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Il progetto di metropolitana a fune a Monza: milioni di euro sprecati.


Negli anni novanta l’allora sindaco di Monza, Marco Mariani, (sì, lo stesso che anche oggi governa la città), sostenne vigorosamente il progetto di metropolitana a Monza.

Niente di male, anzi, fin dagli anni sessanta la nostra città ha sempre aspirato all’integrazione con il nascente sistema di metropolitane di Milano. Peccato, però, che la linea proposta avesse poco a che fare con la metropoli: il progetto sostenuto dalla giunta leghista, infatti, fu del tutto autarchico. Avrebbe dovuto collegare con un percorso completamente sotterraneo la stazione ferroviaria di Monza con l’ospedale nuovo, tutto qui. Il percorso, per intenderci, della linea numero 6, ora 206, dei pullman cittadini.

Il progetto, si sostenne, era appetibile perché avrebbe adottato una tecnologia innovativa e automatica, a fune, che avrebbe permesso di diminuire i costi operativi rendendo superflua la presenza di un autista a bordo, e convogli molto piccoli per diminuire le dimensioni dello scavo. Ma proprio i limiti della tecnologia rendevano impossibile un suo prolungamento futuro.

Fu presto evidente che i costi di realizzazione dell’impianto, stimati in circa 175 miliardi di lire di allora, erano completamente sproporzionati rispetto al flusso di utilizzatori potenziali, anche considerando la prevista università. Inoltre il capolinea Sud, posto in Largo Mazzini, avrebbe costretto i viaggiatori provenienti dalla stazione ad un lungo percorso a piedi, quella che in termini tecnici si chiama rottura di carico, e che non è accettabile in un sistema di trasporto metropolitano moderno.

 

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Rendering del metrò a fune in costruzione a Venezia

 

Inoltre la tecnologia a fune proposta era ritagliata su quella di un’unica azienda, la Sasib Railway, poi divenuta Astom, che infatti più avanti vinse la gara, ottenne l’incarico della realizzazione e divenne socia del Comune e degli industriali monzesi nell’apposita società, la Trasporti Pubblici Briantei (TPB).

Tutte le procedure vennero realizzate in gran fretta, per potersi concludere prima delle elezioni, che alla fine del 1997 videro la vittoria del sindaco Colombo, appoggiato da una maggioranza di centrodestra ma con la Lega Nord all’opposizione.

Colombo si ritrovo, quindi, con una bella gatta da pelare. Scelse di lasciare le cose come stavano: la TPB fece qualche progetto, qualche scavo di assaggio, pagò lauti stipendi agli amministratori e ricche parcelle a progettisti e consulenti e venne infine liquidata dal sindaco Faglia nel 2002, dichiarata fallita con un 'buco' da 3,5 milioni di euro.

Risultato: in totale, circa sette miliardi e mezzo di fondi pubblici buttati.