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Non vedete come siamo ridotti noi che non abbiamo un padre della patria
e siamo orfani di un padre di buoni pensieri?

A

gghiacciamoci e viviamo: questo è il destino degli uomini liberi. Certo chi abbia una coscienza propria e un personale pensiero non può non abominarsi la mente, sentendo le opinioni generosamente espresse da tutti i caproni che ci sono in giro, ma neppure si può dichiarare sconfitto, dare forfait e non pensare più. Il cervello, nel solo caso specifico di questi individui, è un muscolo involontario. A volte sarebbe anche simpatico che fosse possibile spegnerla, ma una testa pensante pensa, per fortuna e per disgrazia. Tanto meglio.
Le teste pensanti, oltre a pensare, è giunto il momento in cui si facciano vedere ed espongano i risultati del loro sforzo neuronale, condividendo con il prossimo concetti che esso non degnerà di alcuna considerazione, ma nella vita non si può mai sapere. Questo è un appello per chiamarvi a raccolta. Perché abbiamo bisogno di voi.
Dovete esporvi, dire come intendete rispondere alle grandi domande e fornire le vostre generalità, al fine di essere ignorati o lapidati. Dovete dire come e cognome. Voi che pensate finitela di nascondervi dietro furfanterie legate all’equità e alla tolleranza e indicateci la strada. È sempre tempo di essere equi, ma non più di essere equini, magari somariformi, e tolleranti si sia davvero, e non solo quando non si ha voglia di discutere e quando eventualmente si ha qualche, come dice il ciuco dell’orco Shrek e per restare in tema di creature raglianti, mulo da leccare.
Non vedete come siamo ridotti noi che non abbiamo un padre della patria e siamo orfani di un padre di buoni pensieri? Buoni non nel senso di ottimisti e propositivi e futuristici, ma nel senso di dotati di un significato e non scevri di ogni sensatezza, come ultimamente sono quelli che capita sempre più spesso di sentire.
Un tempo la crisi acuiva l’intelletto, spronava a reagire, faceva venire le idee. Adesso acuisce l’idiozia, sprona a languire, fa venire il latte alle ginocchia. Noi in teoria (nelle teorie degli scervellati) non dovremmo preoccuparci perché ci vengono a significare che tutto finisce presto. In che senso finirà, scusate? Nel senso che la nostra civiltà è agli sgoccioli o che tutto riprenderà uguale identico a com’era fino a qualche anno fa? E, di grazia, quale delle due soluzioni dovremmo ritenere davvero auspicabile?
Sarebbe bello se voi intelligenti ce lo comunicaste. Ma dove siete finiti, o voi scomparsi dalla faccia della terra?
Mi torna in mente una frase. La pronuncia il mago Gandalf  del Signore degli Anelli rivolto a Vermilinguo, viscido e schifoso servo del potere.
“Non ho attraversato fiamme e morte per scambiare parole inconsulte con un insulso verme.” Battuta esemplare, che più volte ho letto in faccia alle persone intelligenti (quelle poche che ancora si vedevano fino a qualche tempo fa e che troppo presto si arresero all’evidenza della demenza) ormai derise e perse nel gran mare dei fessi. Risorgete, derelitti, e riprendete fierezza nel vostro spirito. Combattete, rivendicate , come Gandalf, la vostra secolare esperienza di vita e spedite alle ortiche i moralisti minimi, gli gnomi malefici e gli orchi cattivi che hanno preso piede. Certo, è vero che ultimamente avete subito innumerevoli umiliazioni da parte dei rancidi anellidi che popolano indebitamente il consunto stivale di pelle umana in cui viviamo. Forse siete esasperati e offesi. È per questo che ve ne siete andati, come Cincinnato, a zappare la terra? Si sono liberati di voi, ma senza di voi non si può stare. Scincinnatevi, orsù. Se non fate presto, saremo preda di questi scimpanzé che le studiano tutte per rincretinirci e si dedicano a un’umana evoluzione che francamente non esalta. Non andiamo più nello spazio a cercare i misteri dell’universo, ma in compenso affoghiamo tra baggianerie tecnologiche assai infruttuose. Già che il mondo va a ramengo, che costrutto c’è nel comunicarcelo con l’Iphone piuttosto che con i bicchieri attaccati col filo?
Cioè, semplificando, “a che serve mille cose investigare, e tutto scoprire e ogni arte inventare, quando una cosa nessuno sa e nessuno ricerca: come ridare il senno a chi non ha cervello?”
Lo diceva duemilacinquecento anni fa quel gran sovversivo di Euripide. Euripide, signori.
Venite in nostro soccorso, per favore, voi che avete avuto il dono del comprendonio. E non abbiate paura. Fidatevi di Schopenhauer, il quale pensava giustamente che “l’intelletto non è una grandezza estensiva, bensì intensiva: perciò un solo individuo può tranquillamente opporsi a diecimila, e un’assemblea di mille imbecilli non fa una persona intelligente.”
In attesa del vostro ritorno, o saggi, si mandino a memoria queste due frasi. Unite, per un uomo libero valgono come una preghiera.

Gli autori di Vorrei
Clementina Coppini