20091010-Baaria

All'Anteo di Milano il regista chiacchiera e si racconta.

Sono abbaglianti le luci che puntano sul viso di Tornatore e dell'amico, critico cinematografico, Maurizio Porro. L'incontro pubblico inizia con massima puntualità, la sala è già piena da decine e decine minuti. Molti sono i giovani, forse intere classi di studenti della città, altrimenti la prevalenza è femminile, signore di mezza età, appassionate non-professioniste. Sono le 12 di Martedì 6 ottobre.

Si parla di Baaria, ultimo capolavoro del regista, ma non subito e non per molto: prrima Tornatore stesso ha voglia di parlare di come nascono i suoi film. La platea ascolta molto attentamente il maestro che mostra gli attrezzi del mestiere. Ecco alcuni estratti del suo discorso.

Tutto parte da una storia, quella di cui mi innamoro. Non ho altro metodo se non questo: individuo ciò che voglio raccontare e procedo in qualsiasi direzione l'essenza stessa della storia che ho scelto mi conduce. Quando mi innamoro della storia me la tengo nel cuore a lungo in una sorta di stato di incubazione, e poi la trascrivo. E, come diceva il celebre scrittore G.G.Marquez, con cui mi ho avuto il piacere di collaborare, “più è lunga l'incubazione, più è veloce la scrittura”.


-E lo stile? Le ambientazioni, la scelta del cast?

Anche per tutto questo la risposta sta nella storia: si tratta di un processo centripeto, si parte da quella e se ne deduce tutto il resto. Importante però è restare sempre fedele a ciò che si vuole raccontare, non esiste compromesso a cui si può cedere, non c'è esigenza tecnica che deve farci tradire ciò che abbiamo covato in noi.”

Il pubblico applaude, quasi commosso dall'amore per il cinema e per la regia che Tornatore esprime senza minimamente censurare le proprie emozioni. Personalmente trovo splendido poter percepire tutto questo da un uomo che ha conosciuto e che frequenta anche ambienti famosi non certo per la mancanza di ipocrisia, mascheramenti e doppie facce.

Quando scelgo una storia faccio molta attenzione perché so che essa diventerà mia compagna per tutto il resto della vita. Una volta fatto un film ci sarà sempre qualcuno che in qualche parte del mondo vi chiederà...”Ma quella vostra pellicola...” . Non ve la scollerete facilmente di dosso!

Qual è la parte che preferisce del processo di realizzazione di un film?

L'immaginazione. Infatti a volte mi chiedo perché dovrei realizzare un'opera quando è così bello solo il pensarla. Poi però capita che un produttore si innamora quanto te della storia, allora ci si rimbocca le maniche e si inizia a pensare di farci un film cercando di avvicinarsi il più possibile all'”immaginato”. É importante come ho detto prima, non lasciarsi condizionare da richieste esterne ma, attenzione, mai voltare le spalle alle occasioni che il caso ci regala. Infatti un attore, un ambiente o una difficoltà tecnica possono rappresentare a volte delle sollecitazioni creative importanti per migliorare l'opera in fieri.

E veniamo a “Baaria”, grande successo anche di critica, a Venezia, come è stato accolto dal pubblico del Festival di Toronto, dove lo avete presentato?

Commozione, coinvolgimento e immedesimazione veramente inaspettati per un'opera di carattere così spudoratamente italiano e popolare. Infatti avevamo qualche timore per la troppa nazionalità del film ma ho notato che, spesso, quando si racconta sé stessi e la propria storia legata ad una precisa area geografica e culturale si riesce ad essere dei narratori universali, raggiungendo il pubblico nelle sue mille diversità. Raccontandosi così, come io ho fatto con “Baaria”, ma anche in “Nuovo cinema paradiso”, si va dritto al cuore eliminando ogni sospetto di artificio.