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Il rapporto curato da Medici Senza Frontiere e Osservatorio di Pavia dimostra come le notizie scomode siano nascoste dai media che rifuggono dalla domanda fatidica: Perché succede? cosa c'è dietro?

 

Un paio di mesi fa Medici Senza Frontiere (MSF) insieme all’Osservatorio di Pavia (un istituto di ricerca e di analisi della comunicazione) ha pubblicato il rapporto “Le crisi umanitarie dimenticate dai media 20091. In esso, mentre MSF ha stilato una lista delle dieci emergenze più drammatiche del 2009, l’Osservatorio di Pavia si è occupato di analizzare quanto e come queste emergenze siano rappresentate nei principali telegiornali italiani (TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto).

La lista delle crisi dimenticate comprende sia una serie di paesi nei quali la popolazione civile è stata vittima inerme di conflitti in corso sia malattie e crisi sanitarie che continuano a essere dimenticate e/o sottovalutate:

 

 

 

  1. AFGHANISTAN: Impedito a molti civili di ricevere assistenza umanitaria. Con l’intensificarsi della guerra nel 2009, i civili devono far fronte alle ripercussioni dovute a un aumento della violenza che pervade tutto il paese. Il clima di insicurezza ha ulteriormente danneggiato un sistema sanitario già precario: solo pochi ospedali e centri di salute nei capoluoghi di provincia funzionano, ma a servizio ridotto.

  2. SOMALIA: L’estrema violenza ostacola i civili nell’accesso alle cure. Nel 2009 la popolazione somala ha continuato a essere vittima della violenza indiscriminata, mentre la siccità ha devastato parti del paese.

Milioni di persone hanno urgente bisogno di cure sanitarie, ma l’enorme divario tra le esigenze dei somali e la risposta umanitaria in materia continua ad allargarsi. I continui sequestri e le uccisioni di operatori umanitari internazionali e somali ostacolano la risposta delle organizzazioni umanitarie in un sistema sanitario vicino al collasso totale.

  1. PAKISTAN: civili intrappolati nella violenza. Il Pakistan è stato sconvolto da un’intensa violenza per tutto il 2009. Il conflitto tra l’esercito pakistano e i gruppi armati nella North West Frontier Province (NWFP) e nelle Federally Administered Tribal Areas (FATA) ha provocato lo sfollamento di oltre due milioni di persone, mentre svariati bombardamenti nelle principali città pakistane hanno ucciso centinaia di persone e ne hanno ferite migliaia. Nella provincia del Balochistan, il lungo conflitto che infiamma la zona continua a rimanere nell’ombra dei riflettori dei media. In tutto il paese, la gente è vittima di una totale mancanza di cure mediche e il Pakistan presenta uno dei più alti tassi di mortalità materno-infantile della zona.

  2. MALNUTRIZIONE INFANTILE: I fondi assolutamente inadeguati minano i risultati ottenuti nel trattamento di questa malattia. Si stima che ogni anno da 3,5 a 5 milioni circa di bambini muoiano per cause legate alla malnutrizione – un decesso ogni sei secondi. Eppure la malnutrizione è una malattia facile da prevenire e da curare. Negli ultimi anni è accresciuta la nostra conoscenza sulla malnutrizione infantile e si è creata una maggiore consapevolezza a livello internazionale sulla somministrazione di cibo terapeutico pronto all’uso (ricco di proteine, vitamine e sali minerali) per curare le forme più severe nei bambini al di sotto dei cinque anni. E allora, perché 178 milioni di bambini, di cui 20 milioni in forma grave, continuano a soffrire di questa malattia? La risposta si trova in parte nella mancanza di fondi adeguati per programmi di nutrizione efficaci.

