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Occorre un Tavolo di confronto/gestione Monza-Milano, una progettazione coordinata e condivisa: bisogna individuarne lo strumento, non son sufficienti Triennale e Camera di Commercio, e neppure Consorzio per la Villa.

Riceviamo e pubblichiamo

La notizia, quantomeno all'apparenza, c'è. La pubblica il Corriere della Sera “Ritorno alle origini. A quando, nel 1923, fu inaugurata la prima «Biennale delle arti decorative» nella Villa Reale di Monza. Con questo spirito, in vista di Expo 2015 e della XXI Esposizione internazionale delle arti del 2016, la Triennale di viale Alemagna ha avviato un progetto: allestire nella reggia - in tempi brevissimi - uno spazio permanente dedicato al disegno industriale. E, accanto, creare incubatori di impresa con momenti formativi e informativi per progettisti, industriali, studenti. Il design torna nella sua culla. La Brianza. Il progetto è in fase avanzata, tanto più che è di pochi giorni fa l’ingresso della Camera di Commercio di Monza e Brianza come nuovo socio della Triennale, con dote da 350 mila euro all’anno e un nuovo consigliere, Carlo Edoardo Valli (presidente della Camera brianzola)”.

Vorrei ricorda che questo progetto ha avuto dei precursori, infatti cita un documento del 2003 elaborato da Ezio Rovida e dall'ISA, scuola che in Villa reale sta, nel quale si avanzavano proposte assai simili, ad esempio proprio quella della istituzione di un Museo del Design collegato alla formazione nel settore.

Ne esiste anche uno precedente, del 1977, sempre promosso dall'ISA assieme ad altri soggetti, che testimonia l'esistenza, già allora, di un dibattito attento, che cercava di concretizzare, in istituti e strumenti di formazione diversificati e spazi espositivi, vocazioni consolidate del territorio brianteo e milanese nel campo degli arredi, storicamente fondate (sono le stesse ora citate da Valli, peraltro).
Però, poiché il problema oggi non è rivendicare primogeniture ma offrire contributi fattibili, credo si debba entrare nel merito di una questione: perchè questi lodevoli intenzioni non hanno avuto sinora attuazione?

Non per recriminare, ma per sottolineare quello che è, almeno a mio parere, un ostacolo da rimuovere, che ha un nome: la resistenza sia dei soggetti della formazione, sia di quelli espositivi o aziendali a muoversi in un'ottica integrata, che consideri il terriotorio milanese e brianteo un unicum, dotato di specificità ma strettamente correlato.

 

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Dal punto di vista della formazione, la questione che ci sta davanti è l'articolazione sul territorio milanese e brianteo di momenti e strumenti vari, da quelli tradizionali già esistenti a quelli più flessibili, attuabili solo in stretto rapporto tra scuole di livello diverso (professionale di primo e secondo livello, liceale e universitario) e aziende del settore (centri di ricerca o corsi brevi tematici, ad esempio). Attualmentequesta articolazione è indotta da logiche meramente concorrenziali, localistiche, non intgrate, spontanee, spesso caotiche, se si analizza l'offerta pubblica e privata.

Ciononostante, se tutti i possibili protagonisti hanno la buona volontà di sedersi a un tavolo e discuterne (accadde già, in una misura parziale e insufficiente, quando fu proposto il progetto della Cittadella dell'arte...), gli ostacoli non paiono insormontabili, anzi, le sinergie sono facilmente individuabili: basta volerle praticare assieme, rimuovendo demarcazioni d'influenza e di utenza localistiche e ormai desuete, ancora di più con l'arrivo del metrò a Monza.

Per quanto riguarda gli aspetti espositivi, c'è presumibilmente qualche problema in più, legato ai mutamenti strutturali dello sviluppo (o dell'inviluppo) del ciclo di produzione/promozione e consumo dei prodotti di design, in particolare dell'arredo.
Infatti, nei decenni trascorsi, se parte della produzione è rimasta anche in Brianza, gli show room e le manifestazioni di promozione di livello internazionale si sono spostate nel capoluogo, e la Triennale è stata per molti aspetti il baricentro di questo spostamento, almeno nel settore pubblico.
Questa “rivalità” territoriale ha basi oggettive e radici storiche, a volte si è attenuata, altre accentuata, ma non è un'anomalia casuale.

 

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Il recupero di una maggiore collaborazione tra Triennale e Consorzio per la Villa, quindi, non è solo auspicabile in quanto può segnare l'inversione di un trend, ma necessaria, per evitare che questa differenziazione si approfondisca ulteriormente o si cristallizzi (com'è sinora accaduto) invece di diminuire e, perchè no, dissolversi.
È quindi positivo che la Camera di Commercio brianzola, in particolare nella persona di Valli che del segmento dei complementi di arredo di qualità è esponente significativo, sia diventata socia della Triennale, così come fa piacere sapere che il progetto è, come scrive testualmente il Corriere, in fase avanzata: ci piacerebbe però conoscerlo, di modo che possa essere discusso da tutti i soggetti interessati, formativi e aziendali, pubblici e privati, che possono portare il loro contributo.

