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Maternità, servizio sanitario, accoglienza. Il racconto in prima persona nello Spazio Colore di Novo Millennio

 

Non escono male i servizi sanitari monzesi dall’analisi qualitativa svolta tra un gruppo di giovani mamme straniere che un pomeriggio presso lo Spazio Colore della Cooperativa di Novo Millennio hanno deciso di raccontare e condividere la loro recente o meno recente esperienza di partorienti in terra straniera. Lampeggia un segnale di assenza per quanto riguarda reti e iniziative che vadano al di là dei servizi e delle informazioni fornite dalle istituzioni, compreso il kit–valigetta per mamme che alcune aziende ospedaliere forniscono in versione multilingue e a volte multimediale. Emerge il bisogno di luoghi di condivisione aperti a tutti per confrontarsi e conoscere le somiglianze e le differenze tra donne di diverse età ed esperienze, focalizzandosi sia sugli aspetti positivi sia su quelli negativi della maternità.

Essere mamme spesso ci fa sentire tutte quante inadeguate e molto sole

“Essere mamme spesso ci fa sentire tutte quante inadeguate e molto sole, è una sensazione che non ha lingua né nazionalità – ha raccontato M. – C’è sempre un forte bisogno di non essere e non sentirci sole ma nel caso di donne immigrate è più difficile perché non si hanno vicino né la famiglia, né le amiche”. “Nei paesi arabi – ha raccontato S. – Le neomamme rimangono a letto 40 giorni e si occupano di tutto le altre donne, è anche per questo che spesso in ospedale i medici italiani fanno fatica a far alzare una neomamma araba e, scontrandosi con questa abitudine culturale, nascono incomprensioni. L’uomo, inoltre, da noi resta molto distante e tutto viene gestito dalle donne”. A smentire quest’ultima affermazione che rappresenta anche lo stereotipo più comune in Italia, quello dei mariti arabi rigidi, severi e poco collaborazionisti, M. ha raccontato di quanto ha pianto perché la bimba non smetteva di strillare e di quanto il marito, coetaneo e ugualmente inesperto, l’ha aiutata asciugando lacrime di madre e figlia assieme. Suggestive anche le immagini che le parole di S. hanno dipinto: quelle del primo bagnetto, un’impresa affrontata assieme al marito “innaffiando” con il getto della doccia, a 4 mani, la piccola G. e telefonando poi alla mamma che, dall’altro capo del mondo, le ha dettato gesto per gesto il vademecum del bagnetto.

In ospedale le neomamme si sono trovate molto bene, “Da noi si viene spesso dimesse subito, o almeno così mi hanno raccontato le amiche che hanno avuto un figlio là, perché costa molto stare nelle strutture private e se si riesce ad evitare di pagare una notte….- ha raccontato G. – Le strutture pubbliche non sono come qui e nessuno vuole andarci, meglio stare poco in ospedale ma essere trattate bene”.

la mia pediatra non parla assolutamente inglese, non sono riuscita a spiegarle cosa aveva il bambino e mio figlio ha rischiato una pericolosa infezione all’orecchio

Qualcuno punta il dito contro l’intolleranza del personale infermieristico ma si tratta di episodi sparsi, se proprio si vuole segnalare un inghippo del sistema questo va cercato nella comunicazione e nell'assenza di poliglottismo del personale. “Io non parlo italiano ma spagnolo ed inglese, la mia pediatra non parla assolutamente inglese, non sono riuscita a spiegarle cosa aveva il bambino e mio figlio ha rischiato una pericolosa infezione all’orecchio – ha raccontato P. , boliviana – Non posso chiedere a mio marito di prendere ferie ogni volta che devo consultare un medico, e poi non è la stessa cosa”. Per questo tipo di problemi c’è un servizio del Consultorio di Monza (via De Amicis /via Boito), che mette a disposizione mediatrici culturali a fare da ponte tra servizi sanitari e utenti stranieri. “E’ un supporto importante ma molti pensano di doverlo pagare di tasca propria e quindi non lo richiedono - ha raccontato una delle operatrici – La nostra presenza eviterebbe molti altri problemi, ad esempio molte volte capita che vengano date delle informazioni parziali o sbagliate rispetto alle leggi e alle normative rivolgendosi a donne che, arrivate in Italia da poco, non hanno modo di verificare o essere aiutate a trovare la soluzione ai numerosi inghippi burocratici che la nostra società ancora presenta”. Ed è il caso di un’amica di G. che, qui in Italia da poco e incinta, si è sentita dire che se avesse partorito in ospedale sarebbe poi stata subito cacciata via assieme al bambino, “Tutto questo non fa che infondere timore nelle donne, paura e diffidenza nei confronti delle istituzioni e degli ospedali e alla lunga si creano grossi danni alla salute e al comportamento sia della donna sia del bambino” ha puntualizzato M.