  3. SUDAN: condizioni drammatiche per le popolazioni del Sudan meridionale e del Darfur. L’emergenza medica umanitaria è continuata per tutto il 2009 in varie parti del paese. Oltre alla crisi in corso nel Darfur, la popolazione del Sudan meridionale ha dovuto far fronte a un aggravarsi della situazione causato da un incremento della violenza, dal diffondersi di epidemie e dallo scarso, se non inesistente, accesso alle cure mediche.

  1. AIDS: gli scarsi finanziamenti hanno gravi conseguenze su milioni di persone. Nel 2005 i leader mondiali, in occasione del G8 in Scozia, si sono impegnati a sostenere la copertura finanziaria per le cure dell’AIDS in tutto il mondo entro il 2010, maora quegli stessi leader stanno venendo meno agli impegni presi, lasciando i governi e milioni di persone affette da HIV/AIDS in una grave situazione. Si stima che circa 6 milioni di persone malate di HIV/AIDS nei paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di terapie antiretrovirali. L’AIDS è una delle principali cause di morte tra le donne in età fertile in tutto il mondo e rappresenta oltre il 40% dei decessi di bambini sotto i cinque anni nei paesi a più alta prevalenza di virus HIV.

  2. YEMEN: il nord del Paese nella morsa del conflitto. Le cinque guerre dall’esito incerto scoppiate nel governatorato di Saada, nello Yemen settentrionale, hanno portato a una sesta guerra, finora la più intensa. L’esercito yemenita ha incrementato la sua offensiva contro un gruppo armato reclutato fra la comunità dominante nella regione con un esito, dal punto di vista umanitario, senza precedenti: obiettivi civili e non militari, come gli ospedali, sono stati duramente colpiti dagli attacchi. Centinaia di migliaia di sfollati sono senza assistenza a causa del conflitto. Un’emergenza nutrizionale è stata riscontrata fra i bambini sradicati dalle loro case. Per la prima volta un paese confinante, l’Arabia Saudita, è stato coinvolto nel conflitto, peggiorando ulteriormente la situazione già critica dei civili.

  3. SRI LANKA: l’ultimo atto di una guerra che infiamma il Paese da più di 10 anni. Mentre gli scontri infuriavano tra l’esercito cingalese e le Tigri Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam) nello Sri Lanka settentrionale, decine di migliaia di civili sono rimaste intrappolate per mesi in una zona di guerra ridotta a una piccola striscia di giungla e spiaggia, senza alcun aiuto e con una limitata assistenza medica.

  4. REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO: la guerra infinita nelle regioni orientali. Per tutto il 2009, gli abitanti della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo hanno subito la violenza incessante di gruppi armati appartenenti a diverse fazioni. Centinaia di persone sono state uccise, migliaia di donne, bambini e talora uomini sono stati stuprati, e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case.

Il Congo, in lista da ben 11 anni, è scenario di una crisi infinita, lontana dalla soluzione. Una recente nota dell’Unicef2 denuncia la grave situazione ancora presente, ed anzi in ulteriore peggioramento negli ultimi mesi, nelle province Nord Kivu e Orientale, con la crescita di uccisioni brutali, violenze (anche sessuali), sfollamenti malnutrizione, epidemie.

  1. MALATTIE DIMENTICATE: fondi insufficienti: gravi conseguenze per i pazienti. Più di 400 milioni di persone sono a rischio a causa delle malattie tropicali dimenticate (Neglected Tropical Diseases, ntd), come la leishmaniosi viscerale, la malattia del sonno, la malattia di Chagas e l’ulcera di Buruli. Le prime tre sono tra le più mortali tra le ntd, e tutte e quattro sono state evidenziate dall’OMS come particolarmente problematiche, perché il trattamento e gli strumenti di diagnosi sono vecchi e inefficienti, o addirittura inesistenti, con intere popolazioni di pazienti bloccate in aree remote o a rischio, alle quali è difficile o impossibile accedere. Inoltre, la ricerca e sviluppo di nuovi medicinali e presidi diagnostici sono tristemente privi di fondi sufficienti. A meno che non ci sia un sostanzioso aumento delle risorse disponibili a favore di programmi nazionali di controllo per la diagnosi attiva e il trattamento dei pazienti, un investimento nelle iniziative di prevenzione, nonché una ricerca specifica e sviluppo di nuovi strumenti, le vittime di queste malattie resteranno dimenticate.

