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Gli italiani, avanguardisti del giallo. L'intervista al decano degli scrittori del genere, a Brugherio per la rassegna curata da Camilla Corsellini

 

Il secondo appuntamento di Bruma 2011, tenutosi martedì sera alle 21 nella biblioteca civica di Brugherio, era intitolato "Montagne di carta" e l'ospite venuto da Festivaletteratura è stato il maestro del giallo italiano Loriano Macchiavelli. Classe '34 (dettaglio che non gli piace troppo ricordare, come ha scherzato con Camilla Corsellini), inventore del famossisimo Sarti Antonio Sergente, prolifico autore di romanzi nonché di testi teatrali, compagno di scrittura di Francesco Guccini, Macchiavelli afferma che per lui "scrivere è un modo di vivere", più che naturale, quasi come respirare per una persona normale. Curiosa contraddizione per lui che, da giovanissimo, ammette di conoscere poco (e male) la lingua italiana. Abitatore delle montagne, a causa della guerra lui e la sua famiglia si trasferirono a Bologna, per sfuggire al fronte che incalzava - dove presero però le bombe. Qui, apprese l'italiano su sussidari per alunni non di comunità rurali (come quelli precedenti) e scoprìi la vena letteraria che gli permetteva di esprimersi e comunicare meglio del parlato con gli altri, giungendo addirittura a diventare "spacciatore" di storielline erotiche per i compagni.

Un timido salvato dall'arte, si potrebbe facilmente ridurre. Si, ma non solo, perché Macchiavelli ha avuto la capacità e l'intelligenza di sfruttare la sua conoscenza del genere per romperne le regole e rinnovare uno schema ormai troppo ripetitivo e a rischio. Come lui stesso racconta, i famosi gialli mondadori (che tutt'ora escono settimanalmente in edicola), di cui lui stesso si è nutrito a volontà, erano onnipresenti nelle case di chiunque, diventando così classici da trasformarsi in tediosi romanzetti. Inizialmente, Macchiavelli si dedicava alla scrittura teatrale e anche alla recitazione, con scarsissimi risultati, a suo parere. Il primo romanzo venne per caso, con un gioco inventato per la moglie Franca. In vacanza in Costa Brava, egli scrisse un giallo per sopperire alle mancanze delle valige estive. Giallo che poi gli porterà molta fortuna, come scoprirete nell'intervista all'autore che segue.

La serata al Bruma procede con domande sul come si compone un romanzo: come si scelgono i nomi ( completamente inventati e dotati di un soprannome, per dare più spessore al personaggio), come si immagina Antonio Sarti (neanche l'autore dice di averne un'immagine precisa, per lasciare a ogni lettore la possibilità di immaginarselo come preferiva; immagine "rovinata" dall'interpretazione di Gianni Cavina nel telefilm che poi è stato tirato dai libri di Macchiavelli),  sul perché scegliere Bologna come ambientazione pressoché fissa (fatta di portici e sotterranei maestosi, con un passato delinquenziale poderoso e criminalità sommersa e poco conosciuta, a Macchiavelli Bologna è sempre sembrata ideale come luogo per i delitti, cosa che gli ha causato non poche critiche e anche inimicizie politiche). Lo scrittore si concede in modo pacifico e aperto, scatenando risate tra il pubblico per le sue frecciate a sorpresa e il suo modo di raccontare piano e senza peli sulla lingua. Così come quando parla di Strage, il romanzo che gli ha causato non pochi problemi.

 

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Su Strage Macchiavelli non si rimprovera nulla, nonostante la vicenda l'avesse talmente sconvolto che non avrebbe mai più deciso di ripubblicarlo. La dimenticanza di non aver cambiato il nome ad uno dei personaggi, lasciando quello della una persona realmente implicata nella faccenda della strage di Bologna del 2 agosto 1980, gli costò il ritiro immediato del libro 5 giorni dopo la sua uscita. Nel 2010 Einaudi ha deciso la ripubblicazione del libro, anticipato da una prefazione del magistrato Libero Mancuso. Per parlare di questo libro e dei sentimenti che quella vicenda scatena nel suo animo, Macchiavelli usa le parole del generale Dalla Chiesa: "Mi sento usato. Tutto viene sacrificato dal potere" ed anche quelle di Pasolini ( "Io so, ma non ho le prove"), e ci regala la visione della copertina originale del 1990.

