Intervista al nostro direttore, Antonio Cornacchia, per i 5 anni di Vorrei e del suo format: impegno civico, passione, divertimento. Una formula necessaria e innovativa
Nel
All'epoca ero consulente come art director di Monza la città, che era sì un settimanale formato tabloid a grande tiratura, ma anche il primo vero tentativo di testata on line a Monza, con tanto di finanziatori e redazione di giornalisti. Ebbe vita travagliata, non aveva una chiara linea editoriale e soprattutto la versione stampata bruciò in pochi mesi buona parte del cospicuo capitale investito. Sopravvisse la versione on line, grazie ai costi ovviamente molto più bassi. Davo anche il mio contributo come giornalista e collettore di collaborazioni. Col tempo però prese una direzione che non condividevo più, capii che neanche Monza la città avrebbe potuto colmare un grande vuoto dell'informazione di questo territorio: l'approfondimento, la riflessione. Le notizie, bene o male, non mancano. Il respiro lungo, l'analisi, l'inchiesta invece è merce assai rara. Così feci circolare qualcosa di simile ad un appello (“Il giornale che vorrei”, un blog ancora oggi on line) in cui altro non facevo che manifestare questo mio bisogno di uno strumento dallo sguardo puntato oltre la quotidianità e segnalare esempi vicini e lontani. Con interlocutori a me già noti così come altri mai visti, si sviluppò un'interessante dibattito; alla luce del sole, chiunque poteva partecipare e intervenire. Insomma l'esigenza di una rivista non era solo mia per fortuna, così nel giro di qualche mese si decise di dare vita a quella che è ancora oggi Vorrei.
Giugno 2008, Luca De Biase, blogger e responsabile di Nova del Sole24ore presenta il suo “Economia della felicità” con il direttore di Vorrei, Antonio Cornacchia
Un po' di perchè messi in fila: perchè c'era bisogno di una nuova testata sul territorio? Perché "vorrei" e non "voglio"? Perché i dossier mensili? Perchè le foto simpsonizzate dei collaboratori?
Una nuova testata perché quelle esistenti avevano una impostazione commerciale, il che ovviamente non è un male ma diventa un limite se, per esempio, vuoi scrivere di quanto facciano male alla vita di una città lo sviluppo incontrollato dell'edilizia, dei centri commerciali, del traffico e poi hai come inserzionisti proprio costruttori, concessionari e centri commerciali. La questione del nome invece è una casualità o giù di lì. Credo sia stato Gimmi Perego a proporre di usare il nome del blog come testata, cambiando giornale con rivista, proprio perché fosse subito chiaro che di magazine si sarebbe trattato e non di un altro giornale di notizie.
I dossier erano e sono uno strumento per far lavorare più collaboratori su un unico macro-argomento, in modo da muoversi in maniera coordinata e da sviscerare al meglio quell'argomento.
Le faccine dei Simpson al posto delle foto dei collaboratori perché non avevo proprio voglia di mettermi a disegnare uno per uno i vostri ritratti.
Vorrei è uno strumento di informazione il cui scopo non è il business. Ancora adesso molti non sanno o non capiscono un aspetto fondamentale di Vorrei e cioé che nessuno di noi percepisce alcun compenso
Come definiresti Vorrei?
La giusta definizione l'abbiamo trovata solo qualche settimana fa grazie ad un post di Luca De Biase: civic media, ovvero media civico. Come sempre De Biase ci vede lungo, non per nulla fu con lui che inaugurammo nel 2008 i nostri incontri pubblici, presentando “Economia della felicità”. La nostra rivista è uno strumento di informazione il cui scopo non è il business. Ancora adesso molti non sanno o non capiscono un aspetto fondamentale di Vorrei e cioé che nessuno di noi percepisce alcun compenso o rimborso per tutto quello che facciamo, che non ospitiamo pubblicità e non riceviamo finanziamenti. Semplice, chiaro, trasparente. Ognuno di noi nella vita fa altro e poi dedica a Vorrei parte del proprio tempo come impegno civico. È il nostro contributo alla crescita della comunità di cui siamo parte.
La “campagna di arruolamento” per nuovi collaboratori di Vorrei
Cosa differenzia Vorrei dalle altre testate online che agiscono sul territorio?