Come sottolinea il rapporto, la lista di MSF contiene una selezione delle crisi più gravi ma non necessariamente più dimenticate; tra queste infatti ve ne sono alcune al contempo drammatiche e scarsamente rappresentate ed altre che sono altamente presenti nei TG, anche se spesso per aspetti non strettamente inerenti alla crisi umanitaria.

Nel primo gruppo rientrano soprattutto Yemen e Sri Lanka, ma ancora di più Repubblica Democratica del Congo e le malattie dimenticate. Al Congo sono state dedicate lungo tutto il corso del 2009 solo 7 notizie, come se in questo Paese non fosse accaduto nulla durante l’anno e le malattie tropicali sono invece del tutto ignorate.

Nel secondo gruppo invece vi sono Afghanistan, Somalia e Pakistan, di cui, soprattutto del primo, per tutto il 2009 si è parlato, e si parla tuttora, parecchio nei TG italiani. Ma in tutti i casi, le notizie riguardano principalmente attività o avvenimenti che coinvolgono l’Italia, in particolare azioni militari (in Afghanistan) o sequestri (ad esempio, in Somalia). Altro importante focus nella presentazione di notizie inerenti a questi Paesi sono anche gli attentati, di cui vengono forniti resoconti che però solo raramente approfondiscono ragioni e contesto. Ciò rispecchia alcuni dei caratteri che ormai ha assunto l’informazione italiana. Da un lato viene data particolare rilevanza a notizie estere quando vi è la presenza del nostro Paese, con l’aggiunta che queste stesse notizie vengono date partendo dal punto di vista dell’Italia e non del Paese teatro dell’avvenimento; fenomeno che viene descritto dal rapporto con l’espressione “prevalenza dell’ombelico”. Dall’altro lato è sempre più forte la tendenza alla spettacolarizzazione e alla drammatizzazione, per cui più un fatto potrebbe avere conseguenze negative più è presente nei telegiornali.

Nonostante la presenza di questa seconda categoria di notizie, il rapporto indica comunque che le crisi della lista coprono solo il 6% circa dell’informazione totale; mentre, notizie come i delitti, i saldi, l’influenza ed addirittura le notizie di gossip sorpassano in termini di visibilità le emergenze indicate da MSF. Questo rispecchia la tendenza, ormai dilagante, dei TG italiani a quello che l’Osservatorio di Pavia chiama infotainment, cioè la tendenza ad introdurre elementi di intrattenimento accanto a elementi informativi. Ed infatti, ormai, l’ultima parte delle edizioni dei TG (più o meno a lungo, a seconda delle testate) è dedicata a servizi di cronaca, soprattutto nera o rosa, di gossip o di costume.

Il rapporto congiunto di MSF e dell’Osservatorio di Pavia mettono quindi nero su bianco ciò che è quotidianamente evidente: i TG italiani per aumentare l’audience e rendere più leggera (e così più sopportabile –secondo loro!!-) la propria visione sono ormai diventati un contenitore di notizie futili. Ma non è questo l’unico aspetto che toglie spazio alle crisi mondiali e alle “vere” notizie; anche la tendenza a presentare le notizie in maniera faziosa e secondo il proprio rendiconto porta alla stessa conseguenza: alcune notizie vanno messe in evidenza, altre, scomode, vanno relegate in un angolo o addirittura eliminate.

Probabilmente l’approfondimento di troppe notizie di crisi costringerebbe a rispondere a scomode domande, tra cui la peggiore: “Perché, cosa ci sta sotto?”.