Loriano Macchiavelli racconta del suo amore per la montagna, vista come un paradiso perduto, un territorio abbondonato e da recuperare, passione che ha in comune con Francesco Guccini. L'incontro tra i due e la decisione di scrivere insieme è arrivata su suggerimento di Antonio Franchini, editor. Guccini raccontò a Macchiavelli una storia della città di Pavan, che piacque molto allo scrittore, e che gli fece venire voglia di scriverla. L'idea di accomunare i due stili ha dato vita a numerosi successi, da Macaronì al recente Malastagione, e chissà cos'altro ne verrà fuori. Per ora lo scrittore dichiara di voler scrivere da solo, per dimostrare che sa ancora scrivere da solo.

Del resto, Loriano Macchiavelli di sfide ne ha raccolte parecchie, nella sua vita. Come dimostra la tormentata storia di Stragee la decisione di recuperare il suo personaggio più famoso dopo che era morto in un precedente libro, Macchiavelli rivendica la  volontà di cambiare le regole di un genere classico come il giallo, in cui ha apportato la novità dei finali, che restano sempre squilibrati, perché il crimine non si risolve con la chiusura di un caso, nonché di dimostrare che anche gli italiani sanno scrivere gialli fondamentali come hanno fatto gli inglesi e i francesi - abilità questa, contestata da molti critici negli anni passati, che spiega il perché per qualche tempo Macchiavelli ha usato il falso nome di Jules Quicher, ingannandoli. La serata si conclude con la sua lettura della poesia di Roberto Roversi, "Notizia", anch'essa commemorazione della strage di Bologna e che ribadisce la volontà di non rassegnarsi e continuare a cercare la verità.

 

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L'intervista a Loriano Machiavelli

 

Da cosa nasce la sua passione per i gialli e i polizieschi?
Quelli della mia età sono passati tutti per i gialli Mondadori, in tutte le case se ne trovavano. Tutta la mia generazione ha imparato a conoscerli, abbiamo conosciuto la Francia, Parigi, l'America attraverso Chandler e Simenon. Poi ho abbandonato la forma del tipico romanzo giallo perché questo genere meritava di essere innovato, ci eravamo annoiati delle stesse forme e sistemi, bisogna va cambiare qualcosa nel genere, ed è quello che ho cercato di fare.

Visto che li ha citati, le chiedo di fare una scelta difficile: chi preferisci tra Camilleri e Simenon?
Oggi ti dico Camilleri, ma dicendo questo non ripudio assolutamente Simenon, che è un classico e ha scritto romanzi importanti anche aldilà di Maigret. E spero che se facessi la stessa domanda a Camilleri anche lui risponderebbe "Macchiavelli".

Pare sia stata sua moglie Franca a fare in modo che il suo primo romanzo venisse pubblicato...
Era il '73, nasceva in quell'anno, guarda la coincidenza, il premio Gran Giallo città di Cattolica, diventato poi Giallo del Mistero. Venivano presentati i gialli classici del cinema sia internazionale che italiano, poi c'era il concorso per il miglior romanzo edito e quello per l'inedito. Nella sua storia, poi, questo concorso ha lanciato un sacco di scrittori: Lucarelli, Danila Comastri Montanari, Fois. Comunque mia mioglie mandò quel mio giallo, che era nato come un gioco per lei, al concorso senza dirmi niente. Una sera, anzi una notte perché erano già le 23.30 mi ha chiamato Enzo Tortora, che presentava il Festival. Quando ha chiamato, io, che stavo già per andare a letto, non gli ho creduto, pensavo fosse lo scherzo di qualche amico! Invece era vero, e mi diceva di andare il giorno dopo a Cattolica perché ero tra i primi tre selezionati del concorso e domani ci sarebbe stata la premiazione. Io avevo scritto il romanzo per tentare un'altra strada, per divertirmi, per mia moglie; ed invece, si è trasformato in una carriera per me.

