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Dossier: La Provincia Monza e Brianza. Che cosa potrebbe accadere a Monza dentro la "grande Milano"? E il recente Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale che fine farà? 

 

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n queste giorni il governo nazionale ha deciso di ridurre il numero delle Province da 86 a 51. In realtà sono anche di più. La parola ora passa al Parlamento. Per quanto riguarda la Provincia di Monza e della Brianza (nata nel 2009), si prevede che venga accorpata alla grande Milano. La questione, come anche ricordato in altri articoli di questa Rivista, non è nuova.

I primi riferimenti legislativi. Si faccia conto che la formazione delle “città metropolitane” (tra cui Milano) era prevista già dagli articoli 17 e 18 del Capo VI della legge 142 del 1990, relativa al nuovo “Ordinamento delle autonomie locali”. Sono passati quindi ben 22 anni prima che, ora, se ne senta riparlare. Ma anche la questione delle Province non è nuova. Ricordiamo che erano nate con il Decreto Rattazzi del 1859 e poi previste dall’art. 114 della Costituzione (1947).  

In Regione Lombardia, già la legge 52 del 1975,  prevedeva implicitamente che le province venissero col tempo sostitute dai Comprensori. Prova ne è il fatto che la Legge urbanistica fondamentale di allora, la n. 51, sempre del 1975, all’art. 8, prevedeva la formazione di “Piani territoriali di coordinamento comprensoriali” (e non quelli provinciali), PTC che pur vennero redatti, ma mai approvati, anche perché i Comprensori, una sorta di ente intermedio, non riuscirono mai a decollare, molto probabilmente per motivi politici.

Ma a parte questi datati riferimenti legislativi, molto forte fu il dibatto che si sviluppò nella metà degli anni ’70 relativamente alla “città metropolitana” e alla necessità di un “ente intermedio”, cioè poco dopo la formazione delle Regioni (1972), anch’esse previste dalla Costituzione, cioè 25 anni prima. Il principio che sempre veniva richiamato, da una parte e dall’altra, era pur sempre quello di rango costituzionale (art. 5), cioè la difesa delle autonomie locali.

Milanocentrismo o policentrismo regionale. Per quanto riguarda la pianificazione territoriale, in Lombardia, nacquero addirittura due scuole di pensiero, che si contrapponevano anche a livello politico e partitico: una, che vedeva la necessità che l’hinterland milanese venisse governato attraverso la città metropolitana (la cosiddetta logica “milanocentrica”), e chi invece puntava ad uno sganciamento dal capoluogo per una serie di motivi di carattere identitario, ma anche economico e urbanistico e per non essere fagocitati dalla metropoli e delle sue enormi necessità, ma anche per non diventare una sorta di “quartierone” della indistinta periferia urbana milanese.

 

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Quella idea puntava a un complessivo riequilibrio regionale coinvolgendo i poli più lontani da Milano (Como, Lecco, Bergamo, ecc.), collegati col capoluogo soprattutto attraverso il sistema ferroviario regionale, al fine di non concentrare tutto sul capoluogo e il suo immediato intorno, considerato sempre più invasivo e soggetto a un’espansione edilizia a macchia d’olio e suoi problemi indotti, spostando invece funzioni in quei poli collocati a 50/60 km di distanza.

La Brianza e il nord Milano. D’altra parte, i Comuni della prima corona di Milano, come ad esempio Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo o Cormano, non potevano certo costituire un modello da seguire, soprattutto per quanto riguarda l’uso del proprio territorio. Il primo, aveva da tempo seguito il modello della “città delle fabbriche” (Breda, Falck, Marelli, Campari, ecc.); l’altro, Cinisello, invece si connotava maggiormente come serbatoio di tracimazione da Milano di edilizia popolare per i ceti meno abbienti. Questo, ovviamente, ha sempre avuto implicazioni anche da un punto di vista del colore politico del loro governo locale.

Cosa diversa era per la “bianca Brianza”, fatta di fabbriche e di laboratori artigianali, da villette e condomini e una buona quantità di verde collinare rappresentato, nella sua parte centrale, per esempio dal Parco regionale della valle del Lambro, dal Parco di Montevecchia e della Valle del Curone (entrambi istituiti con LR già nel 1983) o di parte del Parco della Groane, a ovest, istituto ancora prima, nel ‘76. Per non parlare di una decina di Parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS), riconosciuti successivamente nel corso degli anni.

