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Quante definizioni si possono dare alla cultura? cosa intendiamo per la sua valorizzazione? Nell'episodio 7 rispondono Pasquale Barbella, Bertram Niessem, Angelo Cruciani, Roberto Mordacci, Giusy Nicosia e Maurizio Sbordoni

La cultura sembra essere tornata al centro dell'interesse di tutti, ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di cultura? che cosa abbiamo in mente quando invochiamo la sua valorizzazione? E cosa non è cultura? Lo abbiamo chiesto a molte personalità attraverso 4 domande secche. Questo è il settimo episodio, qui la raccolta e l'epilogo. Buona lettura.

  1. Una sua definizione, personale, della cultura.
  2. Cosa non è cultura?
  3. Qual è la funzione del patrimonio culturale?
  4. Cosa vuol dire, per lei, valorizzare il patrimonio culturale?

 

Pasquale Barbella, copywriter

  1. Tutto ciò che conviene coltivare e conservare, perché resti traccia di noi fra qualche millennio.
  2. Teoricamente tutto ciò che è concepito dall’uomo è cultura, dai primi punteruoli di pietra a Canale 5. Non potendo salvare tutto l’esistente, salviamo almeno il punteruolo.
  3. Olio per la mente, gasolio per l’economia, petrolio per i posteri.
  4. Smettere di pensare soltanto a quanto costa e cominciare a pensare a come e quanto può rendere. In Italia, del resto, non abbiamo molto altro. Checché possa dirne Tremonti.

 

Bertram Niessem, sociologo - direttore scientifico cheFare

  1. È la domanda più difficile in assoluto. C'è quella delle piccole interazioni, della costruzione quotidiana del senso comune. E' il patrimonio di simboli e significati che viene co-costruito quotidianamente da individui e gruppi. Poi c'è la cultura dei diversi produttori "deputati": media, scuole, università, centri culturali, musei, industrie culturali. E ci sono le culture minoritarie, che non vogliono o non possono trovare voce sui canali più tradizionali: l'esempio più evidente nell'Italia di oggi è quello delle culture dei migranti, che restano confinate (e si autoconfinano) in reti molto specifiche. Negli ultimi anni un'ulteriore livello che attraversa tutti gli altri è quello mediato tecnologicamente dai social network, nei quali algoritmi del cui funzionamento non siamo assolutamente coscienti definiscono l'organizzazione delle nostre reti di significati con gli altri. L'unica risposta che mi sento di dare è che la cultura è quel campo articolato e complesso che si genera con la permutazione di tutti questi elementi.
  2. Dalla mia limitata prospettiva di sociologo, potrei dire che praticamente niente esula dal campo culturale. E intendo anche tutti gli aspetti che consideriamo più "dati" e "naturali", e che sono invece sempre e comunque il risultato di un processo in qualche modo culturalizzato. Bruno Latour docet.
  3. Del patrimonio culturale mi affascina soprattutto la natura di convenzione sociale. In una certa prospettiva, quindi, il patrimonio è uno degli strumenti principali di costruzione di coesione sociale. Riconoscere il patrimonio vuol dire riconoscersi parte di una collettività. Ma questo implica che la convenzione, i perimetri della comunità e la concezione stessa di patrimonio siano soggetti ad una rinegoziazione continua.
  4. Per l'appunto, vuol dire prendersi cura del rapporto dinamico tra collettività e patrimonio (materiale o immateriale, poco importa). Per estremizzare, potremmo dire che il patrimonio in sé non esiste: ha senso solo in quanto processo. Valorizzarlo, quindi, vuol dire tener presente quali sono le forze e le variabili che stanno trasformando la società in un dato momento. In questo momento, e da un tempo ormai anche abbastanza lungo, è chiaro che il punto chiave è costruire percorsi di sostenibilità economica attorno al patrimonio. Il che vuol dire qualcosa di molto diverso, e molto più ambizioso, che non la mera conservazione. E vuol dire anche fare delle scelte, anche faticose, su cosa si può e non si può fare; su cosa si può e non si può sperare di fare.

 

