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Dossier: Spazi comuni, luoghi di socializzazione. Un tuffo nella società del controllo, accompagnati dalle teorie di Gilles Deleuze e Michel Foucault

 

Abbiamo scritto di spazi urbani e di non-luoghi in questo servizio del 16 agosto 2008, cioè a qualche mese dalla nascita della rivista Vorrei. Il servizio si concentra negli aspetti architettonici e urbanistici. Lo stimolo a scrivere di questo è contestuale alla realizzazione del discusso Auchan di Monza: ennesimo centro commerciale localizzato ai margini del confine comunale, con un processo di realizzazione maturato durante l'avvicendarsi di ben tre Amministrazioni Comunali, di cui una, l'Amministrazione Faglia, ha cercato di opporsi per poi soccombere alla sentenza del Consiglio di Stato. Nel caldo di agosto i monzesi vedono lievitare un nuovo mostro che interrompe il Cannocchiale di Viale Cesare Battisti, creato due secoli prima nel contesto viario di collegamento dalla Villa Reale a Milano.

Si può dire, ancora di più dopo lo spostamento di Esselunga in Viale Stucchi, di essere in presenza del fallimento della politica territoriale: i processi e le strategie di localizzazione dei grandi centri commerciali passano imperterriti sopra la capacità di governo e della pianificazione possibile della comunità locale e anzi determinano l'esatto contrario dell'urbanistica sostenibile e auspicabile. Al posto del parco di cintura la città si scopre essere contornata dagli scatoloni della grande distribuzione, con tutte le conseguenze nefaste di svuotamento e di perdita identitaria del centro urbano. C'è da rilevare tuttavia che l'attuale Amministrazione Scanagatti appare cosciente di questo in quanto ha in programma una serie di progetti finalizzati a bilanciare almeno in parte l'evidente squilibrio.

Siamo uomini o consumatori? Questo è il titolo dell'editoriale del dossier del mese: abbiamo iniziato a trattare il tema declinandolo nei diversi aspetti dei luoghi, al loro mutare urbanistico e sociale, alla loro riscoperta culturale, al loro essere virtuali, alla loro dimensione socializzante o al loro contesto locale.

In questo servizio vogliamo provare a trattare la trasformazione dei grandi spazi-contenitori-sociali del XX° secolo, con un tuffo storico a-territoriale nel cuore della trasformazione sociologica e antropologica e da li intravedere la società del controllo prossima a venire.

 

 

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 Torri Bianche a Tashkent, Uzbekistan

 

La società del controllo

 

La prima volta

La prima volta che ebbi la percezione di trovarmi in un non-luogo capitò nel 1980. Allora non avevo nessuna conoscenza della materia, né si poteva in quel periodo storico averla con gli strumenti e le fonti a disposizione. Perciò la consapevolezza dell'intuizione avvenne anni dopo. Il non luogo percepito non fu il Carrefour di Carugate, primo grande centro commerciale impiantatosi alla fine degli anni '60: fu invece incredibilmente la mensa aziendale.

Mi capitò di trovarmi a pranzo dopo uno sciopero generale. Di solito quando lo sciopero era di quattro ore nel viaggio di ritorno si sostava a mangiare un panino in compagnia per poi rientrare al lavoro nel pomeriggio. Quel giorno per una circostanza imprevista dovetti rientrare prima degli altri compagni. Mi ritrovai in un ambiente stranito: la ripetizione delle abitudini, il sedersi in un determinato posto alla stessa ora, il condividere la convivialità con determinati compagni, non casuali ma scelti per affinità e vicinanza nelle mansioni di reparto e infine la luminosa luce di maggio, che si irradiava dai grandi lucernari, mi portò a percepire uno spazio ristretto e di transito temporaneo. Invece sentivo fortemente essere luogo il fuori, la piazza della manifestazione sindacale, con la vitalità e la moltitudine dei partecipanti da poco abbandonati.

