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Nel 1780 la Villa Reale di Monza, una monumentale villa di campagna, accolse il suo primo inquilino: Ferdinando d’Asburgo che, in piena moda “ville di delizia” l'aveva fatta progettare dal Piermarini, al quale aveva anche commissionato il Teatro alla Scala di Milano. Paternità francese ha invece il Parco di Monza che nacque nel 1805 per volere di Napoleone Bonaparte, l’impegno del Vicerè Eugenio di Beauharnais e un curatissimo progetto del Canonica sul modello dei giardini all’inglese.

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Foto tratta da Wikipedia

Seguì un secolo di splendore. Sotto l’illuminata gestione asburgica e del Principe Ranieri, il Parco raggiunse l’autosufficienza economica: una città nella città, con scuole e chiese, che si reggeva sull’agricoltura e sul turismo naturalistico. Nel 1859 Parco e Villa passarono in mano ai Savoia che li gestirono con discreta oculatezza. L’uccisione di re Umberto I sotto le finestre della Forti e Liberi a Monza segnò, tuttavia, il declino del patrimonio monzese. I Savoia lasciarono la Villa svuotandola completamente e abbandonandola per due decenni.

Del 1919 la donazione della proprietà da parte dei Savoia all’Ordine Nazionale Combattenti e al Demanio fu causa della prima frammentazione della proprietà. Da qui nascono le future complicazioni che hanno reso ingestibile la gestione di Parco e Villa fino ad oggi. In breve: la parte a nord di Cavriga venne ceduta all’Onc, la Villa, i Giardini Reali e la porzione sud del Parco al Demanio. Tale porzione venne data in concessione al Consorzio Autonomo Milano Monza Umanitaria - Cammu - che per anni vi organizzò quella che diventerà la Triennale del design di Milano ma che a Monza si svolse, per le prime edizioni, con cadenza biennale. Un’operazione certamente di valore, visti i futuri sviluppi dell’iniziativa, ma il cui passivo spinse i gestori a cercare una soluzione economica decisiva.

Nel 1921 il Cammu prese in concessione anche la parte nord del Parco dall’ONC, il quale, non avendo i mezzi per gestire una così vasta area, aveva addirittura vagliato l’ipotesi di rinunciare alla donazione. È l’inizio della fine: la nefasta pratica delle subconcessioni trasformerà il Parco in un contenitore. Nel 1922 tra le querce centenarie del Bosco Bello trova posto il cemento: il Cammu subconcede 370 ettari di Parco alla Sias che, in soli tre mesi, vi costruisce l’Autodromo. Stesso anno per la subconcessione di 109 ettari (ma presto diventeranno di più) alla Sire per l’ippodromo che sorse sull’area del viale dei Carpini. Ma la situazione si complicò: 1928, con un colpo di mano del Commissario Straordinario del Cammu, Bevione, Sias subconcede parte della propria porzione al Golf Club Milano. Nel parco fanno ingresso anche l’impianto di tiro al volo, quello di tennis e l’hockey. Gli anni che separano dalla guerra si animarono per le polemiche sull’autodromo, tra incidenti mortali sulla pista, modifiche al circuito, che necessitarono del taglio di centinaia di piante secolari, e le problematiche legate alla proprietà del Parco e Villa.

Tra il ‘34 e il ‘35 i Comuni di Monza e Milano acquisirono sia Parco che Villa, ma le pratiche per il passaggio di proprietà lasceranno strascici significativi: l’Atto di Cessione della Villa – 1996 – seguito dalla cessione gratuita della propria porzione di Villa da parte del Comune di Milano alla Regione, attesta definitivamente la proprietà, ma la frammentazione della Villa tra Comune e Sovrintendenza a tutt’oggi permane rendendo difficile la gestione.

Durante la guerra, Villa e Parco subirono non pochi colpi inferti a vegetazione e strutture: l’autodromo verrà letteralmente invaso e il manto distrutto, le piante usate come legna da ardere. Tra il ‘46 e il ‘48 si alternarono proposte per un recupero del Parco nell’ottica del rispetto del valore storico e naturalistico. Sono i primi tentativi di una lunga serie a seguire che però riceveranno poco ascolto: l’autodromo venne ricostruito nuovamente in tempi record e altre amenità fecero il loro ingresso nel Parco. Come le sopraelevate costruite nel 1955.

Negli anni Sessanta l'inurbamento crescente e l'inquinamento trasformarono il Parco nel polmone verde della Brianza. Larghi strati della società cominciarono a muoversi, e i risultati non tardarono: il Parco venne chiuso al traffico e l’ippodromo smantellato. È dell’81 il Regolamento del Parco e dell'82 l’istituzione del Parco Valle Lambro di cui il Parco entrò a far parte.

Significativa la data del 1991: il Piano Benevolo propose l’abbattimento delle sopraelevate, proposta ripresa dalla legge 40 del 1995, dal PGR 1997 e dal PGT 2007, ma definitivamente eliminata nel PGT approvato dalla seconda giunta Mariani nel 2007. E la Villa? Nel 2004 l’Amministrazione Faglia bandì un concorso per un progetto di recupero. Il progetto vincitore venne però bloccato da un ricorso che ha bloccato a lungo l’incarico defitivo al gruppo di Carbonara. Eccoci quindi ai giorni nostri.

Gli autori di Vorrei
Manuela Montalbano