VILLA E PARCO DI MONZA DAL DRONE

La maledizione degli impianti sportivi sta tornando a imperversare sul monumento. Aggredito nuovamente dal solito, insaziabile ospite: l’autodromo, che ha già ingoiato 15 milioni dalla regione per sopravvivere.

1. La maledizione degli impianti sportivi (e dintorni) colpisce ancora.

Forse ricorderete: il 16 gennaio dell'anno scorso si svolse nel Teatrino della Villa Reale una gran cerimonia per celebrare la firma dell’Accordo di programma tra Regione Lombardia, Comune di Milano e Comune di Monza, che stanziava 55 milioni della Regione per la “Valorizzazione della Villa Reale e Parco di Monza”. Al termine dell’evento Roberto Maroni, Presidente uscente della Regione, dichiarò di voler proporre, come ultimo atto del suo mandato, l’inclusione del complesso monumentale tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco. La sua promessa (non mantenuta) riscosse un applauso entusiastico e prolungato.

Ebbene, dimenticatevi tutto questo. La maledizione degli impianti sportivi, di cui ho parlato nel mio precedente articolo sul futuro Master Plan previsto dall’Accordo, sta tornando a imperversare sul monumento. Aggredito nuovamente dal solito, insaziabile ospite: l’autodromo, che ha già ingoiato 15 milioni dalla regione per sopravvivere.
Primo colpo: smantellare l’Accordo di programma. La Giunta regionale ha deliberato, il 12/02/2019, una “Promozione dell’Atto integrativo all’Accordo di Programma (omissis)”. Prendendo a pretesto il mancato rispetto da parte del Consorzio Villa Reale e Parco del crono-programma degli interventi urgenti per il restauro previsti dall’Accordo (e come avrebbe potuto rispettarlo, con la sua struttura deliberatamente asfittica?), esso è stato esautorato trasferendo il compito di eseguire le opere più importanti al braccio esecutivo della Regione, Infrastrutture Lombarde S.p.A., e al Consorzio del Parco della Valle del Lambro. Quanto alla redazione del bando del Master Plan, essa è stata affidata al “Dipartimento ABC - Architettura, Ingegneria delle costruzioni e Ambiente Costruito” del Politecnico di Milano.
Il secondo colpo è più devastante: nella più completa assenza di dibattito pubblico, è stata rinnovata in anticipo la concessione dell’autodromo da parte del Consorzio Villa e Parco, non più alla solita Sias, ma direttamente al suo azionista principale: l’ACI, secondo i voleri di Liberty Media, la società americana titolare delle gare di F1. La nuova concessione, estesa al 2028, non solo esclude il Consorzio da ogni partecipazione ai proventi delle iniziative dell’autodromo, prevista dalla concessione precedente, limitando il compenso a un semplice canone, ma soprattutto dà via libera al concessionario di svolgere qualsiasi attività nelle aree in concessione, con procedure accelerate, indipendentemente dalla loro funzionalità rispetto alle gare automobilistiche, ragion d’essere dell’autodromo.

2. L’I.R. Villa e Parco di Monza non ci sono più.

Ma qual è la visione che ispira questi atti? Sentiamo i protagonisti.

Dario Allevi, Sindaco di Monza e Presidente del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, in una intervista del 3 settembre 2019:
«Vogliamo far diventare l’Autodromo un impianto sempre più polifunzionale, capace di attrarre tutto l’anno grandi eventi non solo motoristici… stiamo lavorando per portare il grande tennis dell’ATP nel Tempio della Velocità… Siamo felici di essere riusciti a portare a Monza il Salone dell’Auto, un evento da 700mila visitatori l’anno scorso, con l’appuntamento “Milano Monza Open Air Motor Show” che si terrà in Autodromo dal 18 al 21 giugno 2020“. Stiamo creando le condizioni perché tornino i grandi concerti alla Gerascia, che ha superato nel recente passato gli ‘stress test’ di manifestazioni come l’esibizione di Ligabue e l’I-Days Festival… Il bando di gara per la definizione del Master Plan deve tenere conto delle potenzialità dell’Autodromo».

