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Temptation Island come esperimento sociologico «Alle coppie abbiamo chiesto: “Credete che il vostro amore sia forte, unico e vero e avete voglia di metterlo alla prova?”»

Temptation Island è arrivato in Italia alla 5a stagione (senza contare l’edizione standalone del 2005 sotto pseudonimo), registrando sempre un trionfo di ascolti che l’hanno traghettato da edizione a edizione. Il conduttore fisso del programma dal 2014 è Filippo Bisciglia, salito alla ribalta grazie ad una delle più prolifiche edizioni del Grande Fratello, la sesta, che ci ha “regalato” anche Laura Torrisi e Francesca Cipriani.

L’ultima puntata ha registrato quasi quattro milioni di telespettatori, pari al 22.51% di share, che sale ad uno strabiliante 41% di share nella fascia dei giovani fra i 15 e i 24 anni.

La formula, per chi non abbia mai visto il programma, è semplice quanto efficace: delle coppie di fidanzati (unica regola non essere sposati né con figli) desiderosi di mettersi alla prova sono separati per genere e spediti per alcune settimane in luoghi separati, senza la possibilità di parlarsi o scriversi. Nelle rispettive residenze li attendono una schiera di single, molto avvenenti, che hanno l’obbiettivo di conquistare i fidanzati lontani dal loro amore. A ciascun partner vengono mostrati, ad intervalli fissi, dei filmati riguardanti quello che l’altro partner fa sull’altra isola, e quando ciò che si vede diventa insopportabile si può chiedere un falò di chiarimento.

Proprio Filippo Bisciglia, che ha trovato nella conduzione di Temptation Island la propria consacrazione televisiva dopo anni di apparizioni di minore importanza, dice la sua sul perché del successo: «Temptation nasce come esperimento sociologico, proprio come il Grande fratello, per studiare i comportamenti delle persone», aggiungendo che «Rispecchia la vita reale di tutti i giorni, purtroppo non visibile agli occhi del partner. Siamo tutti bravi a fare la passeggiatina al centro commerciale mano nella mano, ma non l’avete mai visto il comportamento del partner quando non è con voi. Se il suo comportamento è trash, allora, ok, è trash anche Temptation».

Il Professore universitario di Storia della Televisione e giornalista Aldo Grasso ha repentinamente sentenziato con un articolo sul Corriere che «l’esperimento sociologico esiste sì, ma riguarda un gruppo di sfigati esibizionisti cresciuti guardando i programmi di De Filippi.», nonostante sia costretto poi ad ammettere come «è vero, però, che il numero ha ormai una sua rilevanza sociologica (altrimenti non si spiegherebbero certi esiti delle ultime elezioni)».

l’idea di Temptation Island come esperimento sociologico non è esattamente farina del sacco di Filippo Bisciglia, come qualcuno potrebbe avere sospettato data la caratura del pedigree (ma di recente Rocco Casalino ha ribaltato gli schemi in materia): l’ex-gieffino appare già abbastanza provato nella mediazione dei litigi fra i concorrenti davanti al falò, figuriamoci a confrontarsi con paroloni difficili come “sociologico”.

 

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Illustration 1: Sua Mediasettità Maria De Filippi. Immagine presa da bitchyf.it

 

L’idea proviene difatti dall’autore del programma, Claudio Leotta. Claudio Leotta è uno degli autori di punta di Fascino PGT, la casa di produzione per cui lavora la squadra che ha plasmato il mondo televisivo di sua Mediasettità Maria De Filippi: oltre che di Temptation Island, Leotta è l’autore di Uomini e Donne, C’è posta per te, Amici, Vero Amore (la prima vera edizione di Temptation Island trasmessa nel 2005) e Volere o Volare.

È lui che nel 2014, in occasione della prima edizione, in un’intervista a TV Sorrisi e Canzoni definisce Temptation Island un esperimento sociologico, come il Grande Fratello, e si lascia andare ad una digressione molto interessante in cui spiega come:

«Rispetto al format americano, noi abbiamo scelto una chiave più morbida, volevamo raccontare le coppie e soprattutto i sentimenti. Non ci soffermiamo troppo sull’aspetto della tentazione fisica e carnale. La nostra isola è più un luogo mentale. Alle coppie abbiamo chiesto: “Credete che il vostro amore sia forte, unico e vero e avete voglia di metterlo alla prova?”. Abbiamo escluso le coppie con figli e quelle sposate e ci siamo focalizzati sulla fascia d’età dai 22 ai 35 anni, quella in cui tutto può ancora succedere. Per quanto riguarda i single, cercavamo ragazzi e ragazze di bell’aspetto. Non sono stati chiamati a sedurre o tentare, ma a conoscere i fidanzati e le fidanzate. In questo programma mostri i tuoi sentimenti, metti a rischio un rapporto di coppia. Più che un gioco lo definirei un esperimento sociologico.»

