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Nono ed ultimo episodio. "Mi viene la pelle d’oca, la macchina sbanda, cala di ala, va giù, va giù, raccolgo le mie ultime forze, tiro, sputo sangue, miracolo! La macchina risale e con possente calma vola sul mio regno"


D

isputo con lo specchio: “E’ la regina consorte che ha soffiato sulla candela.” Lui ribatte: “Neanche per sogno, lei non è più nel castello.” “Allora,dov’è?” “E’ dove non c’è!” “Spergiuro!” Vorrei infrangere il cristallo ma non ho niente sottomano. “Cioè?” Gli grido in faccia . Lui guarda fuori dalla finestra, guarda verso la Francia. “E’ in Francia?” ma lui guarda più lontano.
Più lontano dove?” Lo specchio chiude gli occhi, come se la distanza fosse incommensurabile. Mi manca il cuore: “La regina consorte è dove non posso raggiungerla, al di là di tutto?” Lo specchio riapre gli occhi e fa il poeta: “E’  oltre tutte le terre e tutti i mari, al di là degli equinozi e dei solstizi, in un regno rarefatto, luogo di nuvole nel vento che si raggiunge solo per via d’aria, cioè volando…” “Cosa? Volare?” “Ho detto volare!” Mi vengono i brividi, mio padre si è fracassato a terra per il sogno di volare. Niente ombrelli, per carità!
Non devo ripetere il suo errore, niente ombrelli! So cosa fare: una macchina con le ali. Per la prima volta il cuore mi batte per una decisione inderogabile: volare dove la regina consorte mi aspetta. Butto per aria tutto il castello in cerca di legno e tela. Raduno sgabelli, sedie, tavoli, armadi, letti. Ammucchio lenzuola, federe, tovaglie, tende.  Frugo ogni stanza, mansarda e ripostiglio. Mi stracarico e, passo dopo passo, su per la scala a chiocciola, porto tutto in cima alla torre. Una catasta di legni e stoffe, un guazzabuglio di corde e lenze ritorte e tese tra carrucole e leve. Vado su e giù  finché il trasloco giganteggia nel cielo come una torre in testa a un’altra torre, da far guardare in alto tutti quelli che passano sotto le mura. Ma nessuno passa! Il mio popolo è  andato via. Passa solo qualche circo equestre. Qualche saltimbanco guarda in su stupefatto: “Cosa xe?” Io mi ritiro dai merli. Non voglio farmi vedere. Il curioso si gratta la testa: “Cosa xe, cosa xe? Un bosco sulla torre?” Arriva  anche l’ambasciatore del re di Francia. Non s’inchina, non si toglie il cappello, s’arriccia i baffi e strombazza la tromba davanti al ponte levatoio per essere ricevuto subito: Je suis Armand Jean Du Plessis Richelieu … Cosa vuole? Io non rispondo, sto celato sotto la macchina  come un topo nella paglia. L’ambasciatore declama una lingua che non capisco, un franzosen fitto di bijoux et cailluoux, et malheureusement, et  putain la reine, et parbleu, mais non, et bien sur, ailleurs, bien loin d’ici! Trop tard! Jamais peut-etre (è Baudelaire, è Baudelaire!!!) frammisti a saliva che schizza dalle labbra ad ogni erre moscia, tanto è la foga del dire per sapere al più presto quest q’ il y a là haute. Parla tutto d’un fiato per la fretta di tornare  a Paris e riferire. Perché lui, il Richelieu, è stracco morto, tres fatiguè, per quel lungo viaggio in carrozza senza balestre, cercando il mio regno che non è scritto su nessuna mappa e a chiedere si hanno  spurie notizie di una landa nebbiosa d’inverno e zanzarifera d’estate.  Povero Richelieu, venuto direttamente da Versailles  in calze di porpora e parrucca incipriata, parceque le roi non può  dormire tanto è assillato da quel cumulo di legno e tela che si vede fin dal palais royale, dalla finestra della sua stanza da letto dove sta a bocca spalancata chiedendo questcossè celle lui là? Boh? Mah? “Donc? Questcossè celle lui là?” Tuona l’ambasciatore davanti al ponte levatoio.. ma io zitto e lui, e tutta la processione dei cortigiani stanno in sospiri e pruriti, col naso per aria, finchè cade una goccia. Cadono due gocce, tre gocce, diverse gocce. Piove! I francesi aprono i loro ombrelli, che loro chiamano parapluies, e la piazza si riempie di cupole colorate perché i parapluis non sono di felpa nera ma di cretonne variopinto dal jaune pale al vaiolet brillant. Sotto la pioggia i francesi si scrollano come cani col pelo lungo, ma, infine voltano i tacchi perché l’acqua non smette, anzi rinforza. “Finalmente!” sospiro sotto l’acquazzone che si rovescia sulla mia macchina inzuppando tele e legni. Non posso più aspettare. Devo spiccare il volo prima che la pioggia disfi la mia macchina. Mi lego alle cinghie delle carrucole, prendo tra i denti la fune del timone, gonfio i muscoli, tiro a più non posso, sputo il fiato! La macchina scricchiola, si protende, fa un passo, balza sui merli della torre, spicca un salto. Mi viene la pelle d’oca, la macchina sbanda, cala di ala, va giù, va giù, raccolgo le mie ultime forze, tiro, sputo sangue, miracolo! La macchina risale e con possente calma vola sul mio regno che presto non vedo più tanto sono in alto. Volo sui monti, sui mari, sugli oceani oceanici. Volo senza mai fermarmi. Passano i giorni, i mesi, gli anni ed io volo senza mai desistere. Chissà dove sono ?  Intanto sono diventato vecchio, la zucca pelata e lucida, i sopraccigli come sterpi, i baffi che non stanno più ritti, la mano che trema…la mano che trema è ciò che mi angustia di più, soprattutto quando la passo sulla fronte per scacciare le malinconie che la annuvolano. L’acido solforico, già l’acido solforico! Un atomo di zolfo, due atomi di idrogeno e quattro di ossigeno. Quando lo studiavo ero giovane, bollivo l’acido negli  alambicchi per distillarne l’essenza, se fossi riuscito a separarne gli atomi avrei trovato il modo di separare anche gli archetipi del mondo: la luce dal buio, la gioia dal dolore, la vita dalla morte…volo, volo, non più agitando le braccia ma facendomi portare dai venti che mi spingono a caso, ora qua, ora là, sempre più lontano dalla regina consorte che non mi aspetta più.


Bibliografia
Leonardo da Vinci, “Le mosche che volano. Assonometrie e infinitesimali”, Cloux, 1517

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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