Il riccio ragazzotto di Facebook è l'ultimo arrivato nel club dei ricchissimi, proprio come Mario in quello dei fenomeni del calcio: entrambi sono convinti di aver capito tutto. Uno come si fa il campione, l’altro come si fa  marketing con la filantropia. I soldi sono soldi, ma lo stile è un’altra cosa.

04112013 luca toni

 

V

ecchio contro nuovo, esperienza contro irruenza, scontro generazionale.

La notizia della domenica è che il Verona neopromosso sta facendo benissimo, e a trascinarlo c’è una vecchia conoscenza del calcio italiano: Luca Toni. "Non mi aspetto la chiamata di Prandelli – commenta l’attaccante scaligero -   ma nel caso arrivasse sono pronto”.
Alla veneranda (sportivamente) età di 36 anni, il ruggito è ancora quello del leone: assist, goal e coperture difensive. Uomo d'esperienza, usato sicuro, chiamatelo come volete: ma Luca è uno che incide anche se rimane in panchina, perchè fa spogliatoio. Un allenatore queste cose le sa,  e Prandelli potrebbe fare un pensiero a portarlo in Brasile. Del resto, un mondiale lo ha già vinto. 

Il contraltare di Toni è, pensate un po’, Mario Balotelli. Non diteci, per favore, che ce l’abbiamo con lui.  Ventitrè  anni, molto talento ma la testa di un poppante. Lui in azzurro di regola spera di non andarci: la maglia della Nazionale  è una seccatura. Alle amichevoli preferisce le finali, lasciando  ai compagni il fastidioso compito di qualificarsi.
Poco importa che non abbia lasciato rimpianti in nessuna delle squadre in cui ha giocato e che ora rischi di ripetersi anche al Milan: un'analogia che lo affianca ad Antonio Cassano, e il paragone non dovrebbe fargli piacere.  Assente quattro volte su 12 partite di campionato per squalifica (la prossima la salterà per il giallo rimediato domenica), ha il dubbio merito di aver lasciato la sua squadra a 11 punti, ma soprattutto senza punte.
Del resto, in piazza Duomo si vendono come il pane magliette e cover dei cellulari col suo nome,  e schiere di ragazzini lo stimano per le “tipe” che si  porta a letto.

Perdonateci, ma crediamo che essere accondiscendenti con Mario non significhi fare il suo bene. Di questo dovrebbe ricordarsi anche il ct che ha introdotto il “codice etico” in Nazionale,  dimenticandosi poi di applicarlo proprio col 45 rossonero. 

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La "palla al balzo" di questa settimana riguarda però il mondo della rete.  Passateci il paragone ardito, ma ci sono un altro Toni e un altro Balotelli nella gotha del web mondiale, e rispondono ai nomi di Bill Gates e Mark Zuckerberg: si, proprio loro, i re del digitale.

Giorni fa l’entant prodige di Facebook ha pensato di dire la propria sui problemi del mondo. Dall’alto dei 29 anni di esperienza e dei miliardi di dollari guadagnati, si è sentito in dovere di porsi alcune domande sul futuro dell’orbe terracqueo, e lo ha fatto in termini meravigliosamente ingenui: "La connettività fa parte dei diritti umani?" ha domandato serafico al pubblico del noto social network e alla sala stampa.

La risposta sembra ovviamente  si, e Zuckerberg, prototipo del nerd arricchito ma privo di cultura, non va troppo per il sottile. Passa direttamente al piano operativo: la questione successiva è cosa fare per connettere i 5 miliardi di individui che ancora non hanno accesso alla rete, definendola "una delle più grandi sfide della nostra generazione". E possibilmente, per renderli tutti utenti di Facebook. 

La replica non tarda ad arrivare, e da chi poi. La pubblica il Finacial Times  tre giorni fa in un lungo articolo-intervista. A parlare è Bill Gates, fondatore di Microsoft e oggi filantropo.
L’uomo di Seattle risponde così all’imberbe collega: “La connettività globale sarebbe una priorità? Non scherziamo". E aggiunge: "Cos’ è più importante, la connettività o il vaccino per la malaria? Se pensate che la chiave sia la connettività, fantastico. Io non sono d'accordo". 

20131104 bill gates

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Ora, discorsi del genere meriterebbero ben altro spazio che una rubrica sul calcio. Nulla vieta però in questa sede di intravedere qualche somiglianza tra il vecchio leone Luca Toni e Bill Gates: entrambi preferiscono far parlare i fatti, l’uno con i goal, l’altro con sostanziose donazioni (nell’ordine di miliardi di dollari) per campagne sociali.
E Zuckerberg? Fa la parte di un Balotelli qualsiasi. Il riccio ragazzotto di Facebook è l'ultimo arrivato nel club dei ricchissimi, proprio come Mario in quello dei fenomeni del calcio: entrambi sono però convinti di aver capito tutto. Uno come si fa il campione, l’altro come si fa marketing con la filantropia. I soldi sono soldi, ma lo stile è un’altra cosa. 

Gates certamente non è un santo, e non a caso è stato pesantemente multato da Mario Monti ai tempi dell’UE, come ricorda  correttamente il FT: ma il tempo passa, e il vino si affina. Sarà l’esperienza accumulata negli anni, sarà il buonsenso, o semplicemente l’indole differente, ma l’antipatico per eccellenza degli anni Novanta ha messo via la spocchia e fatto per un mondo da sette miliardi di individui più di quanto il guru trendy Steve Jobs (figuriamoci Zuckie) abbia mai sognato.
Perchè ve lo lo diciamo? Perchè la sostanza, per chi è povero, conta più dell’apparenza. E anche dell'I-pad.

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