Angelo Cruciani, artista e fashion designer

  1. Dare una definizione di Cultura è come cercare di riassumere il concetto di amore, una parola che nel tempo ha assorbito tramite l'uso collettivo molte sfaccettature a seconda dei contesti. Ritengo quindi impossibile personalmente poter riassumere in qualche riga un appropriato concetto esaustivo che avvolga tutte le declinazioni personali che inglobo. Nel mio lato più intimo però cultura è una saggezza alla quale partecipano collettivamente azioni e pensieri di un collettivo: è un'insieme di esperienze individuali e sociali che sono passate tramite il riconoscimento di una verità (temporanea e geolocalizzata) che è terreno fertile per coltivare ulteriori frutti che diventeranno successivamente un nuovo manto di sapere volto all'evoluzione.
  2. Tutto diventa cultura, ogni abitudine fa parte di un ramo culturale. Quando cultura diventa un circuito chiuso a classificare discipline diventa di per sé anticultura; limitante diviene il giudizio intrinseco a categorizzare e valutare negativamente abitudini o culti altrui per i quali non si prova interesse. La Cultura dal mio punto di vista abbraccia più esperienze possibili e mira all'evoluzione dell'uomo, che spesso per arrivare a nuovi lidi deve affrontare periodi e azioni anche molto incomprensibili (guerra, odio, paure, razzismi). Oggi il mondo offre molte possibilità di interesse, il vecchio sistema autoproclamatosi culturale sulla base di un sapere che ha come base lo studio e la disciplina sono surclassati da un'intelligenza a disposizione collettiva chiamata internet. Io credo fermamente in una cultura personale fatta di sensazioni dove le apparenze scompaiono e nuove verità vengono proclamate in linguaggi sconosciuti. Credo che spesso le parole diventino gabbie per il nostro animo. Alla parola cultura spero di non dover dare mai questo valore.
  3. Il Patrimonio Culturale è una memoria, un database, un hard disk dove ancora possono vivere sensazioni, emozioni, riti e credenze di epoche lontane. La funzione della memoria spesso tende a condizionare l'umano a ripetere cicli e cliché già sperimentati, altre volte è base dell'inizio di nuove esplorazioni, altre ancore è saggezza fondamentale per riconnettere azioni e pensiero a chi già precedentemente ha affrontato situazioni similari. Quello che spesso chiamiamo patrimonio culturale è soltanto una minima parte di informazioni e strutture che noi già possediamo nel nostro DNA.
  4. Valorizzare il Patrimonio Culturale dal mio punto di vista è portare a conoscenza di noi stessi e delle generazioni future l'idea di verità che sono passate attraverso la storia dell'uomo. Certamente ci sono luoghi e ambiti dove è possibile attingere a molte più esperienze ed ispirazioni per concentrazione di densità di materiale come biblioteche, musei e strutture che hanno accolto il sapere delle migliori esperienze del passato. Credo che per valorizzare la saggezza e la storia bisognerebbe naturalizzarle ovvero renderle parte del vivere e non farle considerare come materie di studio. Ci sono svariati patrimoni culturali che partono dalla famiglia ed arrivano ai continenti ed oltre. Il rispetto per queste memorie andrebbe radicato nella sensibilità dei ragazzi fin dall'infanzia, con metodi meno didattici e più istintivi, radicare un collegamento che fa dialogare il passato senza prevaricare istituzionalmente il futuro. Valorizzare il patrimonio culturale è credere nelle potenzialità dell'uomo, perché dare fiducia al presente diventa tutela per ogni tempo.

 

Roberto Mordacci, filosofo

  1. Ci sono naturalmente più livelli di senso in cui intendere la cultura. Quello che mi pare più rilevante è l'idea di un luogo in cui si incontrano e si plasmano reciprocamente l'esperienza individuale e quella di una comunità di persone: la cultura offre i significati condivisi entro cui le persone si definiscono, prendono posizione, spesso anche contro il contesto nel quale sono cresciuti. Le grandi opere della cultura - poemi letterari, immagini, figure plastiche, suoni - nascono proprio da contrasto creativo fra individuale e comune, fra soggettività e collettività. Il nostro compito di individui è quello di definirci in modo personale, ma comunicabile e comprensibile a una comunità umana che, oggi, ha un'estensione molto più grande che in passato.
  2. Non lo è l'erudizione fine a se stessa, non lo è l'ideologia, non lo sono gli integralismi religiosi e laici da cui è afflitto il mondo contemporaneo. Non c'è alcuna forma di cultura propriamente detta che possa giustificare né le decapitazioni né lo scempio di una città: si tratta di pura violenza e il fiancheggiamento "culturale" di queste brutalità è semplicemente ipocrisia nel senso etimologico del termine, cioè incapacità di compiere una vera "crisi", una disamina onesta della realtà.
  3. Come detto prima, il patrimonio culturale è il materiale ampio, caotico, disperso e vario da cui ogni persona trae gli elementi essenziali attraverso cui darsi un'identità. Essere nato a Milano non è un dato anagrafico: è un'accento linguistico, è un carattere condiviso di tenacia al lavoro e di resistenza ai soprusi, è l'abitudine a un clima spesso grigio, è il gusto estetico per le guglie del duomo e per le librerie. Distruggere queste cose significherebbe cancellare le persone che le abitano. Per questo, riferendoci ad altri eventi, i danni dei grandi disastri naturali non sono mai soltanto materiali, sono ferite profondissime nell'identità delle persone che li hanno subiti.
  4. Anzitutto proteggerlo e farlo risplendere, renderlo disponibile e visibile al mondo, ma soprattutto a chi è erede della potenza creativa che l'ha generato. Gli italiani hanno il senso dell'appartenenza alla propria tradizione culturale e artistica, ma percepiscono il compito della sua tutela come un dovere affidato allo Stato. Quest'ultimo, come sappiamo, è sentito come distante e, purtroppo, come inadempiente rispetto a quel dovere di tutela. Qui si apre la grande contraddizione di questo Paese: sentirsi italiani ma non sentirsi cittadini. Il risultato è che le istituzioni e il patrimonio pubblico sono come staccati dall'identità italiana diffusa, e così le prime finiscono per essere abbandonate alle proprie dinamiche autoreferenziali, mentre il secondo è guardato come una reliquia che non si sa come valorizzare. Si tratterebbe di riportare quel patrimonio nella vita ordinaria, di averne la cura che si ha per ciò che è di uso quotidiano. Ma per far questo occorrerebbe una coscienza culturale che sembra essersi gravemente dispersa negli ultimi trent'anni. Forse, allora, possiamo dire che la valorizzazione del patrimonio culturale può cominciare solo dalle scuole.

