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Il suo sguardo scrutava il mare in attesa dell’apparizione del battello postale sul quale lei si era imbarcata. In realtà lei non si era imbarcata, l’avevano portata via con l’ambulanza. Falso, tutto falso! Lui continuava a ripetere a sé stesso

 

I

l suo nome era stato Cometa di Halley, ma lui l’aveva sempre chiamata con un piccolo grido di gioia come si fa il verso a un uccello nel folto di un albero.

Lei l’avevano portata via con l’ambulanza e non c’era stato nulla da fare. Era accaduto a novembre. Lui, alla fine di gennaio, aveva riletto tutto Shakespeare. Alla fine di febbraio tutto Dostojevskij. Ai primi di marzo aveva deciso di abbandonare la casa. Aveva meticolosamente caricato sull’auto tutto ciò che gli sarebbe potuto servire, dalla caffettiera alla torcia con una buona scorta di pile. Poi aveva ridotto la scorta in modo che la torcia potesse stare accesa una notte, una intera notte, non di più. Aveva impiegato la maggior parte del tempo per accatastare legna davanti alla casa. Per questo aveva rastrellato il bosco scegliendo la ramaglia più secca caduta ai piedi degli alberi. Terminata la catasta si era seduto sulla panchina accanto alla porta. Col viso tra le mani aveva pregato invocando il Cielo. Affinché il Cielo non avesse dubbi aveva sillabato il nome di lei, Cometa di Halley, la sua età, gli studi che aveva fatto, il vestito che aveva indossato da ultimo, quello di maglia grigia con il collo alto sul quale pendeva la catenella d’argento. Infine si era levato dalla panchina, aveva recuperato la tanica di benzina nel garage, aveva sparso il liquido infiammabile sulla legna, aveva acceso un fiammifero e l’aveva gettato sulla catasta che subito era divampata. In poco tempo era bruciato tutto e gli alberi intorno alla casa erano diventati secchi come fossili. Ma lei, Cometa di Halley, il suo respiro, il battere del suo cuore, i suoi passi che andavano su e giù per la scala erano rimasti intatti. O erano gli scoiattoli che correvano nel bosco? Infine era salito sulla sua automobile, era partito e nonostante fosse pieno giorno aveva illuminato, con i fari abbaglianti, la strada ai lati della quale si levavano, come fantasmi, altissimi alberi, dove, se avesse avuto fortuna, avrebbe potuto scorgere lei, proprio lei col cappotto a bavero rialzato, il cappello di lana, la sciarpa fin sotto il naso. Quando era arrivato sulla costa Il mare era in burrasca. Gelide ventate facevano vibrare i fili della elettricità con funesto ronzio. Aveva parcheggiato davanti al piccolo albergo dilavato dalla salsedine, la facciata di tavole di legno pareva una pagina scritta molto tempo addietro, forse al tempo di Shakespeare, o più tardi al tempo di Dostojevskij. Aveva chiesto una camera per la notte. L’albergatrice avrebbe voluto aiutarlo a portare i bagagli, ma lui si era scusato: aveva bisogno solo della borsa, avrebbe fatto da solo. La camera era al piano superiore, una piccola stanza rivestita di legno come la cabina di una vecchia nave. La finestra dava sul mare, la aprì e restò a guardare l’acqua. Grandi, buie ondate giungevano di gran corsa infrangendosi sulla riva dove innalzavano violenti spruzzi. Raffiche di vento bagnato turbinavano contro l’ albergo, ma non per questo lui si distolse dallo stare proteso davanti alla finestra. Costantemente il suo sguardo scrutava il mare in attesa dell’apparizione del battello postale sul quale lei si era imbarcata. In realtà lei non si era imbarcata, l’avevano portata via con l’ambulanza. Falso, tutto falso! Lui continuava a ripetere a sé stesso: “No, non l’ambulanza. Il battello postale, il battello postale!” e mordendosi le labbra bisbigliava il nome del battello verniciato in nero sulle bianche fiancate del natante. L’ambulanza era andata via scivolando nel nulla, senza sirena, tanto, la sirena sarebbe stata inutile. “Non c’è fretta.” Aveva detto il medico di servizio sull’ambulanza. Se i marosi che si abbattevano sulla riva non avessero sollevato tanto fragore, lui avrebbe potuto udire la sirena del battello. Lei era là salutandolo con la sirena del postale e lui, davanti alla finestra spalancata, spasmodicamente tendeva l’udito. D’un tratto gli era parso veramente di sentire la sirena. “Non c’è fretta.” aveva detto il medico dell’ambulanza e gli aveva stretto la mano. “Perchè vuole farmi coraggio?” “E’ mio dovere farle coraggio.” “Ma il suo dovere è salvare lei!” il dottore aveva scosso il capo. “Se non vuole stringermi la mano si affidi alla pietà celeste.” aveva ribadito il medico. Intanto era diventato buio. Lui ora aveva un’altra speranza, quella di scorgere nel mare il faro del battello postale. Col primo buio il battello postale accendeva le luci. Ma il mare era troppo mosso e non si vedeva nessuna luce. Né luce, né suono di sirena. “Non c’è più niente da fare?” aveva chiesto al medico dell’ambulanza. Il medico aveva allargato le braccia. Adesso era buio completo e la tenebra aveva fatto in modo che non si vedesse più niente. Più si faceva tardi più il buio cancellava tutto, infatti, quando la padrona dell’ albergo bussò alla camera per avvisare che la cena era pronta, nessuno rispose. La donna attese un poco poi bussò di nuovo. Silenzio. Allora spinse la porta ed entrò, ma nella stanza non c‘era nessuno. La donna si stupì. Per scrupolo guardò sotto il letto, dentro l’armadio: nessuno! Eppure la borsa dell’ospite era là, sulla sedia accanto al letto. Aprì la borsa e vi buttò un’occhiata. Era piena di libri. Guardò meglio. Shakespeare, Dostojevskij. La donna non sapeva cosa pensare. Dalla finestra spalancata entravano folate di aria gelida. L’albergatrice rabbrividì e andò a chiudere le imposte. Poi si strinse nello scialle e scosse la testa: “Shakespeare, Dostojevskij.” disse tra sé.

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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