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penspace, letteralmente spazio aperto. Aperto a punti di vista e opinioni diverse, sui temi che attraversano la politica e la relazione con il mondo e il territorio. Qui in Brianza è evidente la mancanza di un “pensiero” e di una elaborazione che sappia andare oltre la semplice dimensione di appartenenza. Per questo si apre uno spazio per un “libero pensiero” capace di svilupparsi in termini di analisi e progettualità, un confronto tra diverse culture politiche che si misurano sul terreno dei valori, dei modelli culturali e politici e sui contenuti.
Il primo confronto, non a caso, è fra due giovani new entry della politica monzese: Andrea Colombo e Lucia Prina. Abbiamo chiesto di raccontarci, partendo dalla personale esperienza, quella che per loro è oggi la politica, iniziando anche a prefigurare come dovrebbe diventare in futuro.

La politica intesa come partecipazione, democrazia, elaborazione di pensieri e progettualità, sembra, anche nel nostro territorio, sempre più lontana ed estranea alle persone, che ne sono distanti in termini di fiducia, interesse e partecipazione.
I giovani in particolare sembrano anni luce distanti da un interessamento e da un impegno in prima persona.
E’ solo da pochi anni, che i partiti si stanno interrogando sull’invecchiamento dei loro gruppi dirigenti e sull’assenza dei giovani nell’impegno attivo di base.
In realtà la mancanza della presenza giovanile è riscontrabile maggiormente nei partiti che hanno radici storiche legate al passato, in particolare nella sinistra e nel centro, mentre in quelli che si propongono con “identità forti” come la Lega oppure come “partiti immagine”, come Forza Italia, la presenza dei giovani ha una sua consistenza e significatività.
C’è da capire quanto pesi in questa assenza lo stato attuale dei partiti, sempre più autoreferenziali, oppure la mancanza di un sistema di valori e proposte capaci di motivare i giovani ad una partecipazione attiva.
In occasione delle ultime elezioni, lo sforzo di rinnovare almeno in parte i propri partiti c’è stato, ma non è chiaro se le scelte fatte siano più funzionali ad un restyling "di facciata" oppure risponda a un reale investimento per il futuro.
In questi ultimi anni quei pochi giovani in politica, hanno segnato la loro presenza con modalità che guardano al passato (le organizzazioni giovanili di partito) più che a forme nuove di partecipazione per partiti rinnovati.
Una specie di “riserva indiana” che cerca di contrattare la propria presenza, perpetuando e imparando velocemente dagli adulti, quelle regole necessarie per stare dentro il gioco della politica.
È solo recentemente, in occasione delle primarie del PD e delle elezioni amministrative per il centrodestra, che hanno iniziato ad emergere presenze e figure che intendono in quanto giovani, portare dentro nei partiti nuove idee e competenze, che hanno un loro peso, proprio perché operano in diretta relazione con gli adulti e i gruppi dirigenti.
Quello che abbiamo chiesto a Lucia Prina e a Andrea Colombo è di esprimere il loro punto di vista, partendo e raccontandoci la loro diretta esperienza, con gli ostacoli incontrati ma anche le soddisfazioni avute e le speranze che hanno per il futuro della politica nel nostro territorio.

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Lucia Prina
Nel 2008, avere meno di trent’anni e scrivere di politica, esprimere i propri “vorrei” sulla relazione che c’è tra giovani – politica – futuro, può suonare strano a molti.
Ma vale la pena di tentare, superare l’eventuale pregiudizio perché è un’occasione rara ed è una bella sfida.
Pensando al futuro, viene naturale rifarsi al presente appena trascorso, all’ esito elettorale che ha comportato una trasformazione sul piano politico con la scomparsa di alcune forze all’interno dell’arco parlamentare.
Ritengo che il cambiamento dello scenario politico sia maggiormente significativo se tentiamo di rapportarlo alle modalità di azione dei giovani nella sfera politica.
Come è noto, spesso, le spinte giovanili tendono a ricercare nell’estremismo il proprio credo politico. E oggi, sia le forze di estrema destra che quelle di estrema sinistra, non hanno più una loro rappresentanza parlamentare. C’è quindi una passione giovanile che non trova uno spazio istituzionale.
