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A Monza la maggioranza lancia slogan "Con la variante avremo molto verde in più", ma dimentica i milioni di metri cubi di cemento connessi e che le aree libere che vogliono occupare sono indispensabili

 

Nei primi anni ’70 nacque un gruppo musicale dal nome emblematico, i “Flora, fauna e cemento”, su iniziativa dell’ ex chitarrista dei “Camaleonti”, un altro complessino allora ben più noto. Forse, la cosa si potrebbe riproporre oggi a Monza, in chiave però politica. La musica suonata da chi propugna un piano urbanistico cementificatorio racconta che, in quel modo, verrebbero realizzati e resi fruibili al pubblico parchi per diverse decine di ettari, attrezzati con tanto di lampioni, panchine e percorsi ciclo pedonali lastricati in mattonelle di porfido.

La ritrita manfrina, sempre sfoderata al momento topico, ignora sempre le centinaia di palazzoni di varia natura ed usi, che verrebbero calati tutt’attorno a quei cosiddetti parchi. Un recente esempio di parco e di verde d’arredo lo riportiamo giusto nella foto seguente. Si tratta dell’ormai tristemente famoso intervento al Rondò dei Pini. Un parcheggio interrato con i propri torrini di ventilazione e strade ciclo-pedonali lastricate in pietra, percorsi di accesso ad un enorme casermone, posto nel cosiddetto “parco verde”.

 

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Quella logica venne ben esplicitata anche da Paolo Berlusconi, in un’intervista rilasciata a suo tempo ad una tv locale, per illustrare il progetto del 2006 sull’area della Cascinazza. L’affermazione era: “Vogliamo fare un parco”, dimenticando la quaratina di palazzine previste, per 200mila metri cubi complessivi, collocati su una buona fetta dell’area (vedi illustrazione segente).

 

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Ora i nuovi epigoni del cemento selvaggio, ben presente nel PGT 2010 di Monza, rispolverano quel leitmotiv per cercare di convincere che il loro scopo è quello di realizzare del verde pubblico (e opere pubbliche, naturalmente…), piuttosto che lasciare quelle aree agricole o incolte alla loro triste sorte di suolo libero inedificato. Ci si dimentica come al solito di dire che in cambio ci sono alcuni milioni di metri cubi di nuove costruzioni.

 

Il verde secondo Ghezzi
(capogruppo PdL al Consiglio comunale di Monza)

Dichiarazione rilasciata a MBReporter.it

 

 

Sono invece ben noti a tutti i benefici ambientali che le vaste aree agricole e libere, ancora esistenti a Monza, svolgono, tra i quali vogliamo ricordare la permeabilità dei suoli, la cattura dellla CO2, la termoregolazione del clima, la protezione della fauna, la difesa del paesaggio agrario e degli aspetti naturalistici. Forse quelli ignorano che tutti quei benefici verrebbero invece inesorabilmente annullati dalle centinaia di migliaia di metri cubi di nuovo cemento e asfalto e dagli effetti indotti dalla presenza umana di migliaia di nuovi abitanti. Forse, più che di nuovi parchi, sarebbe opportuno parlare di nuovi parchi macchine, non di altro. In ogni caso, è altresì ben noto che la funzione ecologica dei circa 900 ettari di aree agricole, o anche solo libere (a volte, incolte), che stanno intorno alla Città, è ben diversa da quella dei giardinetti sotto casa.

 

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Monza oggi, in evidenza le aree agricole, libere e verdi sopravvissute che - guarda caso! - sono quelle sotto mira del nuovo PGT

 

 Senza dimenticare un aspetto gestionale. Molto spesso il Comune di Monza, anche solo per tutelare da usi inopportuni i pochi giardinetti verdi esistenti nei quartieri della Città (tossicodipendenza, microcriminalità, ritrovo diurno o notturno di sbandati) il più delle volte li fa recintare e poi li da in concessione ad altri, perché a stento riesce a controllare le situazioni o a farne la semplice manutenzione ordinaria (taglio erba, potatura, annaffiamento, ecc.). I promotori del PGT 2010, vogliono convincerci che realizzando quelle volumetrie si faranno 50 ettari di nuovo verde, quando in realtà già oggi quelle aree libere sono di circa 900 ettari. Vogliamo ricordare loro il programma provinciale, anche del loro partito, che in più di un passaggio, rimarca la necessità di tutelare le aree agricole e, nel caso di abbandono di quell’attività, forme di incentivazione per il loro recupero e riutilizzo, nonché una decisa scelta per la loro riforestazione. Non solo: che “l’uso del territorio per funzioni agricole e il potenziamento della risorsa boschiva hanno un interessante valore di prospettiva economica e di sviluppo sostenibile”. Non c’è che dire. Basterebbero queste affermazioni da mettere in pratica ora, anche per Monza.

 

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Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.