Fabrizio Sala, Vicepresidente della Regione Lombardia, in una intervista del 29 aprile 2019:
«Il Parco dovrà essere diviso in aree tematiche, in diverse zone: quelle ambientali pregiate, quelle naturalistiche, le sportive, quelle artistico-culturali, oltre ai grandi prati per il relax e lo svago. Tra gli investimenti del Master Plan da destinare all’autodromo occorre attrezzare un posto per feste e concerti, perché gli organizzatori dei concerti sono spaventati dai costi elevati che devono affrontare per gli eventi nel Parco». Quest’ultimo intervento viene caldamente condiviso anche da Eleonora Frigerio, Presidente del Consorzio del Parco della Valle del Lambro, coniuge di Fabrizio Sala.

Nessun accenno al restauro della I.R. Villa Reale e Parco. Che i due maggiori proprietari di Vllla e Parco (Milano è l'eterno convitato di pietra) non si rendano conto del valore assoluto del loro monumento storico, che ha nella unitarietà dei capolavori di Giuseppe Piermarini e di Luigi Canonica la sua sostanza, è veramente incredibile. Essi considerano il parco nel migliore dei casi come un semplice “polmone verde”, in realtà come un puro contenitore, un grande giardino pubblico da lottizzare dove si può fare di tutto, al servizio soprattutto dell’autodromo, e la Villa Reale come un immobile da reddito. Mi sembra legittimo dire che l’ignoranza della storia e del valore culturale e ambientale del complesso è al potere, e chiedersi se per caso dei lupi siano stati messi a guardia del gregge!
Per fortuna, e ovviamente, la “maledizione degli impianti sportivi nel Parco” ha per ora dormito, evitando preventivamente una replica delle ripetute devastazioni e successivi fallimenti del novecento: niente “grande tennis nel tempio dell’alta velocità”. Gli ATP Finals si terranno a Torino dal 2022 al 2025 in strutture dedicate, adeguate, valorizzando e non distruggendo beni pubblici. E Milano da parte sua si accinge ad accogliere i Nex Gen Atp Finals nel Palalido, convertito al grande tennis. Questa vicenda dovrebbe fra l’altro far capire perché sarebbe ora di spostare altrove i quattro o cinque campi da tennis che sopravvivono tristemente deturpando gli splendidi Giardini Reali.
Quanto ad Angelo Sticchi Damiani, Presidente dell’ACI, nuovo concessionario dell’autodromo, ecco il suo pensiero (2 settembre 2019):

« Dal 18 al 21 giugno 2020 il tempio della velocità si trasformerà in un luna park (!, n.d.r.) per appassionati di motori che … potranno visitare gli stand e scoprire i nuovi modelli delle case automobilistiche, di tutte le motorizzazioni e di ogni segmento di mercato.
Il villaggio espositivo dei brand sarà arricchito dall’area off-road (cioè fuori pista, nei prati e tra gli alberi dell’I.R. Parco, n.d.r.), in cui i visitatori potranno provare fuoristrada e 4×4 in circuiti creati appositamente, e dall’area espositiva parabolica, palcoscenico di una prestigiosa mostra di auto storiche … oltre a una sezione dedicata a motociclette, velivoli e imbarcazioni».
Sticchi Damiani è consapevole della rivoluzione produttiva che sta investendo il settore automobilistico, soprattutto per il passaggio dal motore termico a quelli elettrici e a idrogeno. Se l’autodromo può e vuole sopravvivere (condizione di sopravvivenza anche dell’ACI!) deve adeguarsi a questa distruzione creativa. Ma egli non coglie la possibilità che il futuro anche scientifico che egli auspica per l’autodromo possa portare a una sua maggiore integrazione con il suo contesto, grazie alla drastica riduzione dell’inquinamento ambientale, atmosferico, acustico, estetico. Pensa invece, in sintonia con gli attuali amministratori regionali e monzesi, di integrare le attività sportive con altre estranee al settore automotive, la cui logica è solo quella del tornaconto economico estratto dalla distruzione del prezioso contesto culturale e ambientale.

