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 In mostra nella Villa Reale di Monza fino al 17 aprile 2016 "La flagellazione di Cristo” di Michelangelo Merisi

È in  mostra in queste settimane probabilmente l’opera più importante che la Villa Reale di Monza abbia mai ospitato. “La flagellazione di Cristo” è uno dei lavori più noti di Michelangelo Merisi, cioé Caravaggio, e resterà esposto nel salone centrale sino al 17 aprile 2016. Dettaglio non trascurabile è l’ingresso gratuito, grazie all’impegno del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e del settimanale Il Cittadino, oltre che di una lunga lista di partner, sponsor e collaboratori. La mostra, curata da Andrea Dusio e Sylvain Bellenger, vede la presenza di questa sola grande tela - circa 2 metri per 3 - nel solco di una tendenza che già a Palazzo Marino, a Milano, vede da alcuni anni arrivare singole opere di grande richiamo nel periodo natalizio e che, a Monza, ha visto lo scorso anno un primo tentativo con la molto più modesta tela raffigurante San Francesco in meditazione, attribuita allo stesso Caravaggio.

In prestito dal Fec (Fondo degli edifici di culto del Ministero degli interni), il dipinto è da alcuni decenni esposto al Museo di Capodimonte a Napoli, città dove fu realizzato dall’artista in fuga da Roma intorno al 1609 e per la cappella De Franchis nella Chiesa di San Domenico Maggiore.

Risale dunque agli ultimi anni di vita del pittore lombardo, sulle cui note vicende biografiche crediamo sia inutile soffermarci. Per l’iconografia facciamo qui ampio riferimento al ricco, prezioso testo del curatore (qui lo trovate in versione integrale):

«(...) Il Caravaggio sceglie dunque un'impaginazione che, almeno sotto il profilo iconografico, segue la tradizione. Cristo indossa unicamente il panno attorno ai fianchi, ed è circondato da tre carnefici. Quello di sinistra lo tiene per i capelli, quello di destra lega le corde attorno ai polsi del condannato e il terzo sta preparando un nuovo fascio di verghe. Se per la figura a destra abbiamo già citato la possibile relazione esistente con il fossore di Siracusa, segnalata dal Bologna (ma il rapporto tra esempio e citazione potrebbe anche essere rovesciato), per l'aguzzino di sinistra la critica è concorde nel riconoscere il modello nello schiavo presente in un'altra “Flagellazione di Cristo” legata alla produzione del primo periodo napoletano, quella ora al Musée des Beaux Arts di Rouen.

 

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Caravaggio, “Flagellazione di Cristo”, Rouen, Museé des Beaux Arts

 

Il dipinto in questione, acquistato nel 1955 quando era attribuito a Mattia Preti, non è documentato, ma è stato riconosciuto come autografo da Denis Mahon nel 1956 e confermato da Longhi nel 1960; è interessante notare come, alla coincidenza del modello corrisponda però la scelta di utilizzare un altro tipo per il carnefice che stringe i capelli di Cristo. Un gesto questo che ricordiamo anche in un altro quadro riferito al Merisi, l' “Incoronazione di Spine” appartenente alla Cassa Risparmio e Depositi di Prato, e commissionato probabilmente dal nobile Massimo Massimi.  L'uno e l'altro dipinto, quello di Rouen e quello di Prato, sarebbero transitati dalla collezione napoletana del marchese Fernando Vandeneynden, anche se il secondo è quasi sicuramente di realizzazione romana ante 1605. La circostanza è significativa, perché l' “Incoronazione di Spine” di Prato, unitamente a quella più nota che appartiene alle collezioni del Kunsthinstorisches Museum di Vienna, costituisce un precedente per la redazione di un “Cristo alla Colonna” che oggi conosciamo solo attraverso tre copie, rispettivamente nelle collezioni civiche di Macerata, al Museo Ursino di Catania e nella collezione Camuccini di Cantalupo Sabino. Tra questo gruppo di opere, che a loro volta ne evocano altre (in primis, per la postura del “Cristo alla Colonna” la stessa “Flagellazione” di Sebastiano del Piombo, e poi, per l'astante vestito da armigero nella “Incoronazione di Spine” di Vienna, la “Crocifissione di Sant'Andrea” di Cleveland), esiste un sistema di relazioni complesso, che porta a pensare che l'inserimento di una figura di mediazione ottica tra il piano della scena e quello dello spettatore nel dipinto di san Domenico Maggiore sia frutto di una lunga meditazione che il Merisi ha condotto prima a Roma e poi a Napoli, e che riguarda quella ricerca di un osmosi tra il quadro e chi la osserva che rappresenta uno degli elementi ricorrenti lungo tutto il corso del suo operato. E d'altronde le ricorrenze non si limitano a questo: “Incoronazione di spine” di Vienna, le copie del perduto “Cristo alla Colonna” risalente al primo periodo napoletano e la “Flagellazione di Cristo” di san Domenico Maggiore condividono infatti anche uno stesso imprinting classico, che si sostanzia nel richiamo all'Ercole, derivato da un torso antico e mediato dalle elaborazioni cinquecentesche nella scia di Michelangelo.»

