20130712-L-Inventalavoro

Dossier: Vecchie povertà, nuovi mestieri. Una guida per inventarsi una nuova vita professionale, il libro di Andrea Sartori e le interviste di Uncò

I

n quest'estate senz'estate, che piove spesso ma non c'è tregua dall'afa, abbiamo deciso di parlare del lavoro senza il lavoro. Di chi fa un mestiere nato da pochissimo o di chi magari se l'è proprio inventato ex novo - e gli altri non hanno ancora capito di cosa campa quella persona, provando in fondo un po' di invidia, perché sembra che non se la passi neanche troppo male a fare quel lavoro lì, che se non si capisce.

Sono anni che si sente ripetere che il lavoro bisogna inventarselo – quando le cose mancano, significa che vanno create. Ma come?
Una guida smart, utile e stimolante alla giungla dei nuovi lavori è offerta dal libro di Andrea Sartori, uscito nel 2012 - l'Anno della crisi – per Morellini, con un titolo che dice già tutto, "L'inventalavoro". Oltre trenta professioni della new generation (svolte anche da chi non è troppo new al mercato professionale) figurano in questo suo manuale con sottotitolo "Guida alle professioni creative e innovative".
Alcuni esempi: art buyer, professione nata (addirittura!) negli anni '80, negli USA, è colui che va alla ricerca per conto d'altri di oggetti d'arte, d'antiquariato o di design, ma anche chi lo fa per conto di un'agenzia di pubblicità, acquistando immagini; declutterer, la persona che fa space clearing, recandosi nelle abitazioni private o neli uffici di chi ha problemi di gestione dello spazio; il personal concierge, meglio conosciuto come il "maggiordomo", una rivisitazione di quest'antica professione che più che occuparsi delle pulizie, si occupa di pianificare l'ambiente domestico; l'home stager, l'esperto che riesce a dare un tocco di nuovo e di vitale al vecchio immobile da vendere; il consulente filosofico, professione nata in Germania (e dove se no?) nel 1981, che ricalca, a mio parere, un po' quell ruolo maieutico ricoperto da Socrate, poiché ha lo scopo di affinare le capacità di pensare del cliente, di tirarne fuori la sua filosofia personale.
Se questi lavori vi sembrano falsi o irrealizzabili, il manuale di Sartori scioglie queste perplessità (o almeno, ci prova) perché presenta una job description, declinata in breve descrizione, che cos'è e che cosa fa, e delle informazioni supplementari molto utili, ossia quali sono gli attrezzi del lavoro, dove si può apprendere l'arte, dove si possono trovare i clienti, quanto costa lanciarsi nel nuovo lavoro e quanto può rendere, insieme alla grande domanda "posso farlo?", cioè quali sono le attitudini ideali per chi svolge il lavoro inventanto e aggiungendo la testimonianza di chi ce l'ha fatta, utile a dare anche il senso di una dimensione che così sembra davvero molto aerea ma che invece deve essere molto pragmatica.

La maggior parte di questi nuovi lavori sono nati fuori dal nostro paese e poco alla volta si stanno estendendo anche qui – basti pensare a tutte le professioni collegate al mondo del digitale e del social, dai SEO specialist ai social media manager, ai content writer, ormai sempre più comuni e ricercati dalle aziende.
Se volete aggiornarvi sul chi vive italiano, prima di digitare www.italiansingfuga.com e chiudere con la nostra bella penisola, è possibile dare un'occhiata a Uncò, nato dal trentaduenne veronese Alessio Sartore, atto a raccogliere le storie di chi ha deciso di dare una svolta alla propria vita.
"Cerchi lavoro? Leggi le storie di chi se n'è inventato uno", così recita la pagine facebook di Uncò Libri, categorizzata tra notizie/multimedia/editoria. Dapprima un magazine, poi una casa editrice (di libri e di cose), un vero e proprio network di persone che hanno cambiato vita per realizzare i propri sogni. Una chiacchiera con lui per illustrare il progetto.

2013-7-12-alessio-sartoreCome ti è venuta quest'idea di Uncò, da cosa è partita?
La verità è che due anni fa mi sono trasferito a Verona. Non conoscevo quasi nessuno e allora mi sono inventato un gioco: ho cominciato intervistando un artista, foto video etc, e chiesto di indicarmi la persona che l'ha più influenzato in vita sua. ma che sia di Verona. Da lì è partito un contatto dopo l'altro che mi ha portato a conoscere notai, imbinachini, studenti, medici etc. La cosa più interessante è che con questo sistema persone sconosciute ti aprono la porta di casa e ti raccontano la loro vita senza timore perché arrivi presentato da una persona a loro cara. QUando l'anno scorso mi sono iscritto ad un concorso di dottorato di economia della creatività a Milano, ho pensato “Sarebbe interessante usare il meccanismo delle reti per intervistare i creativi". Ma quale strumento usare? Sono laureato in giornalismo e quindi lo strumento che conosco meglio è la scrittura. Perciò ho registrato una testata giornalistica,“Uncò Mag”, e reclutato amici a collaborare alle interviste.