 

Deleuze e Foucault

Gli studiosi francesi che abbiamo preso a riferimento fanno parte della scuola di pensiero filosofica conosciuta comunemente come Esistenzialismo. Le tesi si basano su studi scientifici e non su teorie politiche: non hanno infatti nessun legame diretto con la politica, se non una breve militanza di Foucault nel Partito Comunista Francese e di Felix Guattari che si unì successivamente al gruppo proveniente dalla psichiatria, nell'estrema sinistra francese. Non ci sono tesi di complottismo: si prendono semplicemente in analisi i processi complessi di lunghi archi epocali.

Tra gli anni '80 e '90 Gilles Deleuze e Michel Foucault analizzano in alcune pubblicazioni le trasformazioni in atto nella società. Partendo dalla crisi dei dispositivi definiti “della disciplina” e individuati nella famiglia, nella fabbrica, nell'ospedale, nella prigione e nella scuola i due studiosi francesi definiscono tentativi di prolungare l’agonia le riforme propagandate dai ministri nel settore del lavoro, della previdenza, della educazione e della sanità.

La società della disciplina secondo Foucault inizia nel XVIII° secolo. Napoleone viene considerato come il principale convertitore della nuova società. Il modello attraversa il XIX° secolo per cominciare ad esaurirsi nel XX° secolo dopo la seconda guerra mondiale. Foucault descrive gli ambienti citati come spazi di reclusione.

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Torri Bianche a Viemercate, Italia

 

Il controllo nella fabbrica

L'evidenza del modello viene riconosciuta con più facilità nella fabbrica: concentrare; suddividere nello spazio; ordinare nel tempo; comporre nello spazio-tempo una forza produttiva. Per Foucault a questo modello seguirebbe la società di sovranità: l'obbiettivo e le funzioni sarebbero assai diverse dal precedente: prelevare piuttosto che organizzare la produzione, decidere della morte piuttosto che gestire la vita. In altre scuole di pensiero vengono comunemente usati altri termini per identificare i passaggi epocali: fordismo o post fordismo, per il sistema produttivo nato tra le due guerre mondiali, oppure taylorismo e post taylorismo per identificare il passaggio dal sistema gerarchico-disciplinare al sistema di controllo che va dall'inizio del XX° secolo fino all'avvento nel secondo dopoguerra del sistema produttivo cosiddetto toyota, basato sulla autodisciplina e l'autocontrollo di gruppo.

 

Il controllo nella rete

Stiamo attraversando dunque la trasformazione da società “disciplinare” verso quella che Deleuze chiama “società del controllo”. Nella nuova configurazione la società del controllo è una società in rete. Le grandi corporation globali hanno il predominio sulla società e con l’uso delle nuove tecnologie addirittura sono in grado di sovrastare le scelte degli stati nazionali.

In questa epoca la centralità si sposta così dalla realtà produttiva della fabbrica all’astrazione immateriale delle corporation. Prevale l’individualimo, la competizione sfrenata, il far da sé. Tendenze esasperate anche dalla necessità immediata di difendere il posto di lavoro o di conquistarsi condizioni vantaggiose. Nella rete gli individui diventano dividuali e ricomposti in massa campioni statistici, dati utili al mercato pubblicitario e alle banche. La rassicurante password personalizzata di accesso nasconde il monitoraggio in tempo reale delle abitudini e degli spostamenti di ogni ignaro singolo individuo.

 

Il controllo nel territorio

Avevamo già accennato alcuni di questi concetti in un servizio qui sul pendolarismo in Brianza: alla fine del pezzo c'è una riferimento agli studi sul carcere e sull'azienda totalizzante del sociologo Renato Curcio, già leader delle Brigate Rosse e recluso esso stesso per alcuni anni nelle famose super carceri italiane. Ciò che appare una libera circolazione degli individui, spostarsi per lavoro da un comune all'altro, in realtà cela una forma moderna di schiavitù e asservimento: in un sistema ad alta mobilità è più facilmente gestibile la selezione della forza lavoro subordinato, in quanto lo spazio territoriale ampio e le normative contrattuali consentono la diluizione e la disarticolazione dei conflitti.

