20170228 laura Lepetit

Una femminista distratta come Laura Lepetit, non poteva che celebrare la festa della donna il 12 invece che l’8 marzo. Ed è proprio quello che farà, a Monza, partecipando al pomeriggio organizzato dal Centro Culturale Ricerca (gruppo On!) in collaborazione con la Libreria Virginia e Co. L'intervista

“Un’altra festa della donna”, quella monzese, che “cade” di domenica e propone in sala Maddalena (via Santa Maddalena 7) tre incontri pomeridiani. Laura Lepetit — che Vorrei ha intervistato in anteprima — alle 16.30 dialoga con Elisa Bolchi e Sara Sullam, di “Femministe distratte”, ca va sans dire, visto che così si è lei stessa definita raccontandosi in “Autobiografia di una femminista distratta” (Edizioni Nottetempo). Prima di lei, alle 15.30, Laura Pigozzi affronta il tema “La maternità e la famiglia che tentano di inglobare il mondo” con Giovanna Canzi, mentre a chiudere “Un’altra festa della donna” è Ginevra Bompiani che, in compagnia di Raffaella Musicò, accende “Una luce mediterranea per l’editoria”.

Segnato l’appuntamento in calendario, facciamo due chiacchiere con Laura Lepetit. All’anagrafe Laura Maltini, nel 1975 ha fondato la casa editrice “La Tartaruga”, che ha diretto fino al 1997. Già nel 1965 con Annamaria Gandini e altri amici, aveva rilevato la libreria Milano Libri.

Nel titolo del suo libro si definisce “femminista distratta”: in che senso femminista? perché distratta?
Ho messo nel titolo della mia autobiografia femminista perché racconto come l'incontro col femminismo di Carla Lonzi negli anni 70 ha cambiato la mia vita. Mi sono dedicata al movimento delle donne e non sono più tornata indietro. Ho aggiunto la parola distratta per togliere un po' di drammaticità al termine che viene spesso indicato come pesante e polemico.

Cosa l'ha spinta a fondare la sua casa editrice?
Ho fondato la Tartaruga edizioni perché avevo una lunga esperienza tra i libri prima come lettrice e poi lavorando alla Milano Libri. In quegli stessi anni nascevano molte case editrici femministe in tutta Europa e in America e mi sono detta “perché no?”

Tre libri giusti al momento giusto che hanno influito sulla sua vita finora?
Incontrare il libro giusto al momento giusto mi è sempre stato di grande aiuto. Per farla breve ho pensato che Alice nel Paese delle Meraviglie mi abbia aiutato da bambina ad amare le avventure e gli imprevisti, da grande ho scoperto Le tre ghinee di Virginia Woolf e l'impegno politico di questa grande scrittrice e sono stata completamente conquistata dalla filosofia di Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi.

“Lavorare per una donna era giudicata una disdicevole necessità" scrive nel suo libro. Cosa è cambiato da allora e cosa c'è ancora da cambiare?
Molte cose sono cambiate da allora, adesso le donne lavorano in ogni campo e tutte le carriere sono aperte. Ma resta ancora molto da fare per arrivare ai posti di comando e cambiare le regole di questa società che non ci vanno bene, per rendere la vita più vivibile e a misura di donna.

C'è una casa di quelle in cui ha abitato a cui si sente strettamente legata? E perché?
Sono molto legata alla mia casa in campagna, in Maremma, che ho scelto da sola e ho amato subito. Ogni volta che ci vado mi sento bene, mi sento nel luogo del cuore.

Dall'uscita del suo ultimo libro ad oggi che impressioni, commenti e reazioni ha raccolto dai lettori?
Da quando è uscito il mio libro ho fatto molte presentazioni e ho sempre ricevuto molti complimenti sinceri, mi sono sentita in sintonia con le lettrici. Sono contenta di aver scritto qualcosa che serve anche ad altre a capire molte cose di sé e a riconoscersi nel comune destino femminile.

Nel libro Zitelle (di Kate Bolick) c’è una domanda che le ripropongo: "siamo finalmente pronti perché una giovane donna intraprenda la lunga strada della sua vita come un essere umano che è dotato di un sesso ma che non ne è limitato?"
Alla bella domanda di quel libro darei una risposta positiva. Sì, siamo pronte a non farci limitare dal nostro sesso, ci serve ancora un po' di coraggio e di appoggio da parte delle altre.

Cosa pensa dei mestieri declinati al femminile (architetta, ingegnera, chirurga...)? È una "conquista" che servirà o c'è altro su cui spendere energie per presente e futuro delle donne?
Declinare al femminile i mestieri è ormai un'abitudine, mi stupirei se qualcuno usasse il maschile per indicare una ministra o un'avvocata. E devo dire che mi fa piacere.