Questa scelta sembra essere la chiave di volta che ha permesso alla versione italiana di essere la declinazione più longeva e di maggior successo del format di Temptation Island, di mamma Endemol: la versione statunitense, andata in onda dal 2000 al 2002, dopo un’ottima prima stagione ha avuto ascolti disastrosi già dalla seconda stagione ed è stata cancellata dopo un’altrettanta disastrosa terza stagione.

 

La specificità culturale italiana di Temptation Island

Le parole di Leotta sono molto vere: lo spettatore che si approcci a Temptation Island desideroso di visioni pruriginose sarà condannato a rimanere deluso, scoprendosi in un mondo casto e innocente come (o forse più di) un oratorio della provincia italiana. «There are so many shows centered around this very true fact that people reproduce.» ha affermato ironicamente Emilia Clarke difendendo GOT dalle accuse di iper-sessualizzazione, ma questa massima non vale per Temptation Island. A differenza del format internazionale, dove poteva accadere come nella versione olandese che il povero fidanzato Gringo osservasse la fidanzata Ciska andare a letto a pochi giorni dall’inizio con ben due single, finendo immortalato nella storia televisiva nazionale per le comprensibili accese reazioni, nella versione italiana bisogna accontentarsi durante i picchi di climax erotico di qualche bacio, ad eccezione di casi più unici che rari nei quali si è ammiccato, molto alla lontana e molto a favore di riviste di gossip, ad atti più sporcaccioni.

 

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Illustration 2: Gringo nuovamente immortalato ad anni di distanza nella sua iconica espressione di disappunto

 

Questo non è un elemento casuale: oltre ad avere ragioni di ascolti, ripagate dal pubblico, di adesione al modello delle soap opera e delle telenovelas di grande successo in Italia (modello applicato anche ad altri programmi di Leotta come Uomini e Donne), c’è anche una ragione culturale che ha a che fare con il tabù che avvolge ancora l’argomento sesso e relazioni nel nostro bel paese, certamente più di quanto non avvenga in un paese nord-europeo.

Il piano culturale è il livello d’analisi che mi sembra più interessante da analizzare. Aldo Grasso, nel suo breve pezzo sul Corriere della Sera, mostra su questo piano tanta ragione da vendere quanto torto da scontare. Se c’è naturalmente del vero nel ricordare che il ruolo dell’autore televisivo è più ingombrante di quanto non voglia far credere Leotta, l’affermazione per cui l’esperimento sociologico riguardi solo un gruppo di sfigati esibizionisti cresciuti guardando Maria De Filippi  stride e viene platealmente contraddetta dai dati auditel, che mostrano come questo gruppo di sfigati esibizionisti interessino ed appassionino il 41% dei giovanissimi fra 15 e 24 anni che guardano la tv.

Quanto di quel dato è prodotto da chi guarda il programma per amore del trash, come ad inizio novecento si poteva guardare un freakshow? Impossibile quantificarlo. Ma basta una veloce occhiata ai tweet con hashtag #temptationisland (quanto sarebbe interessante, una topic analysis fatta bene sul dibattito generato da Temptation Island? Magari in una prossima puntata) per vedere che chi lo commenta con distacco e per puro gioco intellettuale è una sparuta minoranza. La grande maggioranza commenta, si immedesima, pure prende in giro e ride ma oserei dire fa tutto ciò in modo simpatetico, come faceva il pubblico di Fantozzi di fronte alle sventure di quell’impiegato così pietoso e così simile, del quale si ride per esorcizzare le proprie frustrazioni in funzione autoconsolatoria (cito ancora Aldo Grasso, pur in un’altezzosa stroncatura di Paolo Villaggio, per espiare le mie colpe di averlo contraddetto su Temptation Island).

Insomma le storie appassionano perché quel «luogo mentale» di sentimenti e rapporti di genere provoca un parziale effetto di immedesimazione, di esorcismo emotivo, di riflessione.