 

Giusy Nicosia, giornalista e poetessa

  1. Per me la cultura è la più grande forma di amore che noi possiamo avere verso noi stessi, verso il genere a cui apparteniamo e che rappresentiamo. È il modo migliore per ricordarci chi siamo e che un giorno non saremo nati e morti invano, ma saremo cresciuti e rimasti nella memoria di qualcun altro anche grazie ai nostri errori (alcuni in particolare è necessario non dimenticarli), oltre che grazie al nostro talento o alle nostre particolari azioni, magari memorabili. Se un giorno mi dovessi alzare al mattino e immaginare di non dedicare nemmeno una parte della mia giornata a ciò che mi fa sentire viva sarebbe il giorno più triste della mia vita. Fortunatamente passo gran parte del mio tempo in compagnia della cultura. Non sarà mai un'amica noiosa per me, ma un mistero gioioso che non finirà mai di stupirmi.
  2. Non è cultura ciò che ci fa andare indietro, ciò che ci cancella e che non ci aiuta a  valorizzare la bellezza che abbiamo dentro e che ci circonda. E' un discorso molto ampio e potremmo partire dalle piccole o grandi tragedie che sono accadute negli ultimi giorni (i tanti morti avuti a causa del vergognoso traffico umano creatosi con l'immigrazione clandestina, o l'assalto dei black bloc a Milano...) o parlare dell'inquinamento del pianeta o del perché l'Isis vuole distruggere l'Occidente e quindi i suoi simboli e la sua storia. La cultura è prima di tutto un sentimento e va rispettato.
    Chi non ama la cultura è stupido perché non apprezza e riconosce neppure il proprio valore prima di quello altrui. Quando un politico fa un buon lavoro dà anzitutto un senso a quello che fa (lui è più vicino degli altri a lavorare per il Bene Comune) ed è quello il primo motivo per cui la comunità potrà stimarlo e ringraziarlo. La politica di oggi sottovaluta questo sentimento. La stima e la gratitudine sarebbero già esse stesse la prima risposta a un gesto che va verso il rispetto, la dignità e quindi versola cultura. Che senso ha prendersi in giro? Quanto conta la parola per una persona? Fortunatamente c'è chi (a livello locale) sa dare un valore aggiunto a ciò per cui è stato scelto e quindi eletto. Per fare buona politica bisognerebbe avere un po' anche lo spirito di un volontario che non si aspetta nulla in cambio e ha solo il desiderio di fare la cosa giusta. Non è cultura tutto ciò che calpesta la nostra dignità e il nostro valore.
  3. Il patrimonio culturale è la nostra eredità, il patrimonio genetico dei nostri sentimenti. Atlantide è una civiltà scomparsa o forse mai esistita e quello che ci è rimasto è forse solo un mito o forse è già dentro quelle che abbiamo creduto essere nostre scoperte. La mia speranza è che la nostra civiltà vada oltre il mito e resti una realtà per più generazioni possibili, fino a quando lo vorranno le stelle e la luce avrà voglia di farci viaggiare nel tempo.
  4. Ci sono tantissimi modi per valorizzare qualcosa. Se poi parliamo di ciò che dovrebbe essere la parte migliore di noi stessi, non dovremmo porre limiti all'immaginazione. Ogni persona può valorizzare il patrimonio culturale comune. Il modo migliore per farlo è amare questo patrimonio e per farlo serve la cultura. Sembrerebbe una cane che si morde la coda, ma non è così. Se mettessimo davvero in luce questo grande valore davanti agli occhi di ogni bambino forse la società di domani sarebbe più evoluta moralmente. Dobbiamo confidare in una scuola sempre più valida e in una famiglia che sappia educare nel modo più sano. I genitori dovrebbero sfruttare a loro vantaggio la tecnologia per favorire l'educazione del proprio figlio e non trasformarla nel suo surrogato. Forse non siamo nel migliore dei mondi possibili, ma possiamo darci da fare affinché la migliore possibilità un giorno sia anche la nostra.

 

Maurizio Sbordoni, scrittore

  1. Cultura è percepire le esigenze altrui, attraverso il proprio vissuto e la propria sensibilità
  2. Non è cultura la mancanza di rispetto, la prevaricazione, in qualsiasi ambito
  3. Arricchire l'anima di chi lo vive e del territorio che lo ospita
  4. Renderlo fruibile e accessibile a più persone possibile

 

 

 

Nell'immagine un auoritratto di Lorenzo Lotto (Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid)