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Nel mondo e nel tempo narrando in versi ai bambini

 

 

 

dedicato a voi tutti e in particolare ai bambini dell’Ucraina

Umberto De Pace, Patrizia Zocchio, Pippo Biassoni

  

Presentazione di Umberto De Pace

Disegni a cura di Pippo Biassoni

 

 

dalla raccolta

C'ERA UNA VOLTA UN RE”

 

 

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LA LUMACA PERUVIANA

 

Una lumaca di Titicaca

decise di andare

di là dal mare

e ancora più in là

nella penisola del Kamciatkà.

 

Una bella mattina

sbavò, si allungò,

e, cammina cammina,

finalmente arrivò

sulla riva del mare.

 

Per accorciar la strada

e far meno fatica,

com'era suo stile,

la lumaca era scesa

nel porto di Arica

sulla sponda del Cile.

 

Girò le antenne, strisciò nel porto,

comprò il biglietto,

mostrò il passaporto...

Ma quella sera

la nave non c'era.

Le dissero che quelli del Perù

dovevano attendere

un anno e di più.

 

Senza una nave

il fatto era grave.

E certamente a nuoto

non poteva varcare

l'oceano e il mare.

Lei, poverina,

non era una lumaca marina.

E le lumache di terra

soffrono un gran male

a contatto col sale.

Per cui, quindi, perciò

la signora Lumaca

a casa tornò

sul lago di Titicaca.

 

Povera lumachina!

Era partita che era bambina

e ritornò da vecchia

con addosso la casa

ridotta a una catapecchia.

 

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C'ERA UNA GAZZA LADRA

 

C'era una gazza ladra

che un giorno andò a Pisino

nel cuore dell'Istria,

alla fiera del vino.

Ne rubò una bottiglia

e – glu glu glu –

il vino andava giù

ch'era una meraviglia.

 

Pensò, quando fu brilla:

«Ho una voce che squilla,

ora mi metto a cantare...»

Vi lascio immaginare!

Che stridi sgradevoli,

che raspa nei timpani!

Quella sua voce

era stonata, atroce!

 

Ma un asino la gradì

e, ragliando, si unì

a quel concerto delle stonature.

Quella soprano, questo tenore,

la cosa fece rumore.

 

Accorsero i gatti,

accorsero i cani,

ragliarono, abbaiarono, «cantarono»

anche di notte fino all'indomani.

 

La notizia l'ho letta

sulla gazzetta

che si stampa a Pisino

alla fiera del vino.

 

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 IL TOPO DI BIBLIOTECA

 

Scappando davanti a un gatto

per salvare la pelle,

un topo trovò un buco e, stupefatto,

vide... le stelle!

Aveva sbattuto il muso su un muro

piuttosto duro.

 

Poi, rimessosi dallo spavento

e dalla brutta botta

(la testa non era rotta),

gironzolò alla cieca

e si accorse di stare in biblioteca:

tutto intorno scaffali,

libri, riviste, giornali

ed altre carte, quasi una montagna.

 

«È una vera cucagna»,

pensò il topino, «qui si può sbafare

e perfino studiare.

Detto altrimenti,

c'è cibo per la mente e per i denti».

 

Infatti, da quel giorno rosicchiò

un poco di tutto:

un libro di ricette

dal gusto di prosciutto,

una lunga poesia,

un vecchio abbececario,

una pagina di filosofia

insipida e indigesta,

un grosso vocabolario

dal sapore di cartapesta,

una favola di fate e gnomi,

una storia in più tomi,

un registro, un quaderno,

un canto dell'Inferno,

verbali e resoconti,

romanzi, trattati, racconti,

libri di storia e d'arte

e tante, tantissime carte.

 

Il topo rosicchiava

con calma e con pazienza;

pareva che il suo stomaco

fosse un pozzo di scienza.

Saltava da un libro all'altro,

non si stancava mai;

quello di rosicchiare e leggere

era un lavoro

che gli piaceva assai.

Quello di bibliotecario

divenne il suo mestiere;

col passare del tempo, in lui cresceva

la fame del sapere.

 

I libri non li leggeva,

li divorava. E con quel nutrimento

divenne un portento

di cultura e di scienza.

 

Ma un giorno l'impazienza

di saperne di più

lo spinse a dare l'assalto

allo scaffale più in alto;

una volta arrivato lassù

cacciò i denti e il musetto

in un libro che non aveva letto.

Era un libro malmesso,

squinternato, sconnesso,

che per aver avuto troppi eredi

a stento stava in piedi.

Appena il topolino lo toccò,

il libro cadde a terra

e il palchetto crollò.

 

Fu un violento fracasso,

un vero terremoto, uno sconquasso,

un grosso polverone.

Sembrava che fosse caduto

il trono di Napoleone.

 

Il topo era ammaccato, stordito,

ferito, tramortito

sotto un libro dal titolo

«La fame e l'appetito».

