Avviamo il dibattito: perchè si al PROGETTO RECOVER
I muri della nostra città sono ormai un continuum di immagini disordinate e fatiscenti, che si mescolano con la segnaletica stradale e la cartellonistica, giustificata dall' idea che la pubblicità sia qualcosa che non si può evitare, in nome della necessità di creare consumi che diventino fonte di lavoro per tutti. Tolleriamo tutto ciò, siamo ormai abituati al debordante e disarticolato mescolarsi di grigi e colori fatiscenti che accompagnano le nostre soste ai semafori, le camminate frettolose per le strade delle zone periferiche, il distratto guardare fuori dal pullman, mentre cerchiamo di stare in piedi in mezzo a perfetti sconosciuti. Viviamo in uno spazio urbano dove la città non è più un luogo di fatti reali, patrimonio di chi, nelle sue strade, ci vive e si muove. E’ proprio in questo panorama urbano che i giovani vivono. Alcuni di loro vi si inseriscono lasciando tracce che vorrebbero, perlomeno, non essere viste come qualcosa di criminale solo perché rompono il monotono degrado interiorizzato da tutti noi.
Per questo motivo SEL sostiene progetti che:
- diano la possibilità alle idee, attraverso rappresentazioni grafiche, di uscire dall'anonimato;
- permettano ai giovani che hanno scelto questa forma espressiva di far succedere qualcosa. Un qualcosa che operi nella realtà, che si integri nel territorio urbano, loro luogo di crescita individuale e sociale.
- promuovano percorsi culturali che aiutino tutti ad uscire dagli schemi virtuali della pubblicità, dei media e della rete, ormai fonte di città svuotate e noiose.
Crediamo che il progetto Recover abbia questa potenzialità. Che voglia sollecitare un pensiero sullo spazio fisico di Monza e la sua vivibilità. Vorremmo, però, che fosse meglio articolato nella sua attuazione, affinché i comportamenti ludici costruttivi che promuove siano reali situazioni di scambio tra le persone nei quartieri. Ci piacerebbe che i cittadini da spettatori possano diventare attori, interlocutori attivi, dell'esperienza. Vorremmo che la progettazione di tali percorsi sia maggiormente integrata, pensata con le diverse età ed esperienze che abitano le vie dove i prodotti vengono realizzati. Pensiamo che le critiche negative che sono state portate, siano un buon segno di inizio di dibattito e, non dimentichiamo, che la Street Art, in quanto tale, ha in sé il senso del disturbo nei confronti della normalità.
Il suo compito primario è quello di mettere in crisi le certezze acquisite sul modo in cui viviamo la città. Se la normalità è una città, con le sue periferie, dove tutto è già stato fatto e pensato senza coinvolgere tutti i soggetti che ci vivono, ben venga il dibattito! Questo è uno dei temi che più hanno a che fare con la dimensione partecipativa. Un dibattito di questa natura deve essere ricondotto nei contesti che l’A.C. ha già individuato per il confronto costruttivo e democratico quali, tra gli altri, le Consulte di Quartiere. Tra l’altro chiederemo all’A.C. un aggiornamento sulla promessa istituzione di una Consulta Giovani, che dovrà essere l’interlocutore privilegiato su questi temi. A noi non piace che Monza sia un moderno e triste bazar permanente, dove il nostro sguardo sia sempre più distratto.