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Alla Fondazione Carriero di Milano la mostra dell'artista concettuale.Tre grandi nuclei: Il ritratto e l'autoritratto (l'autore è assente), In superficie (linea, prospettiva, orizzonte, tautologia...) e Uno di due (il mito e il classico).

Nel cuore di Milano, dietro Piazza San Babila, una casa quattrocentesca è stata trasformata da Gae Aulenti in uno straordinario contenitore per l'arte contemporanea: casa Parravicini accoglie oggi la Fondazione Carriero. Questa organizzazione non profit, che promuove la divulgazione e la valorizzazione dell'arte e della cultura moderna e contemporanea ospita fino al 20 febbraio 2019 la mostra del Bello ideale, dedicata a uno dei massimi esponenti dell'arte concettuale, Giulio Paolini.

L'artista ha curato personalmente la selezione e allestimento dei lavori insieme al curatore, Francesco Stocchi, e alla scenografa Margherita Palli, che ha realizzato alcuni interventi finalizzati alla valorizzazione delle tematiche del percorso.

L'esposizione, articolata in tre grandi nuclei, asseconda la struttura architettonica della Fondazione Carriero, articolata su più livelli: Il ritratto e l'autoritratto (l'autore è assente), In superficie (linea, prospettiva, orizzonte, tautologia...) e Uno di due (il mito e il classico).

 

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La prima sezione indaga il complesso rapporto tra l'artista e l'opera d'arte. Secondo la concezione di Giulio Paolini «Un'opera, per essere autentica, deve dimenticare il suo autore». L'artista è dunque assente, estraneo al processo di creazione dell'opera d'arte; suo unico compito - votato all'incessante scoperta di ciò che già esiste - è quello di rivelare la forma, renderla manifesta.

L'opera preesiste infatti all'intervento dell'autore e si configura come esclusiva protagonista sul palcoscenico dell'arte. Ruolo secondario dell'artista è essenzialmente quello di primo testimone/contemplatore dell'epifania dell'opera nel suo studio.

Tra i lavori presenti in questa sezione, Monogramma propone un'oggettivazione dell'utente attraverso la sagoma bidimensionale in legno dell'artista, rivestita in tela bianca, colto nell'atto di dipingere. Controfigura (critica del punto di vista) ripropone invece l'identificazione tra spettatore e autore del celebre Giovane che guarda Lorenzo Lotto. «Con la fotografia cambio identità: da spettatore travestito da pittore mi ritrovo autore travestito da spettatore», spiega Paolini.

Il piano terra ospita inoltre una porzione dello studio dell'artista, evocato attraverso l'intervento scenografico di Margherita Palli, che ripropone un moderno studiolo rinascimentale fruibile dallo spettatore attraverso dei fori romboidali. Tra le scaffalature colme di libri fa capolino l'opera Se ipsum di Giorgio de Chirico, autoritratto del 1948. Secondo Paolini «De Chirico ha colto, meglio e prima degli altri, l'inevitabile ritirata dell'opera di fronte al perchè dell'opera. Lui più di ogni altro, e proprio mentre continuava a produrre, è riuscito a far declinare l'imperativo del significato prendendo le distanze da tutta l'avanguardia che ancora guardava con spirito positivo alla costruzione dell'immagine». Il padre della Metafisica ha dunque assunto un punto di vista letterale e critico rispetto alla produzione artistica.

 

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Il primo piano della Fondazione Carriero analizza invece il rapporto dell'autore con la nozione di superficie, intesa come linea, prospettiva, orizzonte, tautologia, «sipario che ci divide dal fondale su cui si muovono le figure precarie della scena quotidiana».

Premessa fondamentale per la comprensione del percorso artistico di Paolini è Disegno geometrico, tempera su tela del 1960, che proponeva un'evidente squadratura della superficie con l'obiettivo di trasformare in immagine un banale perimetro spaziale. I segni tracciati dal compasso ribadivano il senso perimetrale dell'immagine come unica e legittima chiave di lettura.

La griglia prospettica si configura dunque come "contenitore primario e simbolico" di tutti gli elementi compositivi, che - collocati all'interno di essa - divengono pura rappresentazione.

Opera inedita appositamente pensata per gli spazi della Fondazione, Finis Terrae occupa un'intera parete del primo piano, rendendo manifesto il rigore della griglia progettuale prospettica e il valore universale e infinito della linea d'orizzonte.

L'intervento scenografico di Margherita Palli propone qui un'installazione che riproduce un'immagine tratta da The Book of Perspective, opera dell'architetto e pittore fiammingo seicentesco Hans Vredeman, testo di riferimento della ricerca di Paolini. L'effetto di sfondamento suggerito dalle linee prospettiche tracciate nel disegno prolunga lo spazio della Fondazione, enfatizzandone illusionisticamente la profondità attraverso una pedana praticabile che inclina di 15% la pendenza del pavimento.

 

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L'ultima sezione tematica al secondo piano, intitolata Uno di due, è dedicata infine al mito e alla classicità. L'antichità classica è da sempre una delle fonti iconografiche privilegiate della ricerca paoliniana. Decontestualizzati e manipolati dall'artista i reperti classici si offrono secondo nuove configurazioni, rivelando il loro valore eterno e trascendente le varie epoche. Il classico è per Paolini qualcosa che esiste al di là della visione che lo coglie, la percezione dell'opera è il suo limite, non la sua trasmissione di significato, illustra il curatore Francesco Stocchi.

Il bello ideale, proprio dell'arte classica «ci provoca, difende il segreto della sua impenetrabilità», ma per Paolini è «il solo capace di sollevarci dal baratro degli abbellimenti a effetto»; del Bello ideale propone dunque la possibilità di considerare la produzione artistica di Paolini come un unicum, originato da Disegno geometrico e caratterizzato da una sequenza di immagini avulse dalla consueta percezione spazio temporale.

 

Giulio Paolini
del Bello ideale
26 ottobre -20 febbraio 2019
tutti i giorni dalle 11 alle 18
chiuso lunedì
Fondazione Carriero, via Cino del Duca 4
20122 Milano

Gli autori di Vorrei
Isabella Maggioni
Isabella Maggioni
Insegnante di storia dell'arte, non ha mai pensato di metterla da parte, dedicando il tempo libero alla visione di mostre e alla fruizione del patrimonio culturale, rigorosamente collocato nel suo contesto.
Ha collaborato con la Galleria Melesi di Lecco svolgendo ricerche su Jiri Kolar e Giovanni Manfredini, e con l'Associazione COE nell'ambito della rassegna "Colazione sull'erba n.2", dedicata all'artista Hsiao Chin.