Ma qual è dunque la cultura che compone questo luogo mentale? È per rispondere a questa domanda che diviene interessante raccogliere l’invito proposto nel titolo, di sviluppare una sociologia di genere di Temptation Island, sul filo del rasoio fra il serio ed il faceto.

 

Come Machismo e Marianismo approdano nell’Isola della tentazione

Mi servirò, in questo (primo? Chissà) divertissement estivo su Temptation Island, delle categorie sociologiche di Machismo e Marianismo, impiegate a partire dagli anni 70 grazie a un noto articolo accademico  (e un libro) pubblicato da Evelyn P. Stevens, scienziata politica, che ha aperto un lungo e complesso dibattito antropologico. Senza addentrarci negli oscuri (e ai nostri fini sterili) meandri dei dibattimenti accademici lo studio, condotto a partire da una ricerca empirica sul Messico, sviluppa le categorie analitiche del machismo e del marianismo, che incarnano l’insieme di regole sociali e morali che ciascun genere deve rispettare nella società latino-americana. Sebbene il dibattito sia spesso rimasto chiuso al continente sudamericano, nella stessa introduzione dell’articolo accademico la Spagna e l’Italia vengono citati come i modelli culturali da cui machismo e marianismo sono derivati.

La vera novità dell’articolo di Stevens è che a fianco al già acquisito concetto di machismo viene introdotto quello di marianismo, che rappresenta per ruoli e regole una figura speculare e complementare a quella maschile, che ingabbia la donna in una posizione subordinata.

Se il machismo impone all’uomo di mostrare e dimostrare continuamente la propria virilità e mascolinità (coraggio, forza fisica, aggressività, cavalleria, visione della femmina come preda da conquistare e dei maschi come altri membri del branco su cui primeggiare), il marianismo impone alla donna di aderire ad un ideale modello marianico, che si sviluppa in modo complementare: se l’uomo macho deve essere forte fisicamente, la donna marianica deve essere emotiva, se all’uomo macho è richiesto di essere attivo alla donna marianica viene chiesto di essere passiva. Il marianismo impone alla donna una idea di femminilità complementare e subordinata a quella del macho, dove ella deve essere piena di sentimenti, modesta, non appariscente, profondamente amante e fedele al partner ma contemporaneamente comprensiva delle sue “scappatelle” (le è concessa una scenata di gelosia, uno sfogo emotivo per l’appunto, ma dopo è in qualche modo tenuta al perdono in nome dell’amore). Consiglio, per chi volesse una comprensione immediata e ad alto impatto visivo dell’influenza di questi modelli nella vita quotidiana odierna, il video Pink &Blue, sfortunatamente in lingua inglese.

Il marianismo diventa l’unico modello positivo a cui la donna può tendere nella (falsata) dicotomia che costringe la donna ad essere “santa o puttana”, una dicotomia che è stato osservato di recente dalla sociologa Elisa Giomi domina ancora la rappresentazione della donna nei programmi Rai e Mediaset.

 

Gli idealtipi di Temptation Island

 

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Ho voluto dunque sperimentare prendendo le coppie di Temptation Island e divertendomi ad raccontare ciascuna di esse come l’idealtipo, maschile o femminile, di un aspetto del machismo o del marianismo. L’idealtipo è, per definizione, «una riduzione del molteplice empirico che […] consente di renderlo intelleggibile»; in altre parole è uno stereotipo analiticamente utile a sintetizzare la complessità del reale in un concetto più semplice. Ne consegue che in realtà nessuna coppia rappresenterà al 100% un solo idealtipo, ma ciascuna presenterà caratteristiche riconducibili a ciascuno degli idealtipi esposti. Cominciamo, e che Max Weber abbia pietà della mia anima.

N.B.= Sebbene non necessario, è fortemente consigliato accompagnare la lettura degli idealtipi all’ascolto de “La canzone di Oronzo e Valentina”, dedicata alla prima coppia di cui ci occupiamo.

