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 L’arte può rappresentare una “alleanza” nella lotta alla sofferenza che rompe il potere e la distanza fra chi da e chi riceve.

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arte veicola le immagini, dà dei contorni a quello che si prova, a quello che si è vissuto, che si vive, a quello che si è. L’arte mette a fuoco e porta fuori i pensieri accompagnando le persone e mettendole in condizioni di gestire, sopravvivere e coabitare con il proprio mondo e con le proprie preoccupazioni: combina, mescola, accetta segni, materiali, ipotesi nascenti e proposte di lavoro, in un percorso in cui giocare l’opportunità del desiderio, del confronto, del piacere, della responsabilità e della tolleranza alla frustrazione. L’arteterapia è il prodotto di una integrazione di conoscenze e di tecniche eterogenee diverso dalla semplice applicazione dell’arte in campo clinico. E’ un intervento di aiuto e di sostegno a mediazione non verbale attraverso l’uso di materiali che vengono offerti alle persone che si attivano e partecipano ad una relazione fatta di comunicazioni e azioni condivise: nell’arteterapia si privilegia, all’interno di un “setting” il linguaggio iconico e si pone al centro la relazione. Non è pedagogia attraverso l’arte, né un insieme di tecniche finalizzate all’apprendimento (anche se poi si apprende) ma all’acquisire una consapevolezza in ciò che si sta sperimentando, una presa di coscienza delle proprie modalità espressive e del proprio stile, dei limiti e delle potenzialità racchiuse in esso. Materiali e tecniche hanno lo scopo di agevolare l’espressione di emozioni, di rappresentare personalità, di ampliare orizzonti. Non è una terapia occupazionale: l’accento è posto sulla libertà espressiva, sul processo creativo e sulla dinamica relazionale, anche se non si dimentica mai “il prodotto finito”. L’opera è uno sguardo aperto sul mondo dell’autore, affermazione di una personalità, (che non si interpreta mai e su cui si sospende il giudizio), ma anche oggetto concreto “bello”: indipendentemente dalle qualità individuali il proprio quadro fa comprendere  che uno spazio vuoto fino a quel momento si riempie di vita, e che è riempibile, anche quello dell’anima, attraverso l’esperienza della relazione con l’altro. Il tesoro condivisibile è la possibilità di vedere realizzato un piccolo sogno, di vedere un’ idea prendere forma. L’arteterapia si fa, vuol dire che è una attività che esiste nel “fare insieme” nel dar vita a laboratori dentro i quali il lavoro artistico diventa un “medium” tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si può fare. Si tratta di una “terapia del fare o meglio del creare insieme” attraverso l’incontro e lo scambio di sensazioni, idee, forme, colori, sentimenti in piena libertà e con la possibilità di sentirsi accolti dall’altro per come si è.

 

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Un aspetto caratteristico del modo di operare e che non si da nulla di concreto (non sussidi, né terapie, nonsi trova lavoro, non si forniscono alloggi …) non si offrono beni di prima necessità in senso stretto, ma si percepisce subito dai primi incontri che non è poi così vero. A volte le persone cercano un “motivo” per fare le cose, non  solo le cose in sé e quell’inutile che gli arteterapeuti maneggiano è la garanzia di uno sforzo autentico, ma nascosto.
Quello che è difficile da misurare spesso viene considerato come secondario o superfluo, perché non si può racchiudere in una definizione o forse perché nessuno si può appropriare del merito. La condivisione e la partecipazione saranno il terreno da percorrere per continuare a promuovere la relazione come strumento di cura reciproca. C’è spesso un disconoscimento di tutto ciò visto come superfluo, non serio; ma bisogna dargli una connotazione ricca e specificarla perché siamo in un mondo dove valgono profitti, resa e ritorni. Lo stile della leggerezza confonde un occhio poco attento, ma per sopportare il continuo gioco dell’equilibrio essere leggeri è  indispensabile. Così come è necessario favorire la libertà  di scelta e di partecipazione. Costa rinunciare all’idea di un progetto totale e controllato, perché cosa pensare. L’arte può rappresentare una “alleanza” nella lotta alla sofferenza che rompe il potere e la distanza fra chi da e chi riceve.

