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Sono arrivati a 25 i film di Natale, sempre con “largo successo di pubblico”. Quando dico ai miei amici della sinistra, più o meno alternativa, che non me ne perdo uno, bello o brutto che sia, inorridiscono. C’è stato un periodo che non trovavo neppure chi mi accompagnasse al cinema per vederli, pur pagandogli il biglietto.

In realtà, oltre a trovarne alcuni molto divertenti, li trovo educativi e per certi versi, anti-borghesi. Molto più di alcuni film “strazianti” che, per esempio, illustrano la vita quotidiana del contadino turco o la storia amorosa di un gay americano con uno vietnamita, in lingua originale e sottotitoli in inglese.

I nostri cinepanettoni non hanno pretese, anche se è possibili collocarli, a mio parere, nella tradizione letteraria dell’antica Roma (Apulio, Petronio, ecc.), ma anche in quella di Boccaccio. Per non parlare dei più recenti film Totò.

Tralasciandone alcuni realmente sordidi, come poter dimenticare la descrizione dell’ industrialotto brianzolo che fa le sue vacanze nel miglior albergo di Cortina, arrivandoci con la Ferrari nuova di zecca, in preda a combinazioni amorose di varia natura? Oppure, come in “Vacanze a Rio”, dove un attempato professore di etica presso l’università di Pisa, ha una relazione con una propria alunna diciannovenne e cede all’invito di un palazzinaro romano per una vacanza insieme, nei caldi mari del sud?

Amorazzi impertinenti, relazioni incrociate, battute sconce, coliformi fecali che volano, colpi nelle parti basse del corpo, procaci “sventolone” dell’ultima ora, sempre pronte a mostrare le proprie prorompenti qualità fisiche. Colonne sonore da discoteca, senza polpettoni melodiosi o lunghi dialoghi nel silenzio.

Nessun falso moralismo e pudore, nessun lacrima sul viso, nessun ponderazione e moderazione. Tutti gli stereotipi più usurati vengono sbattuti in faccia allo spettatore con sfrontatezza, mentre ogni scena è prevedibile e risulta divertente proprio per questo motivo. Tutto rigorosamente di “ottimo” cattivo gusto.

Non si pensi però che quei film siano uguali. Solo dopo averli visti tutti si può apprezzare la loro sottile differenza. Come il vino: ogni annata fa storia a sé, c’è quella buona e quella meno. Per apprezzarli nei loro aspetti perversi, bisogna conoscerli e vederli bene.

In ogni caso, è certo più difficile far ridere sonoramente che piangere, identificandosi nella triste e lenta trama di un film. In quelli, nei cinepanettoni, non è praticamente possibile farlo: gli attori sono là e tu sei lì a ridere.

Li vediamo, appunto, anche alla faccia dei cosiddetti “intellettuali di sinistra”. Quelli li lasciamo a casa o nei cinema d’essai, dove si sentono diversi e sopra quelle “grandi masse popolari” che dicono di voler difendere. In fondo sono solo conformisti isolati.

Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.