  1. Oronzo e Valentina: il corteggiatore seriale.
    Oronzo incarna l’uomo con la licenza di corteggiamento. Nella prima puntata impazza per i corteggiamenti estremi con le single ma poi, quando vede Valentina fingere appositamente di flirtare con un single di rimando, impazzisce di gelosia e chiede il confronto. Perché l’uomo può dove la donna no. Alle richieste di Valentina sul perché stesse flirtando con una single a cena Oronzo risponde, sereno «Sai che ho la malattia delle donne!», chiedendo a Valentina di dimostrare la propria comprensione e perdono; quando lei gli rinfaccia come lui per flirtare dica che non ha ancora trovato la donna della sua vita Oronzo le risponde, guardandola negli occhi, «Sei tu». Come a dire, sai che io posso dire queste bugie per flirtare con le altre, ma alla fine il vero amore sei tu, e in base a questo chiedo il perdono. Il momento di rottura avviene quando Valentina dichiara «Mi sono stancata Orò», scoppiando in un pianto disperato che le deforma il viso. Qui, esprimendosi con lo stesso medium emotivo, il corteggiatore seriale capisce che ha oltrepassato il limite. Valentina va via, lasciando Oronzo solo. Ma la storia non finisce qui.
    La palla passa a questo punto a Oronzo, che nei giorni successivi cambia completamente, grazie a quanto apprendiamo dall’autore del programma: è così distrutto da non dormire, non riuscire manco a bersi un caffè, a non pensare ad altro e non flirtare più con nessuna. Il corteggiatore seriale espia le proprie colpe dimostrando, in questo frangente estremo con qualità tipicamente femminili che umiliano la propria virilità come pianto, disperazione e depressione, che la donna marianica era l’unico vero amore.
    Una settimana dopo, Oronzo chiede un secondo falò: qui è lui che si dimostra continuamente inferiore, piagnucola perennemente, arrivando nel momento clou con un gesto teatrale a gettare gli occhiali da sole, quelli con cui poteva guardare non notato tutte le single, nel falò. È lui ora a scoppiare in un pianto ancora più fragoroso che ne deforma il viso mentre sussurra con voce tremula e rotta dal pianto «Voglio guardare solo te vojo guardà...». Valentina scoppia a piangere disperatamente, il pianto collettivo segna la riconciliazione, il corteggiatore seriale ha espiato la sua colpa e può essere ora perdonato. La coppia torna insieme e può ristabilire i propri ruoli.

  2. Michael e Lara: il macho violento.
    Michael, il fidanzato della seconda coppia, è l’idealtipo machista dell’uomo che rivendica la propria mascolinità tramite l’espressione della propria forza fisica, dunque tramite violenza, minacciata o attuata. Non (necessariamente) violenza di genere, ci mancherebbe, ma violenza come metodo di affermazione della propria superiorità sugli altri.
    A partire dal livello verbale: Michael è l’unico che insulta la propria ragazza per l’aspetto fisico, prendendola in giro con gli altri fidanzati per i suoi denti, in una sorta di bullismo delle medie fuori tempo massimo.
    Ma è quando Michael, che naturalmente si lascia andare ad ogni tipo di flirt con la single Rita, vede dei filmati piuttosto innocenti di Lara con il single Giuseppe che emerge l’idealtipo del macho violento. Michael in uno scatto d’ira con un pugno fracassa il netbook della produzione.
    Michael non si scusa e non sembra preoccupato o inquietato dal proprio scatto d’ira: gli sembra probabilmente naturale e commisurato alla visione della fidanzata che balla con un altro. Al contrario una volta tornato nel villaggio emulo di Hulk sfascia sedie, tavoli, porte, tutto ciò che trova a portata di mano.
    Anche due esclamazioni, una di Michael l’altra di Lara, permettono di cogliere per comparazione la natura del macho violento: Michael, quando un single si permette di chiamare la sua fidanzata «Laretta», reagisce al semplice vezzeggiativo gridandogli contro «Non azzardarti a chiamarla Laretta che ti stacco la testa a morsi!!»; il possesso della propria donna viene affermato ai primi sentori di flirt con una reazione tanto violenta da essere addirittura animalesca, ferina. Quando Lara invece, esasperata per gli insulti di Michael e le sue bugie, esplode anch’essa in una minaccia/insulto, prorompe in una frase che diventa il meme ad inizio paragrafo: «Ti apro come una verza!»; la frase vorrebbe esprimere violenza ma lo fa in una maniera così comica da suscitare risate più che impressione. Lara con questa frase, più o meno studiata da parte degli autori, digerisce e restituisce la violenza esibita orgogliosamente da Michael in forma parodizzata e quasi grottesca.
    Insomma, Lara: Temptation Island o no, lascia Michael e trova una persona meno pericolosa!