Non è per smania di protagonismo localistico che sottolineo questa necessità, ma per sottolineare che, tra le condizioni di fattibilità di un progetto tanto importante, va considerata precondizione la costituzione di strumenti che rappresentino chi dovrà farsene inteprete.
Non vorrei, altrimenti, che per l'ennesima volta la montagna delle ambizioni partorisca il classico topolino. Cosa intendo per topolino? Semplice:

  • un ruolo dei soggetti formativi, locali e non, puramente occasionale o esecutivo, che andrebbe a scapito del consolidamento di buone prassi e innovazione;

  • una “divisione del lavoro” nella quale lo spazio espositivo monzese diventi semplicemente luogo di transito di manifestazioni (mostre, convegni) ideate e proposte altrove, che non riescano a sedimentare identità duratura, ma introducano il rischio di rafforzare la dipendenza/distanza da Milano, intesa come polo centrale di gran parte dei fenomeni artistico/produttivi, che si traduce e consolida poi anche in distanza culturale (basti pensare a cosa man mano diventò la MIA).

L'Expo, com'è noto, ha un tema amplissimo, Nutrire il Pianeta. Energia per la vita, io non so quale ruolo specifico, entro gli orizzonti di questo tema, intendano assumere, nell'ambito del design e delle arti, i gestori degli spazi museali ed espositivi esistenti e di quelli che verrano creati ad hoc.
Faccio un esempio, per semplicità: nel settore artistico e del design, le opzioni relative al “Nutrire” possono variare dalla raccoltà delle innovazioni tecnologiche nei prodotti per la cucina quotidiana alla esposizione dei dipinti che, nell'arco di qualche secolo, documentano il mutare del paesaggio agricolo, delle coltivazioni, del modo di vivere l'alimentazione o di costruire l'ambiente.
Oppure, dalla documentazione delle mutazioni nella domotica o nel wellness, con relative ricadute anche sul cosidetto sviluppo sostenibile e sul risparmio energetico.

Direi, quindi, che c'è uno spazio vastissimo, che può poi essere tradotto in momenti espositivi transeunti o stabili, in strumenti di formazione brevi o duraturi, e in soggetti che si facciano non episodicamente interpreti della progettualità e delle pratiche necessarie per concretizzarli.
Quel che mi sta a cuore, e che accennavo più sopra, è che si trovi un corretta ed efficace integrazione, che sottolinei magari caratteritiche specifiche, ma che vada anche nella direzione di una progettazione coordinata e condivisa: bisogna individuarne lo strumento, non son sufficienti Triennale e Camera di Commercio, e neppure Consorzio per la Villa.

Sia chiaro: sarebbe comunque positivo che Villa reale diventasse parte del circuito milanese delle esposizioni, mi pare difficile, però (e sarei contento di ricredermi) che qui possa sorgere un vero e proprio museo globale del design, con gli annessi e connessi indicati nell'articolo del Corriere, praticamente sostitutivo di quello che a Milano non c'è formalmente ma informalmente esiste, vista la quantità di manifestazioni ricorrenti o permanenti che al tema si dedicano, di cui la Triennale stessa è promotrice e che genera il proliferare di soggetti formativi pubblici e privati.

Non dico che non lo auspico, dico che ci si deve interrogare sul perchè non sia mai avvenuto, poiché le cause, come ricordavo all'inizio, non risiedono solo nella volontà dei soggetti coinvolti, ma nelle modifiche strutturali che hanno spostato il baricentro del design verso Milano.
Se la Triennale consentisse a reinvertire parzialmente la rotta, chiaro che sarebbe dato positivo, ma non credo che voglia rinunciare alla sua centralità, storicamente conquistata.
Se questa disponibilità non è dimostrata nei fatti (e i fatti sono anche rappresentati dall'allargamento territoriale e culturale dei soggetti decisori, non solo in quanto soci pagatori), tanto vale, allora, e non la considero una soluzione di ripiego, ritagliarsi gli spazi che possono essere caratterizzanti e gestibili, inserendoli dentro un percorso coordinato con Milano.

Il museo del design, visto nell'accezione più specifica di museo di un settore del design mi pare più realizzabile e, proprio orientandosi all'Expo, non dovrebbe essere difficile immaginare alcuni punti di partenza, persino ricorrendo alla valorizzazione di elementi storici già presenti nel Parco e nei Giardini.

L'importante è, ripeto, che le iniziative sedimentino in luogo elementi non effimeri, destinati a dissolversi con l'esaurirsi dell'Expo stessa. Perchè sedimentino, mi pare necessario quel che richiamavo. Il 30 ottobre 2010, proprio in Villa reale, lo stesso Valli era presente al convegno che ha analizzato la situazione del settore design con il concorso di esperti, rappresentanti di aziende e di scuole brianzole e milanesi, dunque l'esigenza di una integrazione dei soggetti potenialmente interessati penso l'abbia ben presente. Inoltre, uno strumento di confronto mi risulta esistesse a Monza, una sorta di Tavolo del design, che aveva l'ambizione di mettere in relazione soggetti della formazione, soggetti pubblici, associazioni di settore, aziende.
Ne è conoscenza Valli? Perchè non si fa protagonista di un suo rilancio?
Se non c'è più, qualcosa di simile va inventato e allargato a Monza e Brianza, poiché può essere l'interlocutore idoneo per qualsiasi progetto, più o meno ambizioso, che voglia ricostituire, ampliandolo, l'asse progettuale, produttivo e formativo Milano-Monza che ha caratterizzato la nascita del design italiano.

Gli autori di Vorrei
Michelangelo Casiraghi