Qual è l'obiettivo finale di queste interviste?
L'idea di fondo è arrivare a 1.000 interviste. Adesso siamo a circa 120, interviste quotidiane, siamo 8 collaboratori fissi e più di venti in totale, tutti pagati. Arrivati a 1.000, analizzeremo i dati per definire chi è il nuovo imprenditore della creatività italiano. Questo è anche l'oggetto di ricerca del mio dottorato. Mantenendo l'idea che è meglio avere 30 nuove start up di 30 giovani creativi piuttosto che 30 nuovi assunti in una azienda, semplicemente per due motivi: 1) perché le aziende non assumono 2) perché molto probabilmente innovazione e spinta creativa diminuiscono una volta entrati nella struttura aziendale. Se sei giovane, senza risorse finanziarie ma hai un'idea innovativa è giusto che tu apra una start up, anche se poi dovesse chiudere dopo due anni. Credo sia necessario per l'innovazione, anzi, se non si passa per la prototipazione non si avrà mai un prodotto,  quindi evviva la prototipazione, anche imprenditoriale.

Cosa significa per te e per Uncò essere dei creativi? Ti definisci anche tu così?
Riuscire a incanalare una idea in un percorso imprenditoriale e realizzarla. Anche Uncò è innovativa, e beh direi di si, potrei essere definito anch'io così.

Come si finanzia Uncò?
In parte tramite la mia attività di consulente di marketing aziendale, ma sto percorrendo due strade diverse per finanziarla. La prima è trovare una azienda o un gurppo di aziende che usino Uncò come strumento diricerca di mercato. Ad esempio, se sei una azienda nel tessile e finanzi il dottorato, ci dici qual è il tuo bisogno di prodotto o di comunicazione, e noi ti troviamo i creativi giusti per risolverlo, facendo una scrematura molto forte. Sono convinto che il futuro delle risorse umane e del lavoro sia la iper specializzazione. Con Uncò riesco a reperire i 2 creativi migliori per il tuo bisogno, al contrario di, che ne so, Behance, che vive della grande quantità di creativi presenti all'interno. La seconda strada è prendere i direttori HR di azienede che assumono, mettere i lavori su Uncò, e chiedere al creativo di pagare una fee per iscriversi. Insomma, da una parte finanzia l'azienda e dall'altra finanzia il creativo. Il fine è lo stesso: metterli in comunicazione e creare occupazione. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro deriva da nuove aziende. Aprire una nuova azienda deve essere semplice, come negli US  o a Hong Kong, dove con 100 dollari in un'ora hai una nuova azienda e lo fai via internet. Iin questo momento, purtroppo, l'Italia non è un Paese, diciamo, start-up-friendly.

Lo diventerà, secondo te?
Non so, non credo. Se guardi l'ultima manovra del governo Letta, viene premiato con incentivi per l'assunzione chi non ha titolo di studio. Come dire: "Ti sei impegnato? hai studiato? e io ti do una mazzata!". Negli US è il contrario,è difficile ottenere un visto ma se sei high-skilled lo ottieni facilmente perché importano lavoratri qualificati. Noi facciamo il contrario, abbassando il livello generale di qualità e rendendo l'Italia un paese molto poco sexy per gli investimenti. Riprendo quello che mi ha detto Alberto Forchielli in un'intervista: "Per salvare l'arrosto occorre fare un buco sul fondo della pentola", come dire che le istituzioni il coperchio non lo alzano. Non possiamo aspettare che l'Italia diventi start up friendly, dobbiamo fare noi dal basso un buco sulla pentola.

Qual è stato il tuo percorso professionale?
Dopo l'università ho fatto il giornalista per un quotidiano, però lavorando tutti i giorni arrivavo a 350 euro al mese. Le cose sono cambiate quando sono entrato in azienda e ho fatto un master di marketing alla Bocconi, dopodiché sono andato in Olanda, poi nel North Carolina (sempre in uffici marketing),  quando sono tornato, dopo tre anni da dipendente, ho deciso di aprire la partita iva e fare il consulente di marketing per aziende focalizzandomi sul web. L'anno scorso ho fatto un concorso di dottorato, l'ho passato e ho cominciato a studiare la creatività, da cui, come dicevo prima, è partito il progetto Uncò.

Guardando il sito di Uncò vedo la sezione "libri",  associata a una serie di oggetti di varia natura che producete voi...
Si, abbiamo anche dei prodotti. L'idea era nata l'anno scorso, scaturita dai rapporti con i clienti. Questi prodotti noi li chiamiamo Libri, (Uncò Libri), anche se libri non sono, perché raccontano delle storie. Ad esempio, ci siamo chiesti come raccontare la storia della coltura idroponica senza che risultasse casino. L'unico modo era farlo non in teoria ma in pratica: un lbro che è un piccolo orto idroponico, e facendo crescere la pianta, capisci cos'è la coltura idroponica. Abbiamo collaborato con l'università di Bologna, facoltà di Agraria, per il know how e ora vendiamo le Hortilla via internet e in alcuni negozi (a Milano da Corraini).

Ne avrai sentite tante di storie belle e innovative in quest'anno. Ma qual è quella che ti ha colpito o stimolato di più?
Mh.. forse Pilou, di Torino. Due ragazze che su internet mettono le ricette per la colazione della domenica e tu decidi cosa vuoi mangiare. Poi la domenica mattina loro arrivano con al loro panda bordeaux a portarti la colazione, con un pack davvero cool.

Gli autori di Vorrei
Azzurra Scattarella
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