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L’articolo 10 della Legge 183/2011 consente anche ai non professionisti di associarsi a commercialisti ed architetti: la nuova gallina dalla uova d’oro per le infiltrazioni mafiose.

 

Ben presto le organizzazioni criminali arriveranno a mettere le mani su un’altra importante fetta della nostra economia. Quella fatta da avvocati, commercialisti, architetti e liberi professionisti che da oggi potranno associarsi con un socio (anche di maggioranza) che apporti il solo capitale.

Grazie ad una disposizione inserita nel decreto stabilità dal morente governo Berlusconi, mafia ‘ndrangheta ed associazioni criminali, che con la crisi del mattone avevano perso la principale lavanderia “del denaro sporco”, hanno ora un nuovo settore nel quale investire i proventi derivanti dalle attività illecite (traffico di droga, di armi, prostituzione ..).

L’art. 10 della L. 183/2011 - norma fortemente voluta da Confindustria, con il plauso di Catricalà e di vari giornalisti/opinionisti – ha fatto cadere un veto che da sempre garantiva l’autonomia e l’indipendenza del professionista: l’obbligo per architetti, avvocati e commercialisti di associarsi esclusivamente ed unicamente con altri professionisti. Con il divieto assoluto di ricorrere a soci che apportassero solo capitali.

Il rischio dell’apertura a “finanziamenti esterni” non è solo quello – ventilato dagli ordini - di consegnare a centri di potere (banche ed assicurazioni) la tutela e la salvaguardia dei diritti dei cittadini, che contro quei poteri molto spesso sono costretti a combattere.

Ma di permettere alle organizzazioni criminali di infiltrarsi in un settore nevralgico della nostra economia, trasformando il professionista nell’“uomo del Diavolo”.

La trama è quella di un film già visto: un pensionato incensurato bussa alla porta di un giovane avvocato di provincia con una valigetta piena di soldi e la promessa di portare al suo piccolo studiolo un gran numero di cause.

Il giovane, “tenendo famiglia” e vedendo scarseggiare il lavoro, accetta di diventare socio del buon uomo. La “testa di legno” di qualche associazione criminale.

Come per magia, l’avvocato si trasferisce in un prestigioso stabile di una grande città, inizia (magari beneficiando della benevolenza di qualche giudice e funzionario connivente … ) a vincere cause importanti, ottenendo l’assoluzione dei peggiori delinquenti.

I lauti proventi dello studio dell’“avvocato del Diavolo”, così ben descritto nella memorabile pellicola di Al Pacino, finiscono nelle tasche del socio che incrementa i propri profitti.

Senza neppure correre rischi di controlli da parte della magistratura.

Già perché l’avvocato potrà sempre paralizzare l’operato di poliziotti e giudici ficcanaso trincerandosi dietro il famoso “segreto professionale”. (Lo avevano ben capito le Brigate Rosse negli anni ‘70 che, per bloccare i processi, minacciarono di morte i difensori nominati d’ufficio, arrivando ad uccidere barbaramente il presidente dell’ Ordine degli Avvocati di Torino, Fulvio Croce, che non si era piegato ai brigatisti).

Il segreto professionale è, infatti, una sorta di immunità che consente al legale di tacere le informazioni acquisite nelle attività difensive, anche se riguardano criminali e mafiosi, senza che ciò lo esponga al rischio di essere indagato per collusione.

Nessuno, per esempio, sa cosa abbiano detto Alberto Stasi o Amanda Knox ai rispettivi avvocati.

E’ però certo che costoro dovranno conservare il segreto e non potranno essere indagati neppure se consapevoli della colpevolezza dei propri assistiti, oggi assolti dal Tribunale.

Il privilegio “del segreto”, riconosciuto al legale che assiste il cliente, cade, invece, se ove il difensore entri in affari illeciti con lui. In questo caso il professionista risponderà della collusione al pari di un qualsiasi cittadino: le cronache raccontano degli illustri arresti di avvocati nell’ambito di inchiesta sulla ndrangheta .

La distinzione tra il “lecito” e l”’illecito”, fino ad oggi molto chiara, diviene labile nel momento in cui si ammette la partecipazione di soci di puro capitale ad attività professionali.

Il “segreto professionale” - indispensabile per la tutela dei diritti del cliente - rischia di tradursi, come un“ boomerang”, in una guarentigia per ‘ndranghetisti e mafiosi, che grazie alla nuova disposizione, oggi legge a tutti gli effetti, diventeranno ben presto proprietari degli studi legali (e lo stesso dicasi per altri professionisti - come gli architetti e i commercialisti - che esercitano compiti altrettanto importanti).

Con buona pace della lotta alla criminalità. Che al contrario della bella Cecilia, nessuno la vuole, ma poi... alla fine tutti se la piglian.