Le conseguenze di questa trasformazione, a mio parere, non devono essere sottovalutate. Esse potrebbero condurre ad un crescente distacco dei giovani dalla politica le cui motivazioni possono essere diverse: i giovani non si sentono parte di qualcosa; hanno un sentimento di rigetto per il cambiamento avvenuto; sentono la mancanza di una discussione intorno ai temi forti e percepiscono la staticità dei partiti e la loro chiusura.
Questo distacco può essere colmato se si cercano modi diversi per comunicare con le nuove generazioni.
Oggi sembra che il messaggio politico sia compreso solo da giovani che abbiano già una spiccata sensibilità all’ascolto e al dibattito. Si tratta tuttavia di piccole élite che si atteggia a “nuova casta”.
È prioritario quindi che si mettano in campo strategie e strumenti per ampliare il numero dei giovani impegnati in politica per indurre un maggior numero di giovani a sentirsi protagonisti ed attori del proprio futuro.
Questo è un progetto ambizioso che trova tuttavia conferma nei dati statistici che rilevano un’attenzione sempre crescente degli under 30 verso la politica.
I giovani desiderano buona politica, quella dei grandi ideali, dei sogni e delle idee che diventano progetti concreti. Una politica che sia incontro con le persone, ascolto e dialogo, storia collettiva e non esperienza esclusiva di pochi. Una politica capace di grandi slanci e coraggiosa nel perseguire cambiamento.
Una politica che partendo dal territorio, sia più vicina ai cittadini e alle loro esigenze. Che metta al centro i valori, che persegua in modo più immediato e meno burocratico i suoi obiettivi, che non si perda in divisioni interne, ma che davanti ad una prospettiva chiara, trovi compattezza, in cui il ruolo del Partito sia fondamentale.
Il partito che vorrei deve dare la linea politica, deve esprimere la propria collocazione in modo netto, deve mettere in evidenza le proprie scelte e priorità differenziandosi dagli altri, deve mettere in luce le sue scelte riformiste, deve garantire autonomia intellettuale e meccanismi di democrazia interna perseverando con le modalità che hanno suscitato tanto entusiasmo fra i cittadini come è avvenuto con le primarie del 14 ottobre 2007.
La nascita del Partito Democratico è avvenuta a porte aperte, consentendo ai cittadini di candidarsi e di mettersi in gioco.
Il partito che vorrei deve essere uno spazio di investimento culturale per gli aderenti e deve garantire un percorso formativo anche a livello dei quadri dirigenti affinché il modo di fare politica di tutto il Partito divenga più moderno.
È essenziale avere una presenza attiva sul territorio in modo da instaurare una nuova relazione coi cittadini favorendone il radicamento e l’appartenenza.
È necessario sollecitare un rapporto più serrato tra elettori ed eletti facilitato dai nuovi mezzi di comunicazione che tuttavia non devono limitare le possibilità di confronti diretti.
Il partito che vorrei deve avere la consapevolezza che i giovani sono un grande investimento. Devono essere dedicate loro molte attenzioni. Essi devono essere accompagnati nella formazione e nella preparazione, radicandoli sul territorio.
Il rinnovamento della classe politica deve avvenire attraverso criteri che puntino sul merito e attuando meccanismi di selezione che premino il talento e la competenza.
Bisogna uscire dalla logica della cooptazione in cui il ricambio è orientato alla deferenza e non all’innovazione. Il rischio altrimenti è di rinchiudere pochi eletti in una sorta di razza protetta.
Fondamentali sono le opportunità che vengono offerte ai giovani, attraverso l’assunzione di responsabilità dirette di politica attiva senza troppe protezioni e senza confinare l’impegno dei giovani alle tematiche giovanili.
Al partito che vorrei spetta il compito di scommettere sulle nuove generazioni, di credere nelle capacità dei giovani, dando loro l’opportunità di esprimersi favorendo un ricambio generazionale che faccia progredire il Partito.
Ora è il tempo giusto perché i giovani si impegnino. Siamo in una fase di cambiamento.
La nascita del Partito Democratico è l’occasione perché i giovani si facciano sentire e dimostrino di essere in grado di pensare e realizzare una politica nuova, consapevoli che il futuro dipende da loro e dalle loro decisioni.
I giovani devono avere il coraggio di voler essere dei protagonisti senza limitarsi a pensare al ruolo che potrebbero in futuro ritagliarsi.
