Consumo di suolo: è forum nazionale


Ha preso il via sabato 29 ottobre con la riuscita assemblea nazionale a Cassinetta di Lugagnano (MI), il forum nazionale 'salviamo il paesaggio' (www.salviamoilpaesaggio.it). Un forum che nasce con una agenda molto impegnativa, che pone al centro la redazione e il lancio di una proposta di legge di iniziativa popolare per fermare il degrado del territorio. Legambiente è tra le prime associazioni nazionali ad aver aderito e a farsi promotrice di questo forum. In Lombardia, regione 'numero uno' per consumo di suolo, possiamo farlo a ragion veduta: da quattro anni abbiamo costruito un orizzonte di competenze e di proposte sul tema del consumo di suolo, lo abbiamo fatto con un lavoro sistematico che ci ha portato a costituire presso il Politecnico di Milano il Centro per la Ricerca sui Consumi di Suolo (CRCS, www.consumosuolo.org), insieme ad INU, che oggi è centro europeo di eccellenza per la raccolta e l'elaborazione di dati e conoscenze su questo tema; con una proposta di legge che in questi giorni affronta i primi passi (si spera) della discussione in Consiglio Regionale (www.legambiente.org). Competenze e dati che ora possono diventare una risorsa a servizio di una partecipazione più ampia di società e cittadinanza attiva, all'interno di forum che allargano la partecipazione. Siamo solo all'inizio di un lavoro che, ci auguriamo, possa produrre una autentica novità nel panorama legislativo non solo italiano, ma anche europeo, perchè in Europa, non esiste una disciplina giuridica dei suoli che ne riconosca il valore di bene comune, e non - invece - un attardarsi su temi che appartengono ad un vecchio dibattito ambientalista e di urbanistica illuminata che si attesta sulla apposizione di limiti formali o vincoli su singoli beni paesaggistici. Sapendo che il consumo di suolo, dal dopoguerra ad oggi, è uno dei principali terreni di conquista della accumulazione capitalistica e finanziaria, con esiti spesso catastrofici come per la crisi che stiamo vivendo da alcuni anni (e che nasce, non a caso, dall'esplosione di una bolla immobiliare). Non illudiamoci che una legge, per quanto popolare, possa sovvertire il meccanismo dell'accumulazione capitalistica: il vecchio sogno riformista è una lunga teoria di fallimenti, le leggi non sono lo strumento per sovvertire questo 'fondamentale', per quanto iniquo, meccanismo di funzionamento dell'economia. Ma conoscendo il meccanismo di generazione della rendita fondiaria, possiamo, questo sì, introdurre principi che affermino il valore comunitario del suolo e che, a partire dal riconoscimento giuridico questo principio, rendano disagevole e accidentata l'autostrada fino ad oggi aperta davanti agli speculatori immobiliari in cerca di terreni su cui sviluppare il loro business. Il contesto può essere favorevole: anche il mondo delle costruzioni, alle prese più di altri con i morsi della crisi, è consapevole del fatto che l'edilizia estensiva, l'espansione della città sulla campagna, oggi non può essere la base per un ciclo di ripresa virtuosa: gli unici che oggi possono avvantaggiarsi di questa situazione sono i grandi detentori di capitale liquido, che sono sempre meno se si esclude il campo semisommerso della economia criminale. Anche nel settore edile occorre rimettere al centro il lavoro, la qualificazione, le competenze.
Parlare di 'suolo bene comune' non è fare filosofia, ma dire chiaramente che il 'costo' del consumo di suolo non può essere solo quello con cui l'immobiliarista o il concessionario autostradale paga l'agricoltore per poter costruire sui suoi terreni. Che esiste un valore, irriducibile, che corrisponde all'attributo comunitario del suolo, di un bene trasmesso per secoli e coltivato per produrre cibo, o di un ambiente naturale che esprime un valore fondamentale per la comunità che ne dipende. Costruire su suolo libero non deve mai essere l'opzione più conveniente, quella che garantisce il massimo margine di profitto: il capitale deve tornare ad investire sulla città e sugli spazi già costruiti. Solo lavorando su questo principio, in teoria molto semplice (ma politicamente per nulla scontato, come dimostra la nostra proposta di legge regionale) si potrà invertire una tendenza che non si è mai fatta troppo intimidire da vincoli, soglie o moratorie.

