20090326-giovanardi

I risultati di 3 anni di legge Fini-Giovanardi nel libro bianco di Fuoriluogo

 

LA LEGGE 49/2006 SULLE DROGHE
LIBRO BIANCO
SULLA FINI - GIOVANARDI
Illustrazione e commento dei dati sulle conseguenze penali e sulle sanzioni amministrative.
I riflessi sull’amministrazione della giustizia e sul carcere

Introduzione

La Conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope dovrebbe svolgersi ogni tre anni al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’esperienza applicativa. Le conclusioni di tale conferenza sono comunicate al Parlamento. Così recita il comma 15 dell’articolo 1 del DPR 309, il Testo unico delle leggi sulle droghe del 1990. La Conferenza convocata dal sottosegretario Carlo Giovanardi, lo zar antidroga italiano, a Trieste per i giorni dal 12 al 14 marzo 2009, si presenta come la quinta conferenza. In realtà della quarta, svoltasi a Palermo nel dicembre 2005 non c’è traccia e memoria. Gli Atti non sono stati pubblicati e non esiste documentazione dei lavori svolti. Anche quell’appuntamento fu voluto da Giovanardi per legittimare il colpo di mano che il Governo di allora stava preparando inserendo una riforma in senso proibizionista e punitivo della legge in vigore (Gianfranco Fini la definiva una svolta di 180 gradi) in un decreto sulle Olimpiadi che fu convertito con un doppio voto di fiducia, senza dibattito e senza emendamenti. Così la legge 49 del febbraio 2006 ha cancellato la decisione del popolo italiano, espressa con un referendum del 18 aprile 1993, di depenalizzare il consumo personale di sostanze stupefacenti. Le droghe leggere e pesanti sono state così equiparate in una unica tabella con le stesse pene, da sei a venti anni di carcere. Queste pene, di per sé assai elevate, risultano ancora più severe se si considera l’introduzione di una soglia quantitativa di sostanza detenuta, al di sopra della quale vige la presunzione di spaccio: ciò significa che molti consumatori possono essere automaticamente incriminati come spacciatori per il semplice possesso anche di una quantità minima in più rispetto a quanto determinato dal decreto ministeriale che accompagna la legge. E’ incredibile che proprio una modifica così profonda e che suscitò dure proteste di associazioni e di operatori, di giuristi e di consumatori non sia al centro della discussione della Conferenza governativa che, lo ribadiamo, ha come fine, quello di valutare gli effetti della legislazione e di suggerire eventuali correzioni di rotta. La linea perseguita dal governo si incardina su due affermazioni apparentemente contraddittorie: da una parte, come scritto nella Relazione annuale sullo stato delle tossicodipendenze presentata al Parlamento nell’agosto 2008, si dice che “i dati esposti per l’anno 2007 dimostrano che il fenomeno delle tossicodipendenze in Italia è grave ma non assume i contorni allarmistici e le dimensioni numericamente drammatiche di cui si sente parlare ogni giorno”; dall’altra, è stata lanciata una campagna terroristica sulla “droga bruciacervello”, in linea con il più vetusto – e contestato anche sul piano dell’efficacia del messaggio - scare approach, che strumentalizza in chiave di ridicolo riduzionismo biologico le evidenze che provengono da studi delle neuroscienze (ignorandone peraltro altre, specie quelle che provengono da ricerche in ambito psicosociale). I sostenitori della visione proibizionista, non solo in Italia, tentano così di nascondere il fallimento della war on drugs e di confermare la mistificazione moralistica che conduce a normative che sanciscono il dominio delle coscienze e dei comportamenti proprio dello stato etico. In questo modo il principio liberale di Stuart Mill sulla sovranità dell’individuo sul proprio corpo e sul suo spirito viene cancellato. Per queste ragioni abbiamo ritenuto di presentare questo Libro Bianco sugli effetti reali della legge Fini-Giovanardi, al di là della propaganda dei suoi autori. Nonostante i ritardi e le incertezze interpretative nella applicazione della nuova normativa e le conseguenze positive dell’indulto per l’uscita dal carcere di 27.000 detenuti, cominciano ad emergere con chiarezza gli effetti negativi dell’inasprimento penale che avevamo paventato. Infatti, calano i sequestri di sostanze, cresce il numero delle persone segnalate all’autorità giudiziaria (soprattutto stranieri), aumenta il numero delle sanzioni amministrative, aumenta la percentuale dei tossicodipendenti in carcere sul totale dei detenuti, aumenta la percentuale dei tossicodipendenti sul totale degli ingressi. Anche l’idea spesso propagandata da Giovanardi, secondo cui la recrudescenza penale sarebbe stata riequilibrata dalla facilitazione alle alternative al carcere, si è dimostrata fallace; l’accesso alle misure alternative appare estremamente ridotto; gli affidamenti ordinari continuano a essere più numerosi di quelli terapeutici anche se la percentuale di questi ultimi è in lieve rialzo ma solo per il basso numero assoluto. Va anche ricordato che la modifica dell’art. 94 ha reso più stringente l’accertamento della condizione di tossicodipendenza, e quindi alcuni, che per il sistema penitenziario e dei Sert sono tossicodipendenti, non lo sono per i magistrati di sorveglianza. Infine aumenta enormemente il numero delle pendenze giudiziarie, diminuiscono gli interventi socio-sanitari ed aumentano gli interventi farmacologici e diminuisce il numero dei soggetti in comunità. Siamo consapevoli che sono elementi parziali anche per la difficoltà di accedere a dati completi, ma consentono primi bilanci e concrete valutazioni. Grave si presenta quindi la scelta, di pura ispirazione ideologica, di non prevedere una riflessione sui servizi di prossimità e addirittura di censurare il confronto sulla riduzione del danno. Il rifiuto del pragmatismo comporta un processo di riduzione crescente delle risorse sociali destinate a pratiche di accompagnamento e di inclusione sociale, soprattutto per le situazioni più problematiche; al quale corrisponde in modo quasi simmetrico il ricorso al carcere e in generale alla legislazione penale e punitiva. Nello stesso tempo si assiste ad una recrudescenza della repressione nelle piazze, nei luoghi di aggregazione giovanile e nei contesti del divertimento e di pari passo l’esasperazione dei “controlli” tramite i test antidroga si contrappone alle attività di prevenzione. La criminalizzazione dei consumatori, soprattutto di marijuana, viene da lontano. Dal 1990 ad oggi quasi 600.000 giovani sono stati segnalati alle prefetture per semplice consumo. Il sottosegretario Carlo Giovanardi pare terrorizzato da questo consumo di massa (ma non dalla repressione) e confida nella salvezza di questi “peccatori” citando, sempre nella Relazione 2008, l’Inno alla Vita di Madre Teresa di Calcutta. Certamente un passo avanti rispetto alla cristoterapia di don Gelmini! In questi giorni il sovraffollamento penitenziario ha raggiunto numeri record. Sono state superate le 60 mila unità. I posti letto regolamentari sono 43 mila. La popolazione detenuta vive reclusa in spazi angusti e fatiscenti dove la rieducazione è ormai un mito. Mettere in galera chi fa uso di droghe è dal punto di vista sociale, educativo e terapeutico un errore grossolano, nonché una profonda ingiustizia: Abbiamo vissuto in questi anni la progressiva involuzione del nostro Stato sociale in Stato autoritario. Il “panpenalismo” è un virus che ha infettato in profondità pressoché tutte le forze politiche. Le droghe potrebbero essere viceversa il terreno da cui ripartire per sperimentare politiche diverse, solidali e guidate dalla ragione.