È l'unica che fa approfondimento, o quanto meno ci prova con tutti i limiti che noi per primi ammettiamo. Gli altri rincorrono le news, le page views perché devono attrarre inserzionisti. Noi ci possiamo permettere il lusso — nel nostro piccolo, sia chiaro — di scrivere di quello che ci pare, meglio di quello che ci interessa. Per questo col tempo abbiamo scremato gli argomenti finendo col privilegiare l'ambiente e la cultura. Sono gli ambiti a cui ognuno di noi rivolge la propria attenzione. Per questo i nostri contenuti sono di solito ad alto contenuto di passione. A volte troppo.
Gli altri rincorrono le news, le page views perché devono attrarre inserzionisti. Noi ci possiamo permettere il lusso di scrivere di quello che ci interessa.
Abbiamo iniziato domandandoci quali fossero la Monza e la Brianza che vorremmo, ci siamo chiesti se il nostro fosse un territorio di cultura o meno... dopo cinque anni, credi che l'impegno della rivista abbia inciso, almeno in parte, sulle questioni affrontate?
Incidere non so, di sicuro chi volesse capirne qualcosa in più ha un archivio piuttosto nutrito da consultare. La quantità di articoli è ormai notevole e chi ha voglia di approfondire può trascorrere molte ore sul nostro sito. Gratis.
La difesa e la salvaguardia del Parco e della Villa Reale è stata oggetto di almeno due dossier e numerosi articoli. Credi che i tre ambiti di cui Vorrei dichiaratamente si occupa (politica, ambiente e cultura) siano sintetizzati tutti e tre da quest'annosa questione?
Assolutamente sì. È una questione che riguarda la città e i cittadini, per cui squisitamente politica. Riguarda l'ambiente perché non sono poi molte le macchie verdi visibili dall'alto sulle mappe di questo territorio. Soprattutto è una questione culturale e questo deve essere chiaro soprattutto a chi, quando si parla della Villa, snocciola solo cifre, costi. La Villa è parte del nostro patrimonio culturale e il ruolo della cultura è quello di rendere la società migliore, non più ricca. Quella può essere una conseguenza, non una premessa.
Vorrei è una rivista nata per domandare, più che per spiegare. Qual è la domanda, fra le tante, che ancora aspetta risposta?
È una domanda glocal, com'è giusto per una rivista glocal come la nostra, vale per il territorio a noi più prossimo (Monza e la Brianza) ma vale anche per il nostro Paese: che futuro vogliamo? La nostra è una ricerca di senso. Ad altri il compito di testimoniare quello che accade, noi proviamo a capire perché accade e cosa è possibile fare perché accada qualcosa di buono per tutti.
Con Paola Pioppi e Elisabetta Bucciarelli per uno degli appuntamenti off-line della rivista, la presentazione di “Corpi di Scarto” della scrittrice milanese
Qual è la domanda che Vorrei ancora non ha fatto e che non può più aspettare di porre?
Quando festeggiamo davvero il 5° compleanno?
Se vuoi scrivere di quanto facciano male alla vita di una città lo sviluppo incontrollato dell'edilizia, dei centri commerciali, del traffico e poi hai come inserzionisti proprio costruttori, concessionari e centri commerciali?
Ultimamente, la rivista ha cercato di fare il suo per mettere in rete le realtà del territorio che diffondono cultura. Questa funzione "aggregativa" era un obiettivo fin dall'inizio, oppure si è sviluppata in seguito? Secondo te una testata come Vorrei potrebbe (o dovrebbe) svolgere un ruolo di questo tipo?
Abbiamo sempre provato a tirare il filo fra le migliori realtà culturali del territorio. A volte funziona a volte no. Io ho molto rispetto per i bravi artisti e operatori che abbiamo incrociato in questi anni e proprio per rispetto (per il bene che voglio loro) devo prendere atto che spesso vedono in Vorrei e nei giornali in generale non un interlocutore ma un modo come un altro per avere visibilità. Non è sempre così, ovviamente. Abbiamo degli ottimi compagni di strada con cui condividere la passione disinteressata per la cultura, con loro continueremo a costruire qualcosa di buono.
E poi arrivarono le recensioni. Che valore aggiungono questi articoli a una testata come Vorrei?
Nessuno o fondamentale? Penso che rientrino nell'ambito del divertimento che in Vorrei è molto importante. I collaboratori devono potersi divertire con Vorrei. La soddisfazione personale compensa l'assenza di retribuzione e scrivere di un libro letto e piaciuto, di uno spettacolo visto e applaudito è un modo sano e intelligente per divertirsi e divertire i lettori.