 3. Il silenzio non sempre è d’oro.
Rispetto a queste visioni, che rischiano di diventare esecutive e irreversibili con il Master Plan, non si avverte una adeguata opposizione, salvo meritevoli eccezioni, né da parte di associazioni ambientaliste e culturali, né di forze politiche, né di “intellighenzia”, né di stampa, a livello locale per non parlare dei livelli superiori.
Anzi. Mi è capitato di sentir dire da esponenti di un’associazione in altri luoghi benemerita che «la pista di alta velocità con le curve sopraelevate è ormai storicizzata». Come dire che un atto vandalico sulla Gioconda diventa un valore intoccabile (sia chiaro: una cosa è dipingere una Gioconda con i baffi, che può dar vita a un nuovo capolavoro; e ben altra cosa sfregiare con dei baffi quello di Leonardo!). E c’è chi considera «il Parco, ormai ex-reale, non più riconoscibile nella sua qualità essenziale di parco storico», ormai «ridotto a un enorme contenitore di eventi», e paventa che «si pensi di recuperarlo al pari dei centri storici e dei beni archeologici e monumentali», che paradossalmente sia «trasformato in un moderno parco tematico», e che sia «unicamente indirizzato al suo godimento estetico».
Eppure è difficile rimuovere dalla storia recente le proposte elaborate da personaggi come Annalisa Maniglio Calcagno, massima esperta di architettura del paesaggio, Leonardo Benevolo, che fu un’urbanista eccelso, Lucia Gremmo, rimpianta Sovrintendente ai beni culturali di Milano. Proposte  accompagnate da precisi piani e programmi, tutte miranti a riportare l’I. R. Villa e Parco ai livelli architettonici e paesaggistici disegnati dai suoi creatori.
In quel clima si è eliminato l’ippodromo e ripiantumato il Viale del Carpini che congiunge le Ville Mirabello e Mirabellino, recuperando il disegno originario del Parco a sud del Viale Vedano. Lo stesso non si è potuto fare, ma si può ancora, per recuperare la parte nord, eliminando un totem che ha tutti i crismi di un ecomostro piantato nel cuore del Parco: il catino di alta velocità.. Questa demolizione era prevista e scontata dalla concessione dell’autodromo in vigore fino al 2012, ma fu bloccata da un pronunciamento del Consiglio Comunale di Milano.
Esigere un recupero integrale del monumento nelle sue valenze storiche, estetiche e naturalistiche non significa, come si vuol far credere, volerlo imbalsamare: significa al contrario aprirlo alla frequentazione non solo dei fortunati abitanti del territorio circostante, ma di un pubblico internazionale erede dei viaggiatori del Gran Tour italiano del passato. E significa solo pretendere che, se si vuole “adeguarlo alle esigenze attuali”, come si suol dire, questo sia affidato a persone all’altezza del compito.
Come si spiega, allora, il silenzio e il rifiorire della maledizione degli impianti sportivi che ha imperversato sul monumento nel novecento?