Franco Corleone
Patrizio Gonnella
Grazia Zuffa

Presentato a Trieste il Libro Bianco sulla Fini-Giovanardi

Le associazioni Antigone, Forum Droghe e La società della Ragione hanno presentato oggi a Trieste il “Libro bianco sulla Fini Giovanardi” (l. 49/2006). Nel rapporto sono illustrati e commentati i dati sulle conseguenze penali e sulle sanzioni amministrative della legge.

In primo luogo, occorre registrare che è aumentato notevolmente il numero dei tossicodipendenti presenti in carcere. Subito prima dell’approvazione dell’indulto (varato nel luglio 2006) i tossicodipendenti in carcere erano il 26,4% dei detenuti. Con l’indulto la percentuale è scesa notevolmente (21,4%), perché i tossicodipendenti sono spesso condannati per reati di modesta entità, e quindi molti di essi hanno potuto beneficiare del provvedimento. Nonostante questo, già alla fine del 2007 la percentuale di tossicodipendenti in carcere era risalita al 27,6%. Il numero dei tossicodipendenti detenuti cresce, dunque, con una velocità mai vista prima. Il fenomeno è ormai fuori controllo.
Rispetto a prima dell’indulto, infatti, cresce del 3,6% la percentuale di persone che quotidianamente entrano in carcere dalla libertà per violazione dell’art. 73 del DPR 309/90 (cioè l’imputazione di reato che riguarda la produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), ma soprattutto aumenta l’ingresso dei tossicodipendenti: +8,4%. E se si entra facilmente, non altrettanto facilmente poi si esce. Il numero delle misure alternative è ancora fermo ad un quinto rispetto a quelle concesse alla metà del 2006.

Un dato fondamentale per comprendere quanto la legge Fini Giovanardi stia cominciando a incidere sulle imputazioni di reato riguarda i procedimenti pendenti. Rispetto a prima dell’approvazione dell’indulto, cresce del 31,5% il numero dei procedimenti pendenti per art. 73, e addirittura del 44,5% il numero di persone implicate in tali procedimenti. La macchina della criminalizzazione è lanciata a pieno regime, e gli effetti – che già si vedono sul sistema penitenziario per i tossicodipendenti – sono destinati ad aggravarsi.
Il dato relativo al numero delle persone in carcere (anche) per spaccio, tuttavia, resta invece per il momento stabile, per quanto comunque impressionante. Alla metà del 2008 il 38,2% dei detenuti è ristretto per l’art. 73, e addirittura il 49,5% dei detenuti stranieri. L’impatto del reato di spaccio sul carcere è incomparabile rispetto a qualunque altro reato per numero di presenze negli istituti di pena.
Ciò si spiega con il fatto che la legge Fini Giovanardi ha provocato una forte impennata nelle imputazioni, ma non ancora negli ingressi in carcere, ad eccezione – come detto sopra – dei tossicodipendenti.

È da segnalare che questa impennata nelle imputazioni (e, presumibilmente, tra non molto, negli ingressi in carcere), a seguito dell’approvazione della Legge Fini Giovanardi, non evidenzia una maggiore capacità di colpire il traffico di stupefacenti, quanto la volontà di punire o persone che, in realtà, detengono per proprio uso le sostanze ma assai più facilmente possono essere accusate di un reato che comporta dai 6 ai 20 anni di carcere o il piccolo spacciatore, italiano o immigrato, spesso tossicodipendente, che sopravvive e/o si procura le proprie dosi attraverso un’attività di spaccio “al minuto”. Ancora una volta, a pagare sono i più deboli, le principali vittime dell’ondata securitaria che ha investito il nostro Paese.

Infine, è da rilevare che è in aumento anche il numero delle sanzioni amministrative: al 31-12-2008 sono addirittura +62,6% rispetto al 2004.

TRE ANNI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE 49/2006 SULLE DROGHE
LIBRO BIANCO SULLA FINI-GIOVANARDI
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