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Incontro con la regista e montatrice «Non pochi dilemmi li ho risolti di notte, in sogno, d’altronde i sogni, dicono, cristallizzano i pensieri.»

Se da bimba le avessero chiesto cosa volesse fare da grande, Sara Fgaier non si sarebbe lasciata spiazzare e avrebbe risposto: cinema.

Da subito, idee chiare: «È una passione che risale all’infanzia e la devo a mia madre, insegnante con la passione della fotografia». E se nell’infanzia scocca la scintilla, durante l’adolescenza questa diviene un piccolo grande falò grazie alla visione di un film al giorno.

E se le chiedi un film su tutti, scuote la testa piena di ricci e anche se lo sguardo si concentra, non riesce a scovare il preferito: «Erano tanti allora, al liceo, tutti i film di Kubrick e Ladri di biciclette.»

9788898038633 0 0 2400 75Madre italiana padre tunisino, Sara è già una parte importante del nostro cinema dove ha esordito giovanissima come montatrice e da un anno, sorprendendo se stessa, è anche autrice de “Gli anni” film documentario che ha trovato nel libro omonimo di Annie Ernaux la sua musa.

Ma per andare in ordine bisogna riandare al passato, alla collaborazione durata dieci anni con Pietro Marcello, quando in occasione de “Il passaggio della linea” Sara si ritrovò aiuto regista nel seguire le riprese, immagini che poi setacciò e selezionò una a una e ciascuna in relazione alle altre: «Allora ho scoperto che il lavoro di montaggio non si basa tanto sulla tecnica, è un fatto di testa. Così ho cominciato a divertirmi e capire che l’essenziale è scoprire il proprio stile».

Con Marcello, di cui sposa la poetica, gira così altri quattro film: “La bocca del lupo”, che nel 2009 vince tutto, da Torino a Berlino «pur essendo una committenza piccolissima»; “L’umile Italia”, cortometraggio del 2014 dove oltre a dirigere a quattro mani, lavora con materiali dell’Istituto Luce; “Il silenzio del Pelesjan” e “Bella e perduta”: “Partimmo in camper e con poca pellicola, all’inizio volevamo un racconto che rilevasse la temperatura del Paese».

 

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Poi la vita ti sorprende con i suoi imprevisti e allora gioca chi sa declinare il divenire, gioco che Sara conosce d’istinto: «Il montaggio s’impara osservando, con la visione. E durante il Dams a Bologna, dove ho studiato Storia del cinema, e grazie alla cineteca, ho vissuto una condizione ideale.»

Unica italiana ad aver ricevuto il Premio Rolex per le Arti, Sara è anche produttrice avendo fondato nel 2009 “Avventurosa”: «A quei giorni risale una scoperta importante, un’analogia felice, da piccola stavo le ore a fare collage, stesso divertimento e stessa immersione nel montaggio. C’è un aspetto ludico fondamentale.» Consapevole che il montatore è il primo spettatore, Sara Fgaier durante la visione iniziale scrive tantissimo delle prime emozioni, poi è uno sprofondare nelle immagini, quasi una dimensione onirica che alla fine le fa vedere come se fosse in trance. «Non pochi dilemmi li ho risolti di notte, in sogno, d’altronde i sogni, dicono, cristallizzano i pensieri.»

Insomma, vale una volta per sempre quel che Godard scrisse sul montaggio, l’importanza della solitudine, della libertà che Sara si ritaglia perché importante è provare, azzardare: «Ogni film è una collettività, ma l’orchestrazione di ciò che è stato si esaurisce in una relazione a due, regista e montatore, come fantino e cavallo. Ti devi mettere nei panni dell’altro, calare nel suo sguardo, interpretarlo.»

Dire documentario vuol dire partire da un’immagine non da una sceneggiatura, è film che si scrive in fase di montaggio: «Recuperi quel che non pensavi. L’importante è accogliere il caso, e dal cambiare molto ricevi un potere illimitato.»

 

Ritratto barca Venezia

 

Cambiare e guardare avanti, così è arrivato per lei anche il momento di partecipare a un bando che dava la possibilità di conoscere tre archivi importanti, a Torino, Bergamo e Cagliari.

Sara lo vince e si ritrova a lavorare nella Cineteca sarda che raccoglie novemila bobine in superotto di filmini di famiglia: «Mi sono lasciata ispirare da quel che trovavo, immagini di matrimoni, comunioni, il primo bagnetto. Ben presto però mi sono accorta del potenziale infinito delle vite private. Quel che c’era di non canonico, sguardi allusivi o ambigui, comunque altri e ho voluto far parlare in modo diverso le immagini.»

 

gli anni

 

Così nasce “Gli anni”, cortometraggio di venti minuti che al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, la giuria lo ha scelto per la nomination agli European Film Award: «A ottobre ci sarà la prima americana a Montreal, poi la Francia e il resto del mondo.» Un esordio da regista baciato dalla fortuna, un film nato «facendo senza l’idea di fare»: «Il libro di Annie Ernaux è arrivato un mese dopo la residenza a Cagliari. Un testo perfetto da cui ho tratto una prima riduzione di undici pagine affidandone la lettura prima ad un’attrice, poi, sollecitata da più parti, ho deciso per la mia voce che dice in prima persona.» Fondamentale è stata la collaborazione con Chiara Lagani del gruppo teatrale Fanny e Alexander che ha consentito a Sara di scegliere non “una” voce, ma proprio la sua voce, a dire un’identificazione totale con quell’autobiografia collettiva che dalla storia evoca la Storia. Nel film – «racconto sull’immaginazione del tempo, per come è stato assorbito, recepito» -, compaiono oltre le immagini di repertorio, anche sequenze di Sara, girate rigorosamente in superotto.

Caso, istinto, azzardo, sogno: sono tante le parole chiave della vita di Sara Fgaier, ma sul sogno e montaggio/cinema non ha dubbi, il rapporto è stretto: «Se ci pensi si dice: Non preoccuparti è solo un sogno, come: Non preoccuparti è solo un film! È diverso per le altre arti». Già, da meditarci.

Gli autori di Vorrei
Monica Perozzi
Monica Perozzi
Vive a Roma e coltiva interessi artistici. Cura animali, piante e cucina per gli amici. Ha spento la televisione nel 1990, non l'ha più riaccesa. Legge tanto, ascolta musica, scrive.