4. Tra eu-topia possibile e dis-topia probabile.
Ho dedicato più di un articolo su questa rivista all’identità di Monza, come condizione di una sua eu-topia, radicata nel passato e aperta ai suoi rapporti con l’esterno. Ho sempre pensato che la nostra città disponga di elementi di spiccata individualità che vanno quanto meno dal Regno Longobardo, rimembrato nei dipinti neogotici della Cappella Teodolinda nel trecentesco Duomo, alla Corona Ferrea, al motto del suo stemma, fino alla I.R. Villa e Parco. Elementi ai quali si aggiunge la laboriosità della città, dalla prima rivoluzione industriale a quella digitale in atto, che sicuramente Monza è in grado di cogliere. A mio parere poche città italiane possono costituire un luogo d’incontro tra la storia e il futuro dell’Italia e dell’Europa come la città di Monza.
Ma le numerose risposte (quasi duecento) a un mio recente post sul social “Sei di Monza se”, nel quale ho osato dire che la notorietà internazionale di Monza come sede di un autodromo possa essere una forma di pubblicità negativa, mi hanno confermato in un’idea: che molti miei concittadini (vivo a Monza da 55 anni) sottovalutano i valori della loro città al punto da rasentare l’auto-disistima e l’autolesionismo.
Probabilmente la causa principale di questo stato sta soprattutto nel confronto con Milano, metropoli che oltre tutto vive attualmente un periodo di grande vitalità. Ma è evidente che si tratta di un confronto privo di senso: non è una questione di dimensione, ma di diversità. E’ così che molti considerano Monza non una città con la propria individualità, una sua storia distinta, intessuta ma anche conflittuale con quella di Milano, ma un paesone alla periferia della metropoli. C’è chi ha affermato che «se non fosse per l’autodromo, Monza non sarebbe nulla». Questa auto-denigrazione si riflette sul suo massimo monumento. Esso non viene apprezzato nella sua unitarietà progettuale, nella sua essenza di monumento storico europeo, asburgico, napoleonico e sabaudo, da salvaguardare gelosamente. Al punto che il Vicepresidente della regione propone di lottizzarlo, senza rendersi conto di tagliare a pezzi un diamante! La  storia del monumento,  secondo la vulgata dominante, è soltanto quella finale dei Savoia (colpevoli del suo abbandono e degrado) e dei disastri del novecento.
L’idea che Villa e Parco possano essere riproposti per l’inclusione nel patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, con un autodromo reso più compatibile  viene sottilmente derisa, insieme all’Unesco stessa. Soprattutto c’è chi pensa e dichiara apertamente che l’I.R. Villa e Parco di Monza non sono all’altezza dei massimi monumenti oggetto di attrazione internazionale, e che quindi possono essere degradati a semplici servizi pubblici e immobili da reddito.
La presenza nelle scuderie della Villa del Liceo Artistico Nanni Valentini, erede dell’IPSIA, culla della Triennale e del design italiano, che costituisce, insieme alla scuola di Agraria, un elemento distintivo e una sorta di anticipazione di ciò che significa la valorizzazione culturale del monumento, è sottilmente avversata. Forse per sostituirlo con una foresteria, cioè un albergo, una affaristica banalità, un non-luogo.
E’ così che il Master Plan prossimo venturo rischia di tradursi in una grande dis-topia non solo per Villa e Parco, ma per la stessa città di Monza. Forse il “Concorso internazionale di idee per la rigenerazione della Villa Reale”, lanciato recentemente dalla Triennale potrà costituire un antidoto, selezionando qualche visione eu-topica. Ma non c’è da farsi molte illusioni, data la fake-history dominante.
Nell’”Atto di cessione gratuita da Demanio dello Stato a Comune di Milano e Comune di Monza del complesso immobiliare denominato Villa Reale e Parco di Monza”” del 4 aprile 1996 è scritto (art. 8): «I comuni di Monza e di Milano si impegnano a curare la conservazione degli immobili ceduti e a destinarli ad attività museali, culturali, di rappresentanza e di fruizione e conservazione del verde».
Più semplice di così? Dalla I.R. Villa, alle Ville duriniane, alle cascine e ai mulini, all’I.R. Parco, allo stesso autodromo, tutti possono essere destinati nel tempo a cultura, umanistica o scientifica,  e natura, in una visione alta e internazionale del monumento. Molte proposte ci sono già, basta perseguirle. E c’è anche una somma consistente: 55 milioni di euro. C’è molto da lavorare, e per lungo tempo, per “la fabbrica verde dell’Imperial Regia Villa e Parco di Monza”! Basta volerlo.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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