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Intervista a Enrico Cerrato sul suo “Petrolio”: «total project che mi serve sia come terapia personale sia come ponte emozionale con il pubblico.»

Petrolio è il progetto di Enrico Cerrato, musicista astigiano. Le sue atmosfere sono un condensato di sonorità che spaziano dal metal all’elettronica con punte di punk, noize e jazz. A Di Cosa Si Nasce, il suo primo disco pubblicato nel 2017, è seguito un ep uscito per l’etichetta canadese Low Noise Prod. nel gennaio 2018, contenente tre brani creati per la performance di Angela Teodorowsky - artista italiana di teatro contemporaneo -, e, lo scorso autunno, L+Esistenze, album al quale hanno partecipato artisti di diversa provenienza quali Jochen Arbeit (Einstürzende Neubauten, Automat, AADK, Soundscapes), Aidan Baker (Nadja), Sigillum S, MaiMaiMai.

In questi due anni ha suonato ininterrottamente in Italia e all’estero condividendo il palco, tra gli altri, con Of the Wand and the Moon, Adamennon, Mombu, Bologna Violenta, Alos, Moaan Exis, Winterkälte, N Ran, Marnero, Uochi Tochi, Aborym e BadGirl e in Europa, suonando a Vienna, Prague, Augsburg, Tubingen, Zurich, Lugano, Toulouse, Lyon, Marseille, Clermont Ferrand, Landsberg am Lech, Marburg.

La sua prossima data è il 15 febbraio a Monza, in Arci Scuotivento per Tutto Il Nostro Sangue, la versatile rassegna musicale che si basa sull’etica del diy, nata dall’idea della band Requiem For Paola P. per creare coesione e condivisione tra artisti e pubblico, che ogni mese da più di un anno porta in Brianza musicisti da tutta Italia.

Prima di vederlo sul palco del circolo monzese insieme ai bolognesi Marnero e alla promessa del panorama screamo/hc L’Oceano Sopra, gli abbiamo fatto qualche domanda per conoscerlo meglio.

 

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Enrico, qual è stato il percorso musicale che ti ha portato fino a Petrolio?

Nasco bassista, ho percorso i miei primi passi fondando i Jason Goes To Hell e poi proseguendo l’avventura musicale negli Infection Code.
Nel corso di questi anni ho maturato un certo interesse per l’elettronica e la contaminazione, cominciando a sperimentare con i suoni, con particolare attenzione per l’uso delle saturazioni e delle distorsioni. Ho poi affinato il mio approccio a questo mondo grazie a due progetti che hanno preceduto di poco la nascita di Petrolio, il progetto elettronico Gabbiainferno e quello jazz core Moksa. 

Dove prendi le ispirazioni per i tuoi brani? Quale strumentazione utilizzi per comporre e live?

La mia ispirazione primaria è l'ambiente circostante, la città, la natura, le persone che vivono con e intorno a me. È un progetto che parla della mia vita e di come vivo tutto questo. E lo traduco non solo in musica ma anche attraverso i visuals che mi produco, una sorta di total project che mi serve sia come terapia personale sia come ponte emozionale con il pubblico.

Tendenzialmente per comporre uso strumentazione similare a quella che uso live; qualche synth in più in composizione, mentre live mi affido sempre allo stesso synth da ormai qualche anno. Uso Ableton live abbinato a un programma per la proiezione dei video, alcuni sampler e macchinette per live drones, un didgeridoo filtrato e un minisynth analogico. Mi piace interagire il più possibile con le macchine per rendere il live il più concreto e tangibile possibile.

Hai mai avuto difficoltà nel fare comprendere la tua musica?

È uno dei fattori più difficili per me da valutare. E anche uno dei feedback ovviamente più importanti. Da alcuni mesi dal vivo mi capita di raccogliere differenti commenti riguardanti il vissuto durante la performance. E amo sentire le differenti emozioni, mettendo in conto che può anche essere accolto con diffidenza, difficolta e anche indifferenza. In linea di massima quello che viene percepito sul palco lo si percepisce anche al di fuori; ci sono serate dove lo scambio emozionale con il pubblico è realmente forte. Occorre poi tenere conto che a volte risulta difficile comunicare e trasmettere determinate sensazioni in quanto intervengono fattori esterni a condizionare il tutto, come per esempio l'acustica.

Ti esibisci molto anche all’estero: che consiglio daresti a chi vorrebbe provare a varcare i confini italiani con la propria musica?

Tendenzialmente mi è sembrato di capire che la musica italiana gode di grande considerazione all'estero, soprattutto in termini qualitativi; almeno per quello che concerne la musica elettronica e sperimentale. Suonare all'estero è una bella esperienza, si incontra un sacco di gente e ci si confronta con altre realtà; è un buon fattore di crescita per l'artista, oltre che occasione per visitare luoghi con un occhio diverso. Il consiglio, che vale anche per l'Italia, è quello di non fermarsi ai primi ostacoli; bisogna crederci e scrivere mail, messaggi, non accontentarsi delle prime risposte, cercare di forzare chi organizza a dare almeno un ascolto al proprio materiale. Non è facile ma bisogna crederci.

Quando non suoni nei locali, quando non componi, cosa ascolti?

Mi incuriosisce un po' di tutto; io provengo dal metal quindi a volte mi fa piacere ascoltare qualcosa di più heavy, anche se gli ascolti che prediligo sono nell'ambito elettronico, siano essi sperimentali o no. Amo comunque gli artisti che guardano al futuro, mettendosi in gioco. I miei ascolti canonici spaziano dalle produzioni in genere di Broadrick (Jesu, Godflesh, Techno Animal…), gli Ulver, i Nadja nell'ambito della musica più oscura. Autechre, Pan Sonic, Sigillum S, Ah Cama Sotz giusto per fare qualche nome nel panorama vastissimo dell'elettronica.

Cosa dobbiamo aspettarci dal live di venerdì prossimo?

Io spero un bel viaggio vissuto con gli occhi del cuore; qualcosa che ognuno possa vivere con proprie emozioni, con la musica come guida e le immagini come compagne di viaggio. Credo sia un'esperienza non facile, ma nel quotidiano d'altronde cosa resta di facile?

Per prepararci alla tua esibizione quali dischi ci consigli di ascoltare?

Qualunque disco che susciti in voi l'idea del nero, dell'oscurità, del grigio che trovate in un film degli anni 30. Per me i Nadja rappresentano tutto questo. Ma penso che ognuno abbia il proprio traghettatore verso questo universo. Il nero è comunemente il colore del male; ma il male ci circonda ogni giorno, anche nelle piccole cattiverie quotidiane. È un colore che ci appartiene e che viviamo, quindi pensate agli artisti che meglio vi traducono questo tipo di emozioni e probabilmente avrete trovato la chiave per gustarvi al meglio il mio live.

 

Gli autori di Vorrei
Valeria Lucia Passoni
Valeria Lucia Passoni
Sagittario classe 1985, consuma dischi, divora libri e accumula biglietti di concerti, per non parlare delle tonnellate di cotone che lavora a maglia.