Senza il sogno che l’arte possa davvero incidere nella vita delle persone e sia veicolo di trasformazioni questo progetto non sarebbe possibile, l’attività artistica, la pratica creativa è artefice di un processo  rigenerante. Chi  coltiva una passione è in grado di azionare  delle unità di trasformazione e di muoversi in piccoli passi sul sentiero del cambiamento desiderato (B. Bara)

Questo lavoro è un esercizio serissimo da verificare puntualmente nella sua concretezza. La parte ludica purtroppo viene tralasciata quando si diventa adulti e “animare” in alcuni casi é “ri-animare” , il divertimento e il benessere, se sperimentati riattivano la voglia di vivere. Nell’ artetrapia sono molto importanti il bello, il buono, il ben fatto, e per verificare la praticabilità dei progetti si parte proprio dalla difficoltà a scegliere, a desiderare, a sperimentare il piacere. I bisogni individuali inavvertiti o annientati dovranno prendere il sopravvento sull’appiattimento. Lo sforzo è rispondere alla loro singolarità, riflettere oltre che sui bisogni primari; mangiare, avere una casa, avere un lavoro, su quelli radicali; essere liberi, scegliere, costruire la propria identità. La forza del desiderio, anche addormentato o nascosto, indaga la libertà personale,  è voler ri-essere, è tornare in comunicazione: il desiderio trasforma.

Nel fare insieme i ruoli spariscono, rimane il vissuto, il sentimento che viene molto prima della solidarietà, quel “proprio”investito senza un secondo fine, splendidamente inutile (M. Covacih)

Trovare la bellezza anche nella sofferenza non è prerogativa di pochi, ma è necessità tremendamente umana: l’unica possibilità che abbiamo di vivere una vita degna di essere vissuta, di non sprecare l’occasione di fare ogni volta una esperienza nuova.L’uomo deve essere creativo, non solo perché dipinge o fa altro, ma con la sua vita, per attuare modifiche che risolvano i suoi problemi con alternative o invenzioni. Affrontando in modo creativo il quotidiano e le relazioni, si può trasformare la propria esistenza e vivere un po’meglio.

 

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La bellezza è una strada, basta un attimo per uscire da noi stessi e dalla contingenza, liberare la mente per far entrare in noi qualcosa di bello, ma anche per far uscire da noi qualcosa di altrettanto bello: un’immagine, una parola, un suono, un sorriso, un particolare “buono”. Ognuno ha il proprio serbatoio creativo ed è ricco del potenziale espressivo per recuperare la propria individualità e il proprio progetto di vita: la ricchezza comunicativa, la bellezza, il senso dell’umorismo appartengono a ciascuno, e tutti quando sono al “lavoro” si animano attraverso il criterio del piacere , dell’impegno e della gratificazione.
L’arte favorisce apertura e incontro, condivide la prospettiva della salute mentale: far leva sui talenti piuttosto che sulle fragilità, produrre beni relazionali, valorizzare le diversità come opportunità. Sia l’arte che la salute mentale intraprendono percorsi che permettono di incanalare emozioni, tensioni e bisogni vitali del singolo nell’incontro con l’altro. Si cerca di reinventare il mondo con quel fermento creativo che parte sempre dal basso, che raccoglie e trasforma invece di buttare via, che dà un'altra possibilità: l’espressione artistica costituisce uno strumento eccezionale di attivazione  per tutti.

Ma se il nostro lavoro dovesse essere definito come privo di serietà e di rispettabilità scientifica il giudizio non può che lusingarci dato che esso ci accomuna finalmente alla mancanza di serietà e rispettabilità da sempre riconosciuta al malato mentale e a tutti gli esclusi (F. Basaglia)