 

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D’altra parte, che la Brianza abbia sempre guardato più verso il nord prealpino che verso la metropoli milanese, è cosa nota e forse questo potrebbe addirittura essere fatto risalire al medioevo, alle lotte di potere tra i Torriani e i Visconti per il controllo di Milano. Molti Comuni brianzoli hanno ancora oggi nel loro stemma una torre.

Ma nella realtà, la Brianza è il territorio compreso tra il Canale Villoresi (a sud), del Seveso a ovest, dell’Adda a est e delle sorgenti del Lambro a nord, verso la Val d’Asso (Valassina). Dovendo comunque fare oggi una scelta, la verde Brianza collinare non ha nulla a che vedere con Milano e la sua conurbazione, sia per motivi identitari della sua comunità che per i caratteri del suo territorio.

Le densità di popolazione. Basti pensare, per esempio, che Milano ha una densità di popolazione di oltre 7.400 abitanti per Km2; Monza 3.700 ab/km2; l’attuale Provincia di MB circa 2.100 ab/km2. Ben diversa è la questione per Sesto S.G (quasi 7.000 ab/km2);Cinisello 5.800 ab/km2; Bresso circa 7.800 ab/km2, cioè quasi la densità di Napoli, che ha ben 8.100 ab/km2.

Dovendo fare una scelta, Monza dovrebbe quindi aggregarsi più facilmente con Como e Lecco, anche per la presenza di territorio agricolo e verde entro il proprio confine comunale (circa 4,5 ml di mq + 7,5 ml di mq del Parco Reale), suolo libero che praticamente manca negli altri comuni a nord di Milano, inglobati dall’espansione edilizia della metropoli milanese. Aree libere monzesi che fanno ancora gola a diversi grandi speculatori immobiliari milanesi. E non solo quelle.

 

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Il governo della città metropolitana. C’è poi il rischio che il governo della “città metropolitana” diventi una  sorta di “grande ministero” e che non si ottenga alcun beneficio, sia di minore spesa, sia di migliore organizzazione e decisione, per un servizio più diretto rivolto ai cittadini. E’ ben noto che colloquiare col Comune di Milano, che ha solo 1.300.000 abitanti, è già oggi molto, molto difficile, pur con un rapporto tra enti pubblici. Recarsi nel capoluogo è diventata poi cosa quasi impossibile. Senza considerare che nella eventuale elargizione di fondi statali, i grandi fabbisogni di Milano farebbero la parte del leone o andrebbero ai comuni minori, in quanto Monza è notoriamente benestante, rispetto a quei due estremi.

Il PTCP di Monza e Brianza. Un’ultima questione va infine sollevata. E’ noto che la Provincia di Monza e della Brianza ha adottato il 22 dicembre del 2011 il proprio Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP). Approvarlo definitivamente (dopo la sua pubblicazione, avvenuta nei primi mesi del 2012), non è una questione marginale, sia rispetto alla “Rete verde di ricomposizione paesaggistica” che per gli “Ambiti agricoli strategici” che, soprattutto per Monza, rappresentano una parte notevole del proprio territorio, così come indicato anche dalla nuova amministrazione comunale col suo PGT vigente (2007).

 

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Se tale Piano provinciale fosse definitivamente approvato entro dicembre 2012, cioè prima dello scioglimento del Consiglio provinciale, questo fatto potrebbe dire la parola fine per diverse vaste aree agricole, da sempre oggetto degli appetiti di alcuni grandi proprietari terrieri.  Infatti, in quel caso, si avrebbero non solo vincoli del livello comunale, ma anche quelli di un piano sovracomunale e sovraordinato. Non può sfuggire come questa scelta potrebbe essere rimessa in discussione in logica milanocentrica qualora il nuovo “governo metropolitano” invocasse, a torto o a ragione, motivi diversi per soddisfare le sempre invocate “esigenze di sviluppo” del capoluogo lombardo. Ci si chiede: che fine farà quel PTCP di MB, per ora solo adottato? Andrà rifatto? Come e con quali tutele per Monza? Anche questo motivo porterebbe a propendere per non trasformare Monza e la Brianza in un quartiere satellite di Milano…

Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.