  3. Ida e Riccardo: la gelosia e la passione.
    La gelosia e la passione sono due elementi cardine che sorreggono una coppia machista e marianista e probabilmente Ida e Riccardo, che approdano a Temptation Island dopo essere già stati a Uomini e Donne, sono la coppia che lo dimostrano maggiormente. Riccardo flirta mostrando improbabili cicatrici sull’interno inguine, si prende persino senza troppi giri di parole del morto di f**a dalla propria single quando, esaurito il proprio evidentemente ristretto bagaglio di approcci, in spiaggia le dice che le stanno uscendo le tette di fuori. Nel mentre Ida sembra avere trovato l’unico single con del sale in zucca, che le da consigli condivisibili come farle notare che se il compagno non le ha mai chiesto in mesi e mesi come stia suo figlio, non è esattamente un buon segno di serietà ed amore. Ovviamente anche qui è Riccardo che di fronte ai saggi consigli si scandalizza e chiede il falò. Questa volta però le cose prendono una piega inaspettata: la scenata di gelosia di lui diventa, per Ida, la dimostrazione dell’autenticità del suo amore; quando poi lui si lascia andare ad un paio di frase colme di melassa, dichiarando improvvisamente e senza fondamento alcuno che ama solo lei e vede in loro due e il figlio la sua famiglia, lei si scioglie: i due scattano in un moto di passione irrefrenabile iniziando a baciarsi, avvinghiarsi e strusciarsi seduta stante con una tale veemenza che viene il dubbio che i cameramen abbiano dovuto spegnere in fretta e furia telecamere e luci, per salvaguardare la fascia protetta.
    La gelosia come segno autentico di amore in un ragionamento contorto per cui «se ci prova con tutte ma poi è geloso di me allora mi ama davvero» e la passione come fuoco riparatore e riappacificatore, che in nome della passione irrazionale spazza via ogni elemento di razionalità (che condurrebbe inevitabilmente ad accendere una luminaria gigante con scritto «mollalo, è scemo»), sono sentimenti parte dei meccanismi messi in moto nella coppia machista-marianista.
  4. Andrea e Raffaela: la Maria addolorata.
    Raffaela incarna il modello perfetto, al punto da essere caricaturale, della donna marianica. Mentre Andrea, una montagna umana di muscoli da far invidia ad una delle cinque stelle di Nanto di Ken il Guerriero (e anche a me) indovinate un po’ flirta e si diletta con una procace single, Raffaela...piange. Raffaela si sveglia la mattina, e piange; mangia, e piange; rientra dai falò la sera, e piange. Il povero single a cui è stato affidato l’ingrato compito di corteggiarla è credibilmente in terapia, dopo che ogni suo tentativo di approccio verso la ragazza si è risolto con lei che, nel giro di 5 minuti, scoppia in una valle di lacrime.

L’apoteosi avviene quando il povero disgraziato pronuncia una frase che a Raffaela ricorda la loro canzone d’amore: naturalmente ne segue un pianto disperato. Al falò poi la piangente scoprirà che la stessa canzone è stata usata dal fidanzato per flirtare con la procace single.
Raffaela è l’idealtipo della donna marianica emotiva, passiva e quasi annullata nella sua fisicità (è anche la più gracile delle fidanzate dell’isola), che soffre enormemente per il proprio macho ma che in nome dell’amore sopporta stoicamente tutto, somatizza piangendo cronicamente ma mai insultando il partner o tramando vendetta, piuttosto si aggrappa ad ogni flebile possibile conferma della sua fedeltà ed amore per cercare conforto. Quando è troppo, pensa di rassegnarsi a vedere il suo Andrea fidanzarsi con la single.

La sua caricaturalità estrema fa provare al pubblica un’empatia ed una solidarietà spontanee, che sfociano facilmente nella pietà, tanto è palese la cattiveria che si abbatte su di lei.