 

Il romazo di Pinocchio

gli aveva ridotto un occhio

come una melanzana;

un «Libro della moda»

gli pestava la coda.

 

Tutto intorno giacevano

filosofi, poeti, grandi artisti,

guerrieri, romanzieri, anche statisti,

Alice nel paese delle meraviglie,

la storia dei pesci e delle conchiglie,

il pensiero e l'idea,

la Divina Commedia di Dante,

l'Illiade e l'Odissea,

Diogene nella botte,

la Bibbia e Don Chisciotte,

Scipione l'Africano,

l'asino di Buridano

e un libro sulle tasse.

Come se non bastasse,

in mezzo a quella rovina

e in tutto quell'intrico

c'era perfino il libro «Gatto amico»

con foto in copertina.

A quella vista, il topo

provò orrore e sgomento

e subito dopo,

liberatosi a stento,

sgusciò dalla finestra, filò via,

dimenticando storia e geografia.

 

Così se la svignò

e quale fine fece non lo so.

 

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DA TOPO A TOPOLINO

 

In una stessa casa

(era un convento)

vivevano un topo e un gatto;

il topo era quasi contento,

il gatto soddisfatto.

Il topo stava in cantina,

il gatto in cucina,

e non si conoscevano.

Nella cantina scura

il topo si cibava

di quello che trovava.

Viveva nella paura,

poverino;

si accontentava perfino

di vecchie pergamene

con testi in versi e in prosa,

ma erano poca cosa.

Il gatto, invece, stava benone,

come un padrone.

Lo servivano in piatti,

in ciotole e scodelle.

Di sera, sazio, vispo ed allegretto,

osservava le stelle

salendo sul tetto.

Al topo non piaceva la stratosfera;

alle nove di sera

si ritirava nel suo buco scuro,

un buco sotto il muro.

 

Dopo qualche anno di questa vita,

il topo pareva già rassegnato,

ma il gatto era annoiato.

Perciò un giorno quel gatto

pubblicò nel giornale

un annuncio: “Animale

con quattro zampe e baffi,

non dà calci nè schiaffi,

pulito, pasciuto, educato,

molto ben sistemato,

con villa al mare,

cerca un topo per giocare”.

 

Quel giornale, il giorno dopo,

capitò sotto i denti del topo.

Il quale lesse il testo,

guardò lo schizzo

e non gli piacque la compagnia.

Per cui subito, lesto,

cambiò indirizzo,

la casa e la via.

Trovò alloggio alla Casa

dei profughi e lì

scrisse un annuncio, scrisse così:

“Piccolo roditore

senza molte pretese

si offre come attore

anche una volta al mese”

 

Lo chiamarono, sostenne l'esame,

lo nutrirono, si tolse la fame,

fu promosso già a maggio

e diventò ben presto

un gran personaggio,

uno dei più rinomati

nel mondo dei cartoni animati.

Sulla via della cultura

ebbe una vita comoda, sicura;

fece un glorioso cammino

nei panni di Topolino.

 

Gli autori di Vorrei
Giacomo Scotti
Giacomo Scotti

Nato a Saviano (Napoli) nel 1928, Giacomo Scotti raggiunse Fiume nel 1947 dopo brevi permanenze nel Territorio Libero di Trieste, a Lubiana e Pola. Cominciò a lavorare presso il quotidiano “La Voce del Popolo” diventandone il redattore e commentatore. Al tempo stesso, a cominciare dal 1948 – anno in cui pubblicò le prime poesie e i primi racconti sui periodi della minoranza italiana – imboccava la strada della creazione letteraria che non ha più abbandonato. Finora ha pubblicato, in Italia ed all’estero, 180 opere in volume: raccolte di poesie e di racconti, romanzi, opera saggistica, antologie. E’ stato tradotto in una ventina di lingue. Per la sua attività letteraria ha ottenuto numerosi e prestigiosi premi in Italia, Croazia, Slovenia, Macedonia e in altri paesi. Per ben dodici volte ha ottenuto il premio “Istria Nobilissima” per la narrativa, la saggistica e la poesia. E’ anche detentore del prestigioso Premio Città di Fiume.

Particolarmente importante è la sua produzione nel campo della poesia, compresa quella dedicata all’infanzia. Vanno ricordati, in particolare le raccolte C’ERA UNA VOLTA UN RE (1987), RACCONTINI DIVERSI E FAVOLE IN VERSI (1989), PAROLE RIDENTI (1968), C’ERA UNA VOLTA UN MAGO (1998), LA LUNA, IL GALLO ed altre poesie per i più giovani (2002), FAVOLE E STORIE DA RECITARE (2005), STORIELLE, STORIELLENE E FILASTROCCHE (2018). Alcuni di questi volumetti sono stati tradotti in lingua croato-serba. Qualche critico letterario ha definito Scotti “il Gianni Rodari della Piccola Italia d’oltre confine”. Sue poesie sono presenti sui libri di lettura delle scuole italiane in Croazia e Slovenia dalla prima all’ottava classe.