20151023 maiale a

Libri. Un professore della Sorbona affronta un tema insolito: la storia del maiale. Una storia biologica, sociale e culturale

Ricorderete senz’altro tutti la celebre battuta che George McFly rivolgeva a Biff, il bullo della scuola che stava importunando Lorraine, nel film Ritorno al Futuro: “Hey tu, porco, levale le mani di dosso!”. Probabilmente però non avete mai fatto caso a un certo dettaglio: perché McFly ha definito Biff “porco”? Perché invece non lo ha definito “cane” o “gatto”?

La questione forse è oziosa, ma trova una risposta colta – che, se avete un po’ di pazienza, poi vi darò – in un agile libriccino scritto da un professore della Sorbona, Michel Pastoureau, che già in passato ha condotto finissime ricerche sulla storia dei colori, degli animali e dei simboli, e che in questo saggio si cimenta nel delineare una storia biologica, sociale e culturale del maiale.

Attenzione: non fatevi ingannare dalle poche pagine scritte e dall’apparente leggerezza dell’argomento – la storia del maiale, appunto – poiché il saggio di Pastoureau è tutt’altro che un testo superficiale, dal momento che l’autore maneggia con disinvoltura molteplici discipline scientifiche e umanistiche, e ciò rende necessario il costante mantenimento di un’alta soglia di attenzione da parte del lettore.

Pastoureau infatti spazia dalle origini dell’addomesticamento dei suini nell’antichità a una carrellata sui primi studi sul maiale in epoca romana; dal fatto che i porcari godessero nel medioevo di una cattiva fama perché abitavano lontano dai centri abitati alle conseguenze dell’abolizione in epoca moderna della tassa sul consumo di carne suina; dal fatto che nel medioevo il maiale fosse considerato l’animale più simile all’uomo fino al fatto che bisognò aspettare Darwin – e non senza polemiche – perché il posto del maiale venisse occupato dalla scimmia; dal fatto che i maiali assumessero il colore rosa uniforme che ben conosciamo solo nel XVIII secolo a forza di incroci fino all’elencazione dei proverbi e dei cognomi che sono rimasti nella nostra epoca e che hanno una qualche attinenza con il suino; dall’uso del maiale in medicina fino ad arrivare ai tabù religiosi connessi al consumo della sua carne.

A bilanciare queste pagine così dense ci sono però anche pagine ricche di curiosità erudite, di quelle che è bello esibire davanti agli amici. Tra le tante curiosità, ve ne segnalo due.

L’autore per esempio sfata la comune convinzione secondo cui il tabù della carne di maiale in ambito islamico sarebbe conseguenza dell’istituzionalizzarsi di antiche precauzioni igieniche. Secondo tale convinzione, il clima tipico delle zone in cui l’Islam si sviluppò avrebbe impedito una sana conservazione della carne suina. Da tale elementare considerazione igienica sarebbe sorta la proibizione legale, poi trasformatasi in tabù religioso, di consumare carne suina.Pastoureau al contrario registra l’esistenza di popolazioni, contigue e coeve ai primi popoli islamici, che mangiavano tranquillamente il maiale, e con ciò dimostra l’infondatezza della “spiegazione climatica”.

Un’altra ancor più ghiotta curiosità è data dal fatto che l’autore mette in luce l’esistenza di un’antica giurisprudenza che prevedeva che il porco potesse essere portato... in tribunale. Sì, avete letto bene: nel saggio c’è uno specifico capitolo che tratta dei numerosi processi che vennero intentati ai suini nel medioevo.

Qui vale la pena lasciare spazio a una piccola digressione sia perché l’argomento è molto interessante sia perché Michel Pastoureau è uno dei massimi esperti della poco conosciuta, quanto curiosa, questione dei processi medievali agli animali, e ciò rende tale capitolo non solo intrigante, ma anche credibile.
Va innanzitutto precisato che i maiali non furono gli unici animali che subirono processi da parte dei nostri lontani quanto strani antenati medioevali, ma furono certamente gli animali più processati di tutti. Si stima infatti che i maiali siano stati il 90% di tutti gli animali processati nel medioevo.

Tanto per darvi un’idea della portata del fenomeno, sappiate poi che solo in Francia sono documentati almeno 60 processi a maiali dal XIII al XV secolo. Badate bene: stiamo parlando solo dei processi “documentati”, cioè a quelli che hanno lasciato tracce scritte; solo dei processi che sono stati celebrati in Francia e solo dei processi a danno dei maiali.
A partire da questo dato, Pastoureau stima dunque che nel tardo medioevo i processi a carico di animali in Europa siano stati nell’ordine delle migliaia. Si trattò di processi veri e propri, con tanto di giudici, verbali e regolari condanne che venivano lette agli animali in questione prima di essere eseguite.