  1. Martina e Gianpaolo: il macho immaturo.
    La coppia Martina-Gianpaolo rappresenta un interessante plot-twist in cui la fidanzata è più grande di 6 anni di lui, in una fascia d’età tale da rappresentare un salto generazionale (lui 24 anni, lei 30). Nel gioco delle parti della coppia, qui il salto generazionale diventa l’elemento centrale delle «insicurezze»: Martina, trentenne, vuole un uomo adulto che si prenda le proprie responsabilità e faccia la propria parte per costruire un futuro assieme, da marito e da padre di famiglia. Gianpaolo, dal canto suo, scappa dalle proprie responsabilità. La rappresentazione più evidente di questo contrasto è rappresentata dal motorino di Giampaolo: Martina pretende che Giampaolo metta da parte dei soldi, in maniera da poter andare via da casa dei genitori di lui, dove la coppia ora vive. Gianpaolo invece spende i soldi guadagnati dal lavoro comprandosi un motorino, scelta che manda lei su tutte le furie e costringe lui alla restituzione del motociclo. Quando durante il programma però una single per ghermirlo le offre un giro in motorino, lui va in brodo di giuggiole e dichiara che “uscito da lì, mi comprerò un altro motorino».
    Gianpaolo da parte sua si lamenta che tutti i lavori in casa li fa lui, ma la risposta di Martina è puntuale: «ma se non ce l’ho na casa, devo pulì casa tua?». La lingua batte dove il dente duole, dice il proverbio: Martina non sembra lamentarsi tanto del sessismo di Gianpaolo che pensa che le pulizie spettino a lei in quanto donna, ma piuttosto del fatto che lei, donna, debba fare le pulizie di casa quando lui, uomo, non fa niente per assolvere al suo dovere, ovvero comprare una casa assieme ed assolvere ai propri doveri di uomo. Non a caso dalle anteprime della nuova puntata Martina è la principale indiziata a diventare la prima fidanzata traditrice del proprio partner, con il bel single Andrew: se fallisci nei doveri da uomo macho, non pretendere i tuoi diritti da uomo macho!

  1. Giada e Francesco: la donna che rifiuta il proprio ruolo.
    In una morale che impone alla donna di essere santa o puttana, Giada è una donna che ha deciso di uscire dagli schemi. Giada appare come una donna forte ed autonoma, che rifiuta l’emotività esasperata, che rimane incredibilmente lucida e composta in un luogo dominato da valli di lacrime e king kong infuriati. Quando il partner Francesco dice ripetutamente che pensa di essere giunto alla conclusione che non siano fatti l’uno per l’altro, Giada chiede il confronto ma lo fa rimanendo pacata ed evidenziando quello che già si è capito, ovvero che contro i modelli preponderanti nell’isola della tentazione nella loro coppia il partner più forte è lei: «Si sente tanto forte perché è tanto debole. Se non mi ama me lo dica. Voglio lui, ma se va via non mi taglio le vene». La reazione di Giada svetta per distacco su quella di Francesco, che per rivendicare la propria superiorità nella coppia prima del falò esclama con forza, parlando con due-tre single (fuori dunque da una contesto di flirt ma all’interno di un contesto di sfogo con confidenti) «Deve capire che posso smontare le sue sicurezze in 30 secondi», frase che sembra chiaramente più un tentativo di autoconvincimento che altro.

Giada è un personaggio deviante a tutto tondo, anche nelle relazioni fra donne, altro aspetto fondamentale che abbiamo sinora tralasciato della morale marianista. Lei è la «stronza» che nella prima puntata fa bodyshaming sulle single che stanno sfilando davanti a loro in costume da bagno, esclamando «Squat, ragazze!» (insulto rivolto ad una presunta caduta tendenziale del saggio di profitto del lato b delle tentatrici). Anche questo episodio ha una doppia lettura: da una parte Giada è, appunto, la «stronza» che fa bodyshaming attaccando altre ragazze per il loro aspetto fisico; dall’altro è la donna forte che non si mostra paurosa e passiva di fronte alle future bellezze tentatrici del proprio uomo, ma rivendica con scherno nei loro confronti la propria superiorità estetica (l’unica che venga concepita in Temptation Island) e la propria sicurezza ed autostima.

Come premesso, abbiamo anche in questo caso un po’ esasperato l’esistente per adattarlo all’idealtipo, ma non crediamo sia un caso che una ragazza in un tweet di sostegno a Giada premetta di sapere che questo la renderà probabilmente impopolare al resto dei commentatori, mentre in realtà in più tweet, sparuti ma significativi, altre donne dichiarino di desiderare anche solo un quarto dell’autostima di Giada o incitino le altre donne ad essere forti, indipendenti e con autostima come Giada, senza dipendere dall’uomo di turno. Giada è l’unica donna del programma a ricevere non solo commenti di solidarietà o empatia femminile, ma anche elogi che la elevano a modello da imitare.

Gli autori di Vorrei
Alessandro Gerosa
Alessandro Gerosa
Classe 1991, è nato e vive a Monza da sempre, dove è attivista prestato a tante cause. Attualmente svolge un dottorato di ricerca in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale presso la Statale di Milano, occupandosi principalmente di economia creativa e sfera digitale.