È proprio in questo scenario che si localizzano gli avvenimenti accaduti negli ultimi mesi al TG1. Nonostante i continui messaggi del direttore, Augusto Minzonlini, che durante l’edizione serale del telegiornale ripete di aver creato una testata imparziale ed indipendente (vedi editoriale di Minzolini al TG1 delle 20.00 di giovedì 10 giugno 20103), non pare azzardato sostenere che così non è.

A partire dalle notizie fino ad arrivare alle scelte organizzative, sembra chiaro che la testata si stia allontanando dall’imparzialità, dall’indipendenza e dalla libertà di informazione. Ne è esempio l’allontanamento del caporedattore centrale Massimo De Strobel e dei conduttori storici Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Tiziana Ferrario, avvenuto ufficialmente per motivi di rinnovamento e ricambio generazionale ma su cui invece sembra aver pesato la mancata solidarietà dei giornalisti a Minzolini, in occasione della vicenda Mills4, in cui il direttore del TG1 ricevette un avvertimento dal presidente dell’Ordine dei giornalisti «per il titolo incompleto letto nella edizione delle 13.30 del TG1 del 26 febbraio». In quel caso si parlò infatti di assoluzione per l'avvocato inglese, David Mills, e non di assoluzione per prescrizione5.

In seguito a questi avvenimenti anche un’altra conduttrice storica, Maria Luisa Busi, ha rassegnato le proprie dimissioni dal TG1, scrivendo una lettera aperta indirizzata al direttore del TG1 Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della Rai Mauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabile delle Risorse umane Luciano Flussi6, che in realtà è una denuncia della condizione in cui si trova ormai il telegiornale della rete ammiraglia.

La Busi dice, tra le altre cose: “…Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte…” ed anche, riferendosi ai fatti ed alla crisi che riguardano l’Italia: L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte … e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo”. Ed ecco come conclude la giornalista: Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno. Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere”.

Questi avvenimenti e le parole della Busi riguardano il TG1, ma ormai tutti i telegiornali delle principali reti televisive sono nelle stesse condizioni e la prima giustificazione di questa deformazione verso un alleggerimento dell’informazione è sempre l’audience, lo share.

Prendono noi spettatori come scusa e come giustificazione; e allora tocca a noi farci sentire: bisogna affermare con decisione che non è così: se vogliamo il gossip ce lo andiamo a cercare in un settimanale scandalistico; noi vogliamo sapere, conoscere, approfondire! Noi vogliamo che i telegiornali, prima nostra fonte di informazione, ci diano notizie in maniera reale e seria, vogliamo che si discuta dei problemi in modo chiaro e imparziale; vogliamo che i tg ci forniscano notizie ed indagini costanti e puntigliose sul nostro Paese, non ci vogliamo fermare alle aride discussioni tra i politici di turno e non vogliamo nemmeno fermarci solo lì, dentro ai nostri confini. Vogliamo sapere cosa accade nel mondo, non vogliamo dimenticarci che esiste qualcos’altro oltre le Alpi e il Mar Mediterraneo, che ci sono emergenze di cui dobbiamo farci carico. E soprattutto vogliamo proprio questo: che i telegiornali rispondano, con chiarezza e rigorosità, a quelle domande scomode da cui invece fuggono: “Perché, cosa ci sta sotto?

 

1 Rapporto crisi dimenticate 2009, www.crisidimenticate.it

2 www.unicef.it: http://www.unicef.it/doc/792/emergenza-umanitaria-in-repubblica-democratica-del-congo.htm

3 edizione integrale del tg delle 20.00 del giorno 10/06/2010: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-007d069c-2ec2-4d2f-98da-1a895c65d46d-tg1.html?p=0

editoriale di Minzolini su youtube: http://www.youtube.com/watch?v=M4T0NMSq95g

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=96507

5 da lastampa.it: http://archivio.lastampa.it:80/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=10399731

6 http://www.repubblica.it/politica/2010/05/21/news/busi_lettera-4240290/

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