I nostri lontani progenitori medievali erano molto scenografici per quanto riguarda l’espiazione delle pene e per le eventuali esecuzioni. Le condanne, che di solito avvenivano per impiccagione, potevano essere infatti associate a rituali di esposizione e di umiliazione. In caso di contumacia del reo si poteva comunque condannare a morte un altro esemplare della stessa specie, ma sono stati anche registrati casi in cui è stata messa al rogo l’effige dell’animale condannato e latitante.

Pastoureau raggruppa i processi intentati agli animali nel medioevo sotto tre categorie:

  1. i processi intentati agli animali domestici per aver ucciso qualcuno.

  2. i processi intentati a gruppi di animali di taglia più grossa (lupi, cinghiali per esempio) che minacciavano il territorio (un villaggio per esempio) o le colture. Sono documentati anche processi a insetti che devastarono colture. In questo tipo di processi era necessario l’intervento dell’autorità ecclesiastica che doveva confermare la condanna.

  3. i processi intentati agli animali per i “casi di bestialità”: per esempio nel 1405 a Gisors un bue venne impiccato per “i suoi demeriti”... che non furono ulteriormente specificati

Tuttavia si verificò anche un caso eccezionale – non classificabile – quando cioè un maiale fu accusato di... regicidio. No, questo processo non ve lo posso raccontare. Rovinerei la sorpresa. Questo aneddoto ve lo dovete andare proprio a leggere da soli.

Insomma, il saggio deve essere certamente letto con attenzione, ma è anche un bel libro da gustare. Ah, già, vi sono debitore di una rispostina. Perché George McFly, nella celebre battuta di Ritorno al Futuro che abbiamo citato all’inizio, paragonava Biff proprio a un porco e non, per esempio, a un cane? Pastoureau ce lo spiega così: fino al medioevo non era il porco a fare “porcate”, ma era il cane. Quando però quest’ultimo venne rivalutato nel momento in cui si diffuse come un comune animale di compagnia, il suo posto nel campo della depravazione sessuale venne appunto preso dal maiale.

Il maiale è dunque un simbolo negativo? No. Provate a pensarci: i salvadanai ancor oggi hanno forma di maialino, e ciò è dovuto al fatto che fin dall’antichità il maiale era considerato come un simbolo di prosperità, e tale significato è giunto fino ai nostri giorni.
Siamo di fronte a un leitmotiv di tutta la produzione scientifica di Pastoureau che, come dicevamo, si è concentrata soprattutto sulla storia dei colori, degli animali e dei simboli. Colori e animali nel corso dei secoli sono stati infatti più volte elevati a simboli di qualcosa (prosperità, sporcizia, lussuria...).

copertina maialeOgni epoca ha operato tali trasfigurazioni simboliche e ha conferito a certi colori e a certi animali nuovi e diversi significati rispetto ai significati che erano stati conferiti ai medesimi colori e ai medesimi animali nelle epoche precedenti. Le lingue, gli usi, i costumi, i proverbi, le metafore e le tradizioni sono entità sfuggenti, ma nella storia si sono però rivelate entità anche molto resistenti. Spesso quindi i significati simbolici che erano stati associati a certi animali o a certi colori in determinate epoche non sono stati cancellati nelle epoche successive, ma – grazie alle lingue, agli usi, ai costumi, ai proverbi, alle metafore e alle tradizioni – sono rimasti in qualche modo in vita accanto ai nuovi significati.
Da questo continuo stratificarsi nel corso del tempo di diversi significati ne è conseguito che oggi, per lo meno in alcuni casi, un medesimo animale o un medesimo colore possano ispirare valori simbolici assai diversi tra loro. Il maiale ne è uno splendido esempio.

 

Michel Pastoureau,
Il Maiale, storia di un cugino poco amato,
Ponte alle Grazie, 2014, pp. 152, 13,90 euro

Gli autori di Vorrei
Juri Casati
Juri Casati

Classe 1975, lavora in un'Agenzia per il Lavoro. Laureato in Filosofia, è autore di numerosi racconti di genere horror, gotico, fantastico e fantascientifico. Coltiva interessi in ambito storico e di filosofia della scienza

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.