro esordi, inevitabilmente, alcune cose sono cambiate. Non c’è più il carisma di Augusto Daolio, ma c’è ancora l’inossidabile Beppe Carletti. Band credibile, nel suo muoversi trasversale e senza pregiudizi (dalle manifestazioni mainstream alle iniziative a scopo sociale e umanitario). “Lascia il segno” è un disco sì sufficiente… ma si può dare di più. Liriche di amori, rabbie e speranze. Ma anche sonorità con qualche caduta di tono e talvolta l’annodarsi un po’ monocorde. Insomma, un disco facoltativo. Che nulla aggiunge e nulla toglie al già sentito. 10 canzoni, da annotare: “Non c’è tempo da perdere”, pimpante e immediata, “Figli dell’oblio”, vademecum tra l’ieri e il domani, “Tutto vero”, gradevole frammento pop-rock. E se anche l’occhio vuole la sua parte, ecco il tutto servito in un cofanetto cartonato. Dentro, un booklet con i testi dei brani e un mini-calendario “nomade” in cui sono segnalate le fasi salienti della loro carriera. Dal 1963 in poi.

Voto: 6,5 (Massimo Pirotta)

 

Flavio Giurato – La Scomparsa di Majorana ( Entry Edizioni Musicali)

Dimenticatevi dei cantautori “moderni”, spesso capaci solo di sterili giochi di parole e di descrizioni calligrafiche ma poco approfondite della realtà. Dimenticatevi anche di quelli storici, anni Sessanta-Settanta, e degli steccati entro cui spesso si muovevano. Flavio Giurato è infatti un caso a parte nella storia della canzone d’autore italiana, fin dagli esordi proprio sul finire degli anni Settanta e per tutta la sua carriera, fatta da lunghi anni di silenzio e da dischi meditati e figli di libertà creativa e sperimentazione come quelli di pochi altri, forse i soli Claudio Rocchi e Fausto Rossi, anche se agivano in ambiti sonori diversi. In questo “La scomparsa di Majorana” Giurato decostruisce e ri-costruisce ancora una volta la sua poetica, puntando su arrangiamenti elettro-acustici in cui la chitarra spesso divaga verso territori jazzati, narrando storie per nulla banali, immaginifiche e dense di significati, in brani da ascoltare e riascoltare per poterne comprendere appieno la portata. Spiccano in particolare “Tres Nuraghes”, storia tragica ambientata in Sardegna,  “I cavalieri del re” e “La banda dei Topini”, che narrano invece dell’Italia tra metafore ardite e trasfigurazioni nel fiabesco, e naturalmente la title-track, che ci fa venire il dubbio che forse sparire sia una giusta soluzione, specie in questo mondo dove “La grande distribuzione” ci divora e si porta via anche il disco con l'omonimo brano folle, come folli siamo noi consumatori post-ideologici. Un disco oltre, un disco enorme.

Voto: 9 (Fabio Pozzi)

 

Altre novità discografiche:

Africa Unite “Il punto di partenza”, Alice Tambourine Lover “Like A Rose”, Francesca Belmonte “Anima”, Bisca “Collezione 1982-1984”, Alessio Bondì “Sfando”, Paolo Bonfanti “Back Home Alive”, Boombadash “Radio Revolution”, Breznev Fun Club “Il misantropo felice”, Sofia Brunetta “Former”, Le Canzoni da Marciapiede “Un circo di paese”, Coconuts Killer Band “Coconuts Killer Band”, Valerio Corzani e Stefano Saletti “Caracas”, Mariangela D’Abbraccio “E chi mo canta appresso a me?”, Dada Circus “Lato del cerchio”, Sebastiano De Gennaro “All My Robots”, Delirium IPG “L’era della menzogna”, Luca Gemma “Blue Songs”, Mauro Ermanno Giovanardi “Il mio stile”, Gnola Blues Band “Down The Line”, Luigi Grechi “Tutto quel che ho” (3 cd box set), Macelleria Mobile di Mezzanotte “Funeral Jazz”, Novecento “Surrender”, Officina Zoè “Mamma sirena”, Osanna “Paleopolitana”, Fabrizio Poggi “Il soffio della libertà”, Rock’n’Roll Kamikazes “My Town”, Marco Rovelli “Tutto inizia sempre”, Etta Scollo “Canta rò in trio”, Spettri “2973 la nemica dei ricordi”, Margherita Vicario “Minimal Music”, Autori vari “Sotto il cielo di Fred. Tributo a Fred Buscaglione”

Gli autori di Vorrei
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi

Nasce nel 1984. Studi liceali e poi al Politecnico. La grande passione per la musica di quasi ogni genere (solo roba buona, sia chiaro) lo porta sotto centinaia di palchi e ad aprire un blog. Non contento, inizia a collaborare con un paio di siti (Indie-Eye e Black Milk Mag) fino ad arrivare a Vorrei. Del domani non v'è certezza.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.