Il fatto che su internet possano scrivere tutti, che siano o meno in grado di farlo, secondo lei inficia la qualità generale di ciò che si legge o comunque sminuisce in qualche modo questo tipo di letteratura?
Mah, io credo assolutamente di no, anzi qualunque mezzo di comunicazione atto a far circolare di più la letturatura è ben gradito, e bisogna sfruttarlo al meglio; anche se io dovessi vivere soltanto di questo, non rimpiangerei il romanzo di carta. Non vedo poi perché uno non possa escludere l'altro, e tra l'altro in rete si raggiunge molta più gente.

Un'altra domanda "difficile": chi sceglierebbe tra i due suoi personaggi più famosi, Sarti Antonio e Benedetto Santovito?
Per affetto, sicuramente Sarti Antonio, perché mi ha aperto le porte dell'editoria, è un personaggio che mi sono portato dietro per tantissimi anni, gli sono affezionato; ma Santovito è un personaggio più completo, più maturo.

Mi racconta la storia della nascita della canzone "Su in collina" di Guccini, in cui lei ha contribuito?
Io gli lessi la poesia di Vandelli, questo poeta che scrive in dialetto, e mentre la leggevo, vedevo la faccia di Francesco che si emozionava, era una poesia bellissima sulla resistenza. Lui mi disse allora:"Traducila". E da qui gli è venuta l'ispirazione per la canzone, adesso la porta in giro nei concerti, l'ha portata in tutta Italia ed è piaciuta tantissimo. Francesco mi dice sempre "Perché scrivi romanzi? Se scrivessi canzoni faresti più soldi", ma io non ci riesco, anche se quando lavoravo per il teatro, strimpellavo delle ballate da usare in scena.

Qual è la sua opinione sul Festivaletteratura di quest'anno, appena concluso?
L'esperienza è straordinaria, è un luogo dove si sente il polso del lettore, incontri dal vivo tantissima gente, è bellissimo. Però, questo è il quinto, sesto anno che ci vado, e spesso ho l'impressione che si parla di niente. Mantova è la vetrina più prestigiosa d'Europa, è la culla della cultura, poi c'è anche il Festival della filosofia e quello della poesia di Modena, tutti vicini. Ma non sempre si parla dei problemi di chi vive in questo mondo.

Sarti Antonio è un personaggio che troviamo in tantissimi romanzi, lo stesso vale per altri famosi personaggi del giallo o del poliziesco, da Maigret, a Marlowe fino a Sherlock Holmes. Per quale motivo la serialità è una caratteristica di questo genere?
Secondo me è un classico del romanzo popolare, e più popolare del giallo c'è solo il rosa, dove ci vorrebbe un autore che abbia il coraggio, la bravura per riuscire a rinnovare le forme e schemi, per uscire dalla monotonia,per riscattarlo, ridargli dignità. Il romanzo poliziesco era in una palude prima, veniva considerato roba per il popolino; noi abbiamo contribuito a cambiarlo, a dargli spessore, noi italiani siamo all'avanguardia in questo, siamo riusciti a portarlo in auge.

Quali sono i suoi libri preferiti?
Staremmo qui fino a Natale se dovessi dirteli tutti! Posso citarle Don Chisciotte, che è un romanzo che ha tutto, con la sua fantasia. Adesso tutti i libri che leggo mi piacciono, perché se no, non li finisco. Prima di Pennac, leggevo i romanzi tutti fino in fondo, ma adesso se non mi piace, lo butto via. Poi c'è il libro dei libri, la Bibbia, poi i classici russi, così come i francesi...l'importante è leggere, qualcosa di buono.

Sul suo sito c'è già il primo capitolo del suo prossimo romanzo con Sarti Antonio.
Si, sto scrivendo di lui. Abbiamo anche in animo di scrivere qualcosa di nuovo con Guccini, che a quanto pare, è piaciuto moltissimo. Vedremo.

 

 

 

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Azzurra Scattarella
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