 

Il controllo nel carcere

Sotto riprendiamo i concetti con un breve inserimento di testo del L'altro diritto, consultabile qui.

Gli studiosi successivi a Foucault hanno sottolineato come il modello descritto dal filosofo francese, imperniato sulla chiusura e sul modello della gabbia cellulare, sia stato sostituito, nella seconda parte del Novecento, da un controllo del flusso. Attualmente, infatti, il problema non è tanto quello di sorvegliare e gestire l'identità dello stato nazione come identità chiusa, quanto quello di gestire e monitorare i flussi di movimento degli individui, delle merci e delle informazioni personali... ( ) Ma è ormai chiaro che le società del controllo prenderanno il posto delle società disciplinari. Deleuze afferma che chiedersi quale sia, tra i due, il regime più duro o il più tollerabile, è inutile: in entrambi si riscontrano liberazioni ed asservimenti.

 

Il controllo nei media

Dal carcere ci spostiamo ora in un altro spazio: nella crisi del giornalismo scientifico. In breve questo documento di Yurij Castelfranchi, riprendendo il concetto di società del controllo di Deleuze, si spinge ad analizzare lo stato attuale delle mutazioni. La crisi del giornalismo più che un deficit di informazione riguarda principalmente una crisi occupazionale: viene a mancare il ruolo di giornalista professionista fulltime e al suo posto si inserisce gradualmente un giornalismo fai da te, sostenuto spesso dalla attività di volontariato e poco retribuita di giovani scienziati: << Ciò che è in crisi, insomma, non solo nel giornalismo scientifico, ma nella comunicazione di massa tout-court, sono i ruoli di watchdog e di interprete critico del presente >>. E ancora, viene rilevata una profonda mutazione, venendo a mancare il legame territoriale del giornalista classico: << In una società fondata su grandi dispositivi disciplinari e grandi narrative, i ruoli del giornalista (narratore, informatore, interprete, watchdog), e i territori che abita, sono relativamente ben definiti. In una società fondata sulla moltiplicazione accelerata di flussi di dati, sulla ramificazione capillare di reti, sulla modulazione di tali flussi, il lavoro del giornalista diventa ibrido, e poggiato su sabbie mobili epistemologiche, occupazionali e politiche >>.

 

Come difendersi dal controllo?

La risposta la possiamo trovare nel nostro spazio interno, oppure se siamo irriducibili del web 2, basta digitare la domanda in un motore di ricerca e consultare le risposte. In questo caso ne abbiamo scelta una intelligente e semplice da recepire nel sito di Bruno Bonsignore:

Come possiamo difenderci, così ammaliati dal “nuovo” da non avere nemmeno il tempo di consumarlo? Attingendo al nostro Capitale Sociale per riscoprire la calma del take your time, il conforto del dejà-vu, il piacere della riflessione e contrapporli alla mobilità esasperata del “connesso sempre e ovunque”. Il wireless crea isolamento, ostacola la condivisione e minaccia di renderci insensibili alla solidarietà. Dobbiamo imparare a controllare le cause dell’oblio individuale che ci sommerge: essere avari con la TV, ridurre i tempi al PC, centellinare il cellulare, lasciare a casa il portatile, dimenticare il palmare, sfilare gli auricolari e ricominciare a guardarci e ascoltarci. Dobbiamo essere meno audience ma anche meno interattivi!

Dobbiamo recuperare un po’ di noi stessi per meritarci quella sensazione perduta di protezione reciproca ringraziando Dio che l’arte, la cultura, la Tradizione col suo apparente vecchiume sono ancora lì, pronte a lasciarsi scoprire e aiutarci.

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Fiera di Milano

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.