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A. è marocchino, ha 47 anni, 25 dei quali trascorsi in Italia. È sposato, senza figli, risiede a Casatenovo, nel cuore della Brianza lecchese, e fa l’idraulico a Milano. Questa è la sua storia.

 


Quando sei partito dal Marocco?
Nel 1982, sono stato in Francia, poi sono arrivato qui nel 1988. Sono regolare dal 1990.

Perchè sei partito?
Studiavo legge all’università e ho interrotto alla fine del primo anno. Non mi piaceva la situazione. C’era un re autoritario, Assan II. C’era la repressione. Chi lottava per i diritti umani veniva imprigionato. C’erano diversi prigionieri politici. Non c’era libertà d’espressione. Ho conosciuto diverse persone che sono state imprigionate per 18/25 anni. Recentemente c’è stata l’amnistia. I giornali e la televisione sono stati sempre controllati dal governo. Adesso abbiamo anche altri canali. Prima c’era più politica, ora si occupa anche di altro, ma tende a darci quello che vogliamo, non riflette la realtà, è strumentalizzata dal potere. La realtà è diversa da quello che si vede.
Se ora vado in Marocco mi sento straniero. Mi chiedono: “Sei immigrato in Marocco o sei immigrato in Italia?”, allora mi sento come una persona che si trova tra due paesi e che non sa dove sono le sue origini. Conosco le mie origini ma vivo qua e poi torno in Marocco e non c’è quel punto d’incontro… c’è una sorta di perdita d’identità, di dispersione. Sono diviso tra il paese in cui sono le mie origini e quello in cui c’è la mia vita economica, dove vivo.

Com’è la situazione ora in Marocco? Hai ancora dei contatti con la tua terra di origine?
Adesso dicono che l’economia del Marocco stia cambiando in meglio, che sia diventato più democratico. Adesso c’è la democrazia. Esiste ancora la corruzione: tangenti, anche nella burocrazia, per ottenere documenti, ad esempio. Non ho mantenuto un contatto vero e proprio col Marocco. Ci torno per 15/20 giorni ogni due o tre anni. Ora mi trovo come una persona straniera, anche quando torno a casa di mia mamma, non mi sento libero, sento il distacco.

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Foto di Eugenio Viceconte
(Tutte le foto di questo dossier, salvo dove indicato diversamente, non raffigurano gli intervistati)


Ci sono altri tuoi parenti in Marocco?
Mia nonna vive ancora in Marocco, insieme a mia sorella. Un’altra mia sorella vive in Francia. Un’altra ancora in Canada. In tutto, nella nostra famiglia, siamo in tre ad essere andati via dal Marocco.
Per quanto riguarda l’ambiente, c’erano problemi legati allo sfruttamento di risorse, ad esempio?
Ci sono giacimenti d’oro, rame e petrolio. Recentemente sono state licenziate tre persone, tra le quali il direttore di una televisione e un ministro, in seguito ad uno scandalo legato allo sfruttamento delle risorse. Avevo amici che lavoravano nelle miniere del sud del Marocco che recuperavano l’oro per conto delle famiglie reali, che non gestivano le risorse direttamente, ma tramite aziende.
Per quanto riguarda le risorse umane, la forza lavoro, è completamente lasciata a se stessa, con i suoi problemi. La televisione non si occupa dei problemi dei lavoratori. Non c’è assistenza per il rinnovo dei documenti. Mi è capitato di trovarmi in Marocco, nel 1996, con il permesso scaduto, ma non ho avuto nessun tipo di assistenza per riuscire a tornare in Italia.

Col tempo la situazione è cambiata?
Ad Assan II è succeduto il figlio. Sono state fatte diverse cose. Cose che avrebbero dovuto fare molto tempo prima però: come le strade o portare l’acqua nei pesi più isolati.

Come viene percepita l’Italia attraverso i media, televisione, giornali?
Ultimamente le cose sono cambiate dai tempi in cui sono arrivato, nei primi anni ’80. Ora c’è molta più discriminazione nei confronti degli stranieri. È strano giudicare una persona che lavora qua, con il sudore, la fatica, e poi trattarla così. Io ho sempre rifiutato i maltrattamenti della polizia nei confronti di civili, come gli studenti, per esempio. Se ho dei diritti come cittadino al mio paese, allora perché come straniero, qui non dovrei avere gli stessi diritti, essere trattato giustamente, politicamente parlando?
Con questo governo ho cominciato a non guardarla nemmeno più, la televisione. Queste cose mi toccano il cuore e mi spiace che un paese in cui si dice che c’è la democrazia si comporti così ingiustamente verso di noi. Mi sento perso in Italia, il governo non ti dà la possibilità di mettere radici qui. C’è sempre il rischio che ti mandino via, per la questione documenti. Non ti lasciano la libertà di sentirti italiano.

A proposito dell’Italia, senti anche in questo caso una strumentalizzazione dell’informazione?
Sì, la usano: quando hanno bisogno di arrivare ad un punto preciso, sfruttano gli stranieri. Chi è qui per lavorare non deve pagare per nessun motivo per i peccati di un’altra persona. Non è necessario discriminare tutti noi in quanto stranieri. Per far cosa, poi? Aumentare l’odio tra italiani e stranieri?

Leggi quotidiani italiani?
“Secondamano” per lavoro (ride). In Francia c’era una più netta distinzione tra giornali socialisti, di sinistra e di destra. Qui sfoglio il Giorno, conosco il Corriere della Sera e il Manifesto.

Hai conosciuto qualcuno qui? Che opinione ti sei fatto?

Ho tanti conoscenti italiani, sono presenti, sanno consigliarti se hai bisogno.

Ora hai problemi con i documenti?
No, ogni tanto vado a chiedere in comune per la casa popolare, ma mi dicono sempre di partecipare al bando, probabilmente non ho i requisiti.

Come hai conosciuto l’Angolo Giro?
La prima volta vi ho conosciuti nel comune di Lomagna, dove mi hanno indicato voi per i corsi di italiano per mia moglie.

Cosa ti aspettavi prima di venire qui e cosa hai trovato?
La vita non si basa solo sul lavoro, ma anche sulle attività sociali. Quando gli italiani sulla metropolitana si spostano, fa male. Geneticamente siamo tutti esseri umani, non so. Forse cambia il colore della pelle perché c’è il sole in un paese e in un altro meno… e uno ha la pelle scura e l’altro bianca.(ride). Non cerco la felicità nei soldi. Per me la felicità è poter dare un futuro ai miei figli. Quel tipo di felicità non credo ci sia, qua.
Le relazioni sociali sono più importanti dei soldi. In Francia c’era più apertura nei confronti degli immigrati. Qui se uno non lavora, se non fa come la formica (del racconto di La Fontaine, ride) è fregato. Quando, in un periodo è arrivata la disoccupazione, ho dovuto spendere tutti i miei risparmi. Il principale non pagava e mi sono trovato un altro lavoro. Negli anni ’80/’90 c’era molto più lavoro. Oggi devi dimostrare sempre di più.

Cosa ti aspetti per il futuro?
Già il presente è scuro, quindi cosa posso pensare per il domani? Viviamo adesso. Domani è un altro giorno. Vorrei garantire un futuro ai miei figli. Se ne avrò modo li farò studiare, perché mi è dispiaciuto lasciare l’università. Quello che potrò fare per loro lo farò.