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Uno dei temi fondamentali dello sciopero di è quello del tempo per vivere e realizzarsi. Un tempo da rivendicare per non fare la fine del ricco e stanco Giappone.

Uno spunto in più parlando di sciopero, donne, lavoro, mi viene oggi dalla stesura di alcuni appunti per le prossime lezioni che dedicherò al Giappone. A volte è strana la geografia dei pensieri.

Il Giappone come noto sta vivendo una crisi demografica importante: il paese negli ultimi due anni ha perso quasi 2 milioni di cittadini. Secondo i dati pubblicati un anno fa dal governo Abe nel 2060 ci saranno 87 milioni di giapponesi (contro i 126 di oggi) e metà di questi avrà più di 65 anni. 

Analizzando i vari studi che circolano sul tema si trovano motivazioni disparate. Più o meno tutte concordano però sul fatto che il calo dei matrimoni e il calo dei tassi di fertilità siano dovuti al numero di ore lavorative e alla netta predominanza dei temi lavorativi tra le priorità di vita dei giovani; al fatto che molte ragazze preferiscano non sposarsi o rimandare l'impegno coniugale per dedicarsi alla carriera o per timore di perdere il lavoro. Il governo è intervenuto negli ultimi mesi cercando di promuovere forme di lavoro flessibile che consentano alle donne di conciliare casa e lavoro, una di quelle misure che sa tanto di foglia di fico messa sopra alle vergogne di un mondo del lavoro che torna ad essere violento.

Non si tratta solo di calo demografico, in ogni caso. Per quel che possano valere questo genere di statistiche in molte concordano sul fatto che i giapponesi pur ricchi si dichiarano infelici, insoddisfatti e stressati dal lavoro. Il paese fa segnare alti tassi di suicidi (sopra i 30.000 casi/anno) e un milione di hikikomori, giovani che si ritirano dalla società per vivere nella propria stanza tra videogame e amore virtuale. Un problema che, tra l'altro, pare stia iniziando a materializzarsi qua e là anche nella nostra penisola.

Per non fare questa fine, uno dei temi più importanti che andrebbero rivendicati con lo sciopero di oggi credo sia quello del “tempo”. Del tempo per vivere, per realizzare pienamente le persone che siamo, come prevede la nostra Carta costituzionale. E' un tema caro a donne e uomini, che dovrebbe generare un'ampia riflessione sul modello sociale ed economico che andiamo costruendo e di cui invece non si parla mai. E' un argomento di volta in volta esiliato o delegittimato; non c'è più forza politica che prenda seriamente le sue difese.

Nell'epoca della competizione globale il tempo per vivere sembra classificato come lusso e non come diritto. É qui, dentro questa mancanza via via più vasta, che si annidano – a mio modo di vedere – alcune delle cause alla base di questo momento di crisi culturale e sociale. A scuola incontro studenti che sembrano isole senza famiglie, genitori che sanno poco o nulla dei loro figli. Fuori da scuola mi sembra di vedere sempre più cittadini senza tempo per informarsi o per  leggere un libro. Lavoratori senza tempo per l'amore. Stare coi figli, studiare, leggere, fare una passeggiata, parliamo di cose basilari che, pure, sembrano essere spesso scambiate come attività di lusso o passatempi confinati alle vacanze.

 

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Gli autori di Vorrei
Alfio Sironi

Mi occupo di tematiche geografiche dentro e fuori la scuola.

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