È il momento di dimostrare che i giovani, partecipando con entusiasmo ed intelligenza, possono contribuire alla costruzione del proprio futuro e di quello collettivo con la conoscenza del passato e lo sguardo aperto e rivolto al futuro.

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Andrea Colombo
Parlare di politica oggi, e parlarne seriamente, è compito particolarmente difficile soprattutto se l’argomento centrale della riflessione è il futuro ed ipotetico cambiamento della politica stessa.
L’argomento meriterebbe una trattazione ben più approfondita e, perché no, anche di qualcuno più preparato del sottoscritto anche se, ammetto, in realtà ho accettato di buon grado questa allettante occasione fornitami dalla Rivista che vorrei.
Nello sviluppare questo ragionamento, anzi direi anche prima di iniziare a battere a computer le mie considerazioni, mi è subito sorto un dubbio amletico: devo parlare secondo coscienza, dicendo quello che realmente e profondamente penso, o modularmi, mitigarmi, adattarmi al mio ruolo politico?
Insomma devo parlare da Andrea Colombo o da Consigliere Comunale di FI?
Già da queste righe si intuisce quale sia la prima difficoltà che un giovane politico, o meglio un giovane in politica, deve affrontare. Deve forse dare ascolto alle sue idealità, alle sue radicate convinzioni, o deve invece propendere per un equilibrio “Politically Correct”?
Questo è un problema da me molto sentito, ma credo anche da molti che fanno politica attiva.
In questo sistema politico, fortemente partitocentrico, esiste, credo, una forte dicotomia tra autonomia intellettuale e logica o ragionamento di partito con l’unica e preoccupante differenza che chi propende eccessivamente per la prima, automaticamente viene emarginato.
È chiaro ed inevitabile che chi fa parte di un partito in esso si rispecchi e di esso condivida il pensiero ed il credo di fondo. I partiti sono infatti i pilastri fondamentali non solo di un sistema politico efficiente, ma anche di uno stato democratico e moderno che si fonda su valori imprescindibili quali legittimità e rappresentanza. Ora come fare a coniugare lo slancio idealista di un giovane inesperto ed entusiasta con la logica di partito?Questo credo sia uno dei problemi più spinosi che un giovane in politica debba affrontare. La risposta, me ne scuso, non l’ho ancora trovata. Al momento faccio dell’equilibrio di giudizio e della moderazione virtù fondamentali per non incorrere in errori di superbia e di inesperienza.
Di una cosa sono fermamente convinto però : l’opinione personale può certo modificarsi e fluttuare assecondando alcune scelte ed indicazioni di partito, ci mancherebbe altro.
Ma se queste decisioni prese da altri intaccano non la sfera delle opinioni bensì quella delle convinzioni morali, quelle per intenderci che identificano la personalità e la distinguono dalle altre, allora non ci può essere compromesso, scelgo per la mia identità.

Altro problema che noi nuove leve ci troviamo ad affrontare in questo momento storico è la connotazione negativa che tutto ciò che è politica sembra aver assunto. Parole come privilegi, caste, raccomandazioni sono sempre più spesso accostate a chi della classe politica è parte integrante.
Sono soprattutto i cattivi maestri alla Grillo, quelli che fomentano le piazze ad odiare tutto e tutti, ad avere responsabilità. Come del resto sono responsabili anche quelli che con i loro saggi ed i loro interventi fanno del disfattismo un’arma micidiale per condannare questo paese prima ancora di provare a cercare soluzioni. Sono anche responsabili, e mi dispiace ammetterlo, anche i nostri politici incapaci di dare quelle risposte che la gente chiede. Tutti questi avvenimenti sono certo sintomo di un sistema che non funziona, di una Italia che se non cambia sarà costretta al lento declino.
Un’ Italia che ancora si spacca sul 25 aprile, che non fa parlare il Papa in università, che regala al mondo le immagini della “munnezza” di Napoli è una realtà che deve cambiare.
Cossiga parla di un Paese "incompiuto" figlio di un Risorgimento incompleto, figlio della Vittoria mutilata, della Resistenza tradita, della Costituzione inattuata,della democrazia incompiuta e sostiene che
questa imperfezione genetica leghi con un filo forte la storia dello sviluppo politico dell'Italia unita.
Sono ancora troppo giovane per pensare che l’imperfezione regnerà sempre sovrana nel nostro paese.