Un altro fenomeno pericoloso, e sempre più frequente tra le neomamme straniere, è il rapporto di simbiosi che si viene a creare tra madre e figlio, “Il neonato diventa un’appendice da cui non si vogliono separare per 3-4 anni, così molte donne si rinchiudono nel proprio mondo e il figlio diventa quasi il loro sostegno e il loro unico scopo – ha testimoniato M. - A maggior ragione se attorno a loro non esistono spazi di condivisione e di apertura adatti e compatibili con le loro esigenze materne”. Si ritorna quindi alla necessità di spazi e luoghi da frequentare anche con il proprio figlio, ”L’immigrazione non fa che mettere in rilievo le mancanze che già esistono nel nostro sistema e nel nostro territorio – ha concluso M. – Questo accade, come abbiamo visto, per la maternità, come per tante altre problematiche”.

 

Servizi per le Famiglie Cooperativa NovoMillennio 

Essere Donna: è questo l’unico ma essenziale requisito per partecipare agli incontri di Spazio Colore un progetto che ogni venerdì offre la possibilità di svolgere attività creative, ricreative ed espressive: si parla di sé, si cucina, ci si scambia ricette o disegni per il ricamo, non ci sono limiti alle proposte da mandare al vaglio delle coordinatrici. A sostegno delle neomamme, inoltre, c’è anche uno spazio bimbi gestito da un’educatrice, Cristina Boeris, dotata della capacità di essere presente senza prevaricazioni di sorta.

Per informazioni e contatti su Spazio Colore: Laura Sala 3351882642, assistente sociale, oltre a lei, a dare colore ai venerdì pomeriggio, ci sono Tina Chicchelli, operatrice sociale,  Melania Cruez , operatrice interculturale e psicologa di santo Domingo e Naima, mediatrice culturale del Marocco. 

Divisi per genere ma entrambi coinvolti i genitori che partecipano alle due iniziative “Mammeinsieme” (lunedì 10-12) e “Papàinsieme” (giovedì 21-23), promosse dalla cooperativa NovoMillennio in collaborazione con la Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma e il dipartimento di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Monza. Si tratta di due percorsi di accompagnamento alla nascita con la presenza anche di medici specialisti, un momento di incontro dove si lavora sulle problematiche riportate dai partecipanti stessi. Per le mamme è sufficiente recarsi ad uno degli incontri per iscriversi mentre i papà devono inviare prima una email  di richiesta di partecipazione al nostro indirizzo  famiglieinsieme@novomillennio.it .

A chiudere il cerchio riunendo tutta la famiglia ecco altre due iniziative: “Famiglieinsieme”, un progetto che pensa all’intercultura e in particolare all’integrazione fra famiglie anche fra quelle italiane e straniere e “Bimbinsieme”. Quest’ultimo riunisce entrambi i genitori con prole sotto il tetto di un centro multietnico per l’infanzia con 24 bambini da 1 a 3 anni, di cui metà stranieri, seguiti a loro volta da un équipe anch’essa multietnica. Nel nido vige la pedagogia interculturale: grande attenzione infatti a mantenere le quote di iscritti tra italiani e stranieri, l’equilibrio multiculturale è la formula magica dell’armonia assieme all’attenzione ad accogliere i diversi significati degli accudimenti. Diversi modi di fare il bagnetto, il significato di una caramella concessa fuori orario, l’importanza di un orsetto da stringere in culla, il valore di un pianto disperato: ognuno reagisce a suo modo e secondo la propria cultura, per questo, una volta varcata la soglia di Bimbinsieme, è essenziale mettersi nell’ottica di dover tradurre i costumi propri ed altrui, di intraprendere un processo di decodificazione reciproca ben lontana dal voler identificare un comportamento giusto o sbagliato. Mentre alcuni lanciano l’allarme per la “Perdita di cultura e identità”, nelle aule colorate del nido si vuole conoscere per accettare, conservando il diritto di continuare ad agire come si crede ma acquisendo un comportamento di rispetto nei confronti delle modalità di educazione alternative se restano nei limiti della civiltà.