Dossier. Consumo consapevole. La creazione di piccoli orti è inoltre un’occasione di socializzazione e aggregazione. Il progetto della Condotta Slow Food di Monza e Brianza
La tera l’è bassa, la terra è bassa, quindi faticosa e difficile da lavorare: così recita un vecchio detto popolare che non sembra affatto spaventare le decine di persone che quotidianamente curano con dedizione e passione i propri orti, anche e soprattutto in città.
Una pratica antica che vive oggi una nuova stagione: con Expo 2015 alle porte il tema dell’alimentazione e dell’uso del suolo in maniera consapevole e sostenibile è largamente dibattuto. L’aumento della popolazione mondiale e la necessità di nutrire il pianeta innesca processi di sviluppo ciechi e distorti. Un esempio? Il land grabbing, l’accaparramento di suolo: l’acquisto di ampie aree coltivabili in Asia, Africa, America Latina da parte dei paesi in forte crescita. I cosiddetti Brics, i paesi emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sono i più attivi in questo senso, seguiti a ruota da paesi cronicamente a corto di terreni coltivabili e con enormi disponibilità economiche, quali ad esempio gli Emirati Arabi.
Le terre acquistate vengono sottratte alle coltivazioni locali e trasformate in zone con coltivazioni intensive che modificano il paesaggio e l’economia locale delle nazioni “comprate”. In Mozambico così fioriscono le risaie (cinesi, naturalmente) che soppiantano le colture locali.
Anche l’Europa non è estranea al fenomeno: l’Ucraina, il granaio d’Europa, ha recentemente ceduto una grossa fetta dei propri terreni coltivabili a fronte della possibilità di costruire un’autostrada, un ponte e di finanziamenti per la ricerca nel campo delle biotecnologie.
E mentre si aspetta che i grandi della terra prendano decisioni in merito, a livello locale qualcosa si muove, nell’ottica della ricerca di un utilizzo più sostenibile del territorio.
Sono 2800 gli orti urbani in Lombardia, come fotografato dalla Mappa 2014 a cura di Coldiretti. Rispetto a due anni fa si è verificato un aumento del 40% delle aree destinate a piccoli orti, a gestione pubblica o privata. Un dato confortante se si pensa che in Lombardia ciascuno di noi ha a disposizione solo 36 mq di verde urbano (dato medio, fonte Istat 2011).
La promozione degli orti da parte delle Amministrazioni Locali è dunque in crescita: un’attività con costi di gestione limitati e le cui implicazioni positive sono molteplici.
Innanzitutto migliora la vivibilità della città. Aree liminali e di risulta, altrimenti destinate all’abbandono, vengono sottratte al degrado e all’incuria, soprattutto nelle periferie cittadine.
La creazione di piccoli orti è inoltre un’occasione di socializzazione e aggregazione, in particolare per gli anziani, incentivando quel legame con la terra che ha benefici effetti sulla nostra salute psichica e fisica.
Senza parlare dei vantaggi economici: l’attuale crisi sta incidendo in maniera determinante sulle scelte di consumo di molte famiglie. Dai dati Istat 2011 emerge che una famiglia su 3 taglia gli alimenti a tavola, rinunciando al buon cibo e pertanto ad una corretta alimentazione. Non solo, Coldiretti sottolinea una diminuzione dell’ortofrutticola del 3% e lancia un allarme sui costi del cibo in Italia che rispetto alla media europea costa il 6% in più. Poter coltivare il proprio orto in città diventa così l’opportunità di avere verdure e ortaggi a km 0, guadagnando in salute e serenità.
Le cose sembrano cambiare anche dalle nostre parti, nella ormai non più verde ridente Brianza. Un esempio è il progetto della Condotta Slow Food di Monza e Brianza, che ci viene raccontato dai tre membri del comitato di condotta dell’Associazione, Saula Sironi, Giorgio Brambilla e Edoardo Gnocchi.
Il progetto risponde ai principi fondativi dell’associazione: incentivare la diffusione del cibo buono (alta qualità nel gusto), pulito (processi produttivi biologici) e giusto (a prezzi sostenibili sia per il consumatore che per il produttore). Come? Attraverso la creazione di un “orto produttivo diffuso” che possa mettere a sistema le tante realtà produttive del nostro contesto territoriale incentivando un consumo consapevole e sostenibile.
L’idea è semplice: da un lato sensibilizzare i consumatori affinché preferiscano prodotti a Km 0 e biologici dall’altro consorziare i piccoli produttori locali e avviare strategie territoriali, diverse dalle tradizionali logiche di mercato.
Con tale progetto si vorrebbe infatti avviare un “patto” finalizzato al recupero produttivo e alimentare degli ortaggi e dei frutti antichi locali, che metta in rete i produttori e i ristoratori, in particolare quelli che già aderiscono alla tradizionale rassegna gastronomica “Colori e sapori di Monza e Brianza” organizzato, da novembre ad aprile, dalla ProMonza con la collaborazione di numerose realtà locali.
La realizzazione di un “orto produttivo diffuso”, potrebbe dunque dare nuova linfa ad un settore drammaticamente in crisi come quello agricolo: la produzione agricola e biologica potrebbe diventare volano di sviluppo, soprattutto se anche gli enti locali incentivassero la scelta di tali prodotti, ad esempio nelle mense scolastiche.
Non resta dunque che seguire le attività della Condotta Slow Food di Monza e Brianza, seguendo lo sviluppo di questa idea, al momento in embrione, approvata come previsione di progetto durante il Congresso della Condotta avvenuto domenica 9 Marzo 2014.
Per tutte le informazioni: www.slowfoodmonzabrianza.it