In Spagna da domenica scorsa si occupano le piazze di molte città contro una politica immobile, rea di non cercare alcuna soluzione ai problemi concreti della gente, e soprattutto dei giovani: non suona familiare anche a noi?

La partecipazione popolare diretta può spazzare o perlomeno rivoluzionare i partiti tradizionali? A quanto pare, in Spagna ci credono circa centotrentamila persone, che dal 15 maggio (da qui il nome del movimento, 15-M) si sono accampate nelle piazze per protestare contro una classe politica più che deludente, e intendono manifestare fino a domenica prossima, il 22, giorno di importanti elezioni amministrative in buona parte del Paese. La disoccupazione galoppante e le scarse certezze sul futuro lavorativo dei giovani sono i temi caldi. Davanti a questi problemi concreti i due partiti principali, Socialista e Popolare, vengono visti come due lati di una stessa medaglia: stesso disinteresse, stessa lontananza dalle esigenze della gente, stesso attaccamento alla poltrona. Per questo una componente forte dell'anima del 15-M è costituito da gruppi e collettivi che promuovono il non-voto o la scheda bianca come strumento di opposizione al sistema bipartitico vigente.

Il movimento è stato coagulato in rete dall'associazione Democracia Real Ya, frutto dell'unione di circa 200 altre piccole associazioni, e questa sua nascita dal basso e in internet ha già spinto molti a paragonarlo con ciò che è accaduto in Egitto. Non è solo l'origine, ad accomunare il 15-M a quanto successo nell'Africa mediterranea, ma anche e soprattutto l'esigenza forte di un cambiamento radicale, in questo caso l'attuazione pratica della democrazia, un valore di cui molti dei cittadini adesso in piazza si sentono defraudati. Il 15-M è riuscito non solo a portare in piazza con un obiettivo comune giovani, disoccupati e lavoratori precari, ma soprattutto a riportare in piazza tutta quella ampia fascia di popolazione che si era progressivamente disinteressata alla politica, e che in Spagna negli ultimi anni si era sempre più ingrossata. Così come sempre più è la gente che non si sente rappresentata, che vede i propri problemi ignorati da politici di parti avverse che passano la maggior parte del tempo ad accusarsi reciprocamente di corruzione (forte in entrambi i partiti). Parlando con i giovani, è questo che emerge: è saltata la comunicazione fra chi siede sulla poltrona e chi ce lo ha messo, e il risultato è un paese immobile che non vede il suo futuro.

La reazione delle istituzioni non si è fatta attendere, e in quasi tutte le città e province si è intimato ai protestatari di sbaraccare, in quanto la loro manifestazione sarebbe illegale. Ovviamente, sono state dispiegate anche le forze dell'ordine. I cittadini però non si sono arresi, e continuano a resistere sia alle ordinanze sia alla pioggia battente di questi giorni, cui si è risposto con determinazione e organizzazione. Il divieto da parte delle istituzioni ha un che di paradossale, in una democrazia, ma d'altronde significa anche che i partiti si sentono davvero minacciati dalla mobilitazione, e pure la mancanza di unità nell'attuazione delle proibizioni è un sintomo di quanto stiano esitando nel trattare la questione: se infatti Madrid ha vietato la protesta (la gente è comunque rimasta al proprio posto, e non ci sono ancora notizie di scontri con la polizia), Valencia l'ha permessa, e Barcellona sta ancora considerando la materia.

 

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La manifestazione in Puerta del Sol, Madrid

 

La protesta ha dimensioni nazionali e internazionali (in altre città europee ci sono accampamenti di fronte alle ambasciate spagnole, e gli eventi sono seguiti con interesse da BBC e CNN), ma il palcoscenico che fa più rumore è senza dubbio a Madrid. Qui, alla Puerta del Sol, è cominciato tutto domenica scorsa, e solo dopo si sono unite altre cinquanta città di tutta Spagna (Salamanca compresa, da cui si scrive).

Si tratta di una mobilitazione che ha chiaramente più da spartirsi con la sinistra che con la destra. Ma è una sinistra che in Italia stupidamente definiremmo "estrema", semplicemente perché estranea ai partiti tradizionali, in primo luogo al Partito Socialista. Ma quando la gente si riprende pacificamente le strade e le piazze per gridare in faccia ai politici il proprio disagio e la propria incertezza sul futuro, insieme alla volontà ferma di cambiare lo stato di cose attuale, quando accade tutto questo non è forse ciò che una volta si intendeva per "sinistra"? E soprattutto, non sarebbe bello se anche da noi la gente perdesse la pazienza in questo modo?

Articolo in spagnolo del País: http://www.elpais.com/articulo/espana/chispa/Movimiento/15-M/elpepiesp/20110517elpepinac_9/Tes

Gli autori di Vorrei
Simone Camassa
Simone Camassa

Nato a Brindisi il 7 maggio del 1985. Insegnante di Italiano, Storia e Geografia nella scuola pubblica, si è laureato in Lettere, in Culture e Linguaggi per la Comunicazione e in Lettere Moderne, sempre all'Università degli studi di Milano. Suona la chitarra elettrica (ha militato in due gruppi rock, LUST WAVE e BLACK MAMBA) e scrive poesie.

Appassionato di sport, ha praticato il nuoto a livello agonistico fino ai diciotto anni, per un anno ha anche giocato a pallacanestro. Di recente, è tornato al cloro.
È innamorato della letteratura in tutti i suoi aspetti, dalla poesia fino al fumetto supereroistico statunitense. Sogna di realizzare un supercolossal hollywoodiano della Divina Commedia, ovviamente in forma di trilogia e abbondando con gli effetti speciali.

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