20080426-lactis-fever-a.jpg

 

Se incappate per caso in un brano dei Lactis Fever, o se andate sul My Space del gruppo a vedere le loro foto, non esiterete a collocare questi quattro ragazzi in un fumoso locale di Londra, oppure in una sghangherata sala prove nei pressi di Glasgow. Le loro sonorità e il loro stile, infatti, oltre che l’inglese usato nelle canzoni, sono perfettamente in linea con quelli dei gruppi che appartengono alla sempre più prorompente ondata di brit-rock. Vi stupirà allora sapere che i Lactis Fever non sono inglesi, ma sono quattro amici con sede a Como.

20080426-lactis-fever.jpg


La loro storia inizia nel 2006 quando, dopo una serie di cambiamenti nella line-up, i Lactis Fever si stabilizzano nella formazione odierna, chimicamente perfetta: i quattro hanno infatti background e gusti musicali molto diversi. Luca Tommasoni (chitarra e voce) ha un’indole brit-pop, Giovanni Morganti (basso) è un estimatore del rock dei Queen, Roberto Tagliabue (batteria) arricchisce il gruppo di una patina di rock più duro, mentre Francesco Mariani (chitarra) è incline alle sperimentazioni e distorsioni elettroniche.

Questi diversi spunti confluiscono a creare un indie-rock leggero e nervoso, pura energia grezza condensata in accordi rapidi e sincopati, irrobustita dalle sbavature delle chitarre e da una ritmica incalzante.

Come i loro colleghi britannici, anche i Lactis Fever sono riusciti a formare un certo seguito grazie ad Internet. I primi brani registrati vengono infatti messi sul My Space del gruppo, e da allora verranno contattati in primo luogo dall’etichetta romana Peteran, che pubblicherà il loro primo Ep (contenente i brani Sweet, Run!, Reset e Stand) e poi da vari locali di Milano e dintorni (Rocket, Jail, Viper tra gli altri).
Sempre grazie a My Space arriva per i Lactis Fever la grande occasione di partecipare a “Operazione Soundwave”, programma di Mtv che offriva a una delle sei band selezionate la possibilità di esibirsi sul palco COCA-COLA LIVE@MTV 2007. Pur non arrivando alla vittoria, il gruppo riesce a rimanere in gara fino alla data di Firenze.

I Lactis Fever hanno sfruttato anche You Tube, inserendovi il video di Run!, girato a New York dal filmaker Tommaso Lipari.



Al momento la band sta lavorando sui nuovi pezzi, ma tenete d’occhio il loro My Space, perché i Lactis Fever stanno continuando la loro attività live in locali della zona. E meno male: per ascoltare del buon indie-rock non è necessario andare fino a Brighton o fino a Manchester. Ci sono degli ottimi gruppi molto più vicino a noi.

Lactis Fever

 

L'intervista

Da dove viene il vostro nome?
È stata una scelta casuale. Avevamo appena finito le prove e ci trovavamo per strada quando è passato un camion con la scritta “Lactis”. Ci è venuto in mente che poteva essere un nome perfetto: lactis, latte, perché noi siamo ancora dei “mammoni”, attaccati ancora alla famiglia, ancora dipendenti dai genitori. Un requisito essenziale per poter fare musica…la parola “fever” l’abbiamo aggiunta semplicemente perché aveva un bel suono.

Il vostro genere di musica ha successo in Brianza?

Se per genere intendi l’indie-pop, sì. Ci sono già molti gruppi mainstream. Ma il discorso è un altro. Il pop non è un genere ma è un’impostazione, è l’avere delle caratteristiche melodiche e vocali orecchiabili, che quindi possono fare presa. Noi, come altri gruppi, siamo classificati come appartenenti all’indie, ma è una contraddizione: l’obiettivo è sempre quello di vendere e quindi di essere popolari. Anche gli Styles, per esempio, possono essere definiti pop perché hanno avuto un certo successo, anche se hanno uno stile diverso dal nostro.
Comunque il brit-rock è qualcosa che sta emergendo solo ora. Ci dicono che stiamo ricalcando una tendenza, che assomigliamo ai Bloc Party e ai Kooks, ma la verità è che noi ascoltiamo questa musica dal 2005, quando nella nostra zona si faceva solo punk-rock e rock classico.

A proposito di tendenze. Prestate attenzione al vostro modo di presentarvi?
Sì, ovviamente, anche se purtroppo il modo di presentarsi influisce al 50 % nella definizione del genere e noi non vogliamo essere classificati, accogliamo gli influssi di diverse aree musicali. Ribadisco, oggi il genere è un’attitudine. Il genere non serve più a chi fa musica. Serve a chi l’ascolta, per orientarsi. E il modo in cui ti vesti rende più facile per il pubblico capire che tipo di musica fai.

Perché cantate in inglese?
Mi dà fastidio capire quello che canto. A volte i testi nascono in una sera, quasi spontaneamente. Per ora diamo più attenzione alla fonetica che al significato. Questo non vuol dire che non ci piacciono i gruppi che cantano in italiano, anzi. Apprezziamo molto i Bluvertigo, i Verdena, Il Teatro Degli Orrori, I Tre Allegri Ragazzi Morti…sono tutti gruppi che fanno buona musica e stanno molto attenti ai testi. Ma per ora è una strada che non intendiamo seguire.

My Space è diventato uno strumento indispensabile per le band emergenti per farsi pubblicità. Ma i concerti sono ancora la modalità privilegiata per farsi conoscerei o sono stati soppiantati dalla rete?
Sono due cose completamente diverse. My Space è fondamentale per diffondere la propria immagine o per farsi chiamare dai locali. Ma se poi non sai tenere il palco, se non sai fare dei live, la pubblicità su Internet serve a ben poco.

Ora su che cosa state lavorando?

Stiamo lavorando ai pezzi nuovi. Ma è difficile. Noi vorremmo fare un album come si deve, ma l’ambiente discografico è spietato. C’è un sacco di sciacallaggio. Ci rimetti sempre dei soldi, anche per registrare dei semplici demo. E poi siamo ancora nella fase in cui registriamo in una sala prove a pagamento, lavoriamo sui pezzi a casa, con il computer. Non conosciamo né i discografici né gli addetti ai lavori. Ma il problema non è tanto quello di trovare qualcuno che ti registri il disco. Il problema è trovare un’etichetta che garantisca un sistema di promozione e di distribuzione efficace.

Perché succede questo?
C’è troppa gente che ci guadagna. Ti propongono di partecipare a concorsi sempre più numerosi o di inserire un tuo brano in una compilation (con l’obbligo di versare una quota, ovviamente…) giurandoti che questo è l’unico modo per acquisire visibilità, ma dopo di che non vieni più supportato. Tutto questo ci ha reso molto diffidenti nei confronti dei discografici.





Lactis Fever

Città:
Como

Componenti:
Luca Tommasoni
Giovanni Morganti
Roberto Tagliabue
Francesco Mariani


Genere:
indie-rock

My Space: http://www.myspace.com/lactisfever