 

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Caravaggio, “Incoronazione di Spine”, Prato, Collezione Cassa di Risparmio

 

Un dipinto – scusate l’ovvietà – molto caravaggesco, quantomeno se pensiamo alla produzione di quella fase della sua vita: ampie campiture brune, i corpi tagliati dalla luce radente, la tavolozza ridotta a poche tinte. Cioé gli strumenti che hanno reso noto, ammirato e imitato uno stile drammatico, essenziale e oltremodo suggestivo i cui seguaci si moltiplicarono, all'epoca, per l’Europa intera.

È indubbiamente una grande occasione per ammirare dal vero un’opera importante, sempre che ciò non diventi una banale visita mordi e fuggi, solo per dire di esserci stati. Che è il dubbio più grande che questo tipo di mostra si porta dietro. Noi consigliamo vivamente di leggere il saggio di Andrea Dusio (siamo molto felici di poterlo presentare ai nostri lettori per gentile concessione dell’autore) per contestualizzare il dipinto e carpirne anche i dettagli, quelli più evidenti come l’aggiunta laterale e quelli nascosti come il ritratto coperto visibile solo grazie alle radiografie. Poi magari si verrà invogliati a seguire le orme di Merisi, quelle più vicine (all’Ambrosiana e a Brera) o quelle un po’ più lontane (le meraviglie romane di San Luigi dei Francesi e Santa Maria del Popolo, giusto per ricordare le più note) fino a quelle della stessa Napoli, della Sicilia, di Malta; per non parlare dei lavori finiti nei musei di tutto il mondo.

 

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Andrea Dusio presenta la mostra alla stampa

 

È, quello dello spostamento delle opere dalla loro sede abituale, argomento di dibattitto infinito. Sostanzialmente c’è chi vorrebbe la massima libertà di movimento (qualcuno ricorderà la proposta di portare i Bronzi di Riace all’Expo) e chi invece sostiene che esse vadano viste nel loro contesto e comunque preservate dai rischi che gli spostamenti evidentemente comportano. Noi, assai modestamente, pensiamo che non esista un metro univoco per misurare la giustezza di uno spostamento. Certo esistono dei criteri ineludibili: la serietà scientifica (la storia dell’arte non deve essere vassalla della spettacolarizzazione) ma prima ancora la sicurezza. Ci sono opere la cui integrità non può essere mai messa in pericolo, il nostro compito - meglio ricordarlo una volta in più - non è quello di sfruttare l’eredità che abbiamo ricevuto quanto piuttosto di lasciarla a nostra volta in condizioni pari se non migliori ai nostri eredi. La “flagellazione” non ci risulta essere opera particolarmente delicata ed è abitualmente esposta a Capodimonte, che non è la sede per cui fu realizzata. Certo, a Monza non è accompagnata dalle delizie e dal contesto artistico e storico partenopeo. Per quello l’unica è prendere il treno in direzione Sud.

 

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La Flagellazione di Cristo del Caravaggio dal Museo di Capodimonte

Mostra a cura di Andrea Dusio e Sylvain Bellenger
Coordinamento generale: Lorenzo Lamperti e Samuele Sanvito

Reggia di Monza
Primo Piano Nobile, Salone delle Feste

Orari:
da martedì a domenica ore 10 – 19;
venerdì ore 10 – 22;
lunedì chiuso (aperto lunedì 28 marzo)

INGRESSO LIBERO CON BIGLIETTO OMAGGIO
DA RITIRARE IN BIGLIETTERIA
(chiusura biglietteria 1 ora prima)

#caravaggiomonza | reggiadimonza.it/caravaggio

Gli autori di Vorrei
Antonio Cornacchia
Antonio CornacchiaWebsite: www.antoniocornacchia.com

Sono grafico e art director, curo campagne pubblicitarie e politiche, progetti grafici ed editoriali. Siti web per testate, istituzioni, aziende, enti non profit e professionisti.
Scrivo soprattutto di arti e cultura.

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