Mi ritengo ancora un fiero ottimista ed un orgoglioso idealista e sono tra quelli che crede che qualcosa si possa e si debba fare. L’unico modo per cercare, ognuno nel suo piccolo, di cambiare qualcosa sta nell’agire individuale, nella forza di mettersi in gioco, nella volontà di essere in prima linea e nel coraggio di provarci sempre.
Questa per me è la via del futuro. L’errore più grande, e che molti di noi giovani commettono, è quello di porre tra noi e il mondo più distanza possibile come se fossimo due realtà aliene. Invece la società siamo noi e siamo noi che condizioniamo le sue scelte. Non parlo di rivoluzione culturale, né di sconvolgimento del sistema partitico. Parlo solo dell’immenso potere che deriva dalla consapevolezza dell’agire perchè stare ai margini della società, lasciando che gli eventi accadano, rimanendo in balia degli altri no ha alcun senso né alcuna utilità. È troppo facile criticare e poi rimanere seduti senza far niente. Perché è questo niente che ci distrugge. Chi ci governa, chi legittimamente ci rappresenta, non deve basarsi sulla nostra apatia, sul nostro distacco, sulla nostra voluta ignoranza. Non deve pensare solo a come vincere, diventando macchina di consenso e non strumento di servizio. La Politica in fin dei conti è servizio. Il problema non è quanto guadagnano i parlamentari, ma che cosa fanno per guadagnarseli.
Un sistema efficiente, con una classe politica capace, sa dare le risposte che la gente vuole.
Se una società produce benessere, se uno Stato fa vivere degnamente i propri cittadini, allora i privilegi, che ci sono sempre stati, e non solo in politica, si vedranno molto meno.
Proprio per evitare di fare la fine di chi non agisce e si siede a guardare e a criticare, voglio argomentare ciò che ho appena detto con la mia esperienza personale.
Quando mi sono candidato nelle elezioni amministrative del maggio 2007 io non ero Andrea Colombo, ma il ragazzino raccomandato figlio dell’ex sindaco. E molti dicevano che cosa vuole fare questo “bambino” a 19 anni che è inesperto, giovanissimo e mi fermo qua che è meglio.
Una volta eletto, chi sorpreso chi un po’ meno, dicevano che erano tutti bravi a farsi eleggere così.
So di essere stato molto fortunato ad avere avuto un occasione del genere a 19 anni, come so che se non mi fossi chiamato Colombo mai sarei entrato in lista del Consiglio Comunale a 19 anni.
Ma è proprio questa la mia battaglia. Fare il primo passo che permetta alla prossima tornata amministrativa di vedere altri giovani di 19 anni provare a farsi eleggere, giovani che non per forza siano figli d’arte ma semplici entusiasti della politica e della cosa pubblica.
Il rischio di non riuscire c’era perché non facile è ottenere fiducia, consenso e soprattutto credibilità a 19 anni in una città, tra l’altro, come Monza. Il rischio di essere politicamente “bruciato” era mio, non di mio padre. La faccia era la mia, non di mio padre. La voglia di provarci era mia, non di mio padre.
La mia più grande frustrazione è vedere ancora oggi che molte persone non credono sia possibile a 20 anni essere consiglieri comunali, anzi molti sorridono beffardi perché dicono la classica parola“raccomandato”. Allo stesso modo è difficile non rimanere ai margini della partecipazione e delle decisioni reali, ma entrarvici ed essere considerato di pari dignità e meritevole di pari considerazione dei colleghi più esperti. Tutte queste difficoltà possono spingere un giovane ad allontanarsi dalla politica o meglio dall’attiva partecipazione ad essa.
Ma noi giovani incarniamo la forza del cambiamento; in un contesto in cui la realtà cambia, la politica non può restare uguale e abbiamo per questo il compito di dimostrare che a tutti devono essere concesse pari opportunità , quelle pari condizioni di partenza che sono il contrario della società delle caste e dei privilegi.
Viva il merito, a dispetto del livellamento di massa, del posto clientelare, sfregi alla dignità delle persone e della Politica stessa
L’entusiasmo con cui un giovane si approccia alle cose nuove, alle esperienze diverse possa essere uno stimolo in più per agire attivamente, consapevoli delle proprie capacità ed anche dei propri naturali limiti, lasciando ai politicanti il business ed il controllo dei consensi e a chi crede veramente nel cambiamento e nel futuro una speranza di riuscirvi a partecipare.