Consumo di suolo: on line i dati attuali e storici di uso del suolo di tutti i comuni lombardi!
Da oggi i dati sul consumo di suolo in Lombardia sono a portata di tutti, su base comunale: grazie ai database cartografici di Regione Lombardia (DUSAF) abbiamo potuto trasformare le informazioni contenute nel geoportale regionale in una semplice tabella che riporta, comune per comune, i dati di uso del suolo alle soglie storiche del 1954, del 1999, del 2007 e del 2009 (questi ultimi per le sole province di Milano, Monza, Sondrio e Brescia) . Ad ogni comune il suo consumo di suolo: consulta il sito del Centro per la Ricerca sui Consumi di Suolo, www.consumosuolo.org

EVENTI:


Verona, 5 novembre 2011 - Veneto: un futuro senza territorio? Analisi del fenomeno del consumo di suolo in Italia e nel Veneto
Verona, Sala Barbarani, via Bertoni 4. Evento promosso da Legambiente Veneto
Relatori: M. Bertucco, Legambiente Veneto | G. Nanni, ufficio urbanistica Legambiente | S. Salata, Centro per la Ricerca sui Consumi di Suolo | S. Lironi, Legambiente Padova | L. Albi , Legambiente Verona
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Bologna, 10 novembre 2011 - GOVERNARE L’USO DEL SUOLO. Collaborazioni istituzionali per contenere il consumo di suolo
Bologna, Basilica di Santo Stefano e Palazzo Isolani. Evento Promosso: CRCS, Legambiente, INU

Relatori: F. Oliva presidente INU | D. Di Simine segreteria nazionale Legambiente | A. Arcidiacono INU, politecnico di Milano| A. Peri Assessore regionale all'urbanistica| L. Frattini presidente Legambiente Emilia Romagna | M. Longoni, servizio territorio, provincia di Monza e Brianza | F. Colombo, sindaco di Ronco Briantino (MB) | A. Del Piano settore pianificazione provincia di Bologna | M. Sani, ufficio di piano dell'Unione di Comuni val Samoggia | B. Fugazza, servizio territorio provincia di Lodi | A. Mariani, sindaco di S. Fiorano (LO) | S. Pareglio
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news:
BREBEMI: AVANTI SENZA SOLDI - LEGAMBIENTE: CLOSING FINANZIARIO IN ALTO MARE
I lavori della Brebemi proseguono il loro corso sconvolgendo e divorando 900 ettari di territorio agricolo nonostante l’iter di finanziamento dell’autostrada sia ancora in alto mare. Più il tempo passa ed i morsi della crisi finanziaria si fanno sentire in tutta Europa, più si allungano i tempi del cosiddetto “closing” finanziario. In nessun paese occidentale, dove ci sono veri “Project financing” si sarebbe potuto dare il via ai lavori senza la soluzione definitiva degli aspetti relativi al finanziamento dell’opera.
La Corte dei Conti infatti non ha ancora registrato la delibera del CIPE del 5 maggio con la quale veniva approvato il 2° atto aggiuntivo della convenzione tra CAL (concessionaria autostradale lombarda) e la Brebemi. La delibera una volta approvata dovrà successivamente essere recepita da un decreto interministeriale (Ministeri delle Infrastrutture ed Economia). Inoltre si aspetta, dopo l’approvazione del Cipe del 3 agosto scorso, il progetto esecutivo della Tem (tangenziale milanese) e la certezza che i tempi conclusivi della tem siano coerenti con quelli di Brebemi. In questo caso si pensa di ricorrere ad un prestito ponte, in attesa del sempre più incerto (dati i costi del danaro) finanziamento complessivo della Tem. Solo a questo punto il pool di banche di Brebemi avranno le condizioni tecniche e quindi le garanzie economiche, per far partire il finanziamento dell’opera. Finanziamento comunque spalmato su numerosi Istituti di credito e sulle spalle pubbliche (Cassa depositi prestiti).Con il “closing” ancora in alto mare come è possibile finanziare i lavori il cui stato di avanzamento è pari al 15-20% ? I finanziatori privati se ne stanno ancora fuori Banca Intesa con 390 milioni,Unicredit e B.Mps 290, Ubi Banca e la Popolare con 200 milioni a testa, mentre la parte del leone dovrebbe farla la Cassa Depositi prestiti (la banca pubblica) con 765 milioni e sempre ammesso che la ricapitalizzazione della banche venga finanziata dagli organismi europei. A metterci una pezza per far partire i lavori ci sono volute le FS (soldi pubblici) che hanno anticipato 175 milioni (gli importi fin qui spesi) di quelli che ancora non sono i costi comuni visto che il progetto Tav, Treviglio-Brescia parallelo alla Brebemi non è ancora partito.Intanto gli scogli da superare non sono finiti:
1) Brebemi e Fs non hanno ancora definito chi esproprierà le aree interposte fra l’autostrada e la nuova linea ferroviaria;
2) la recente sentenza della corte Costituzionale che ha modificato i meccanismi di calcolo delle indennità di esproprio farà aprire nuovi contenziosi da parte dei proprietari terrieri visto che verranno risarciti diversamente;
3) le problematiche della viabilità alternativa vicino ai cantieri sta procurando disagi ai numerosi comuni interessati.
(Legambiente Lombardia, Dario Balotta 30 10 2011)

Malpensa: La terza pista è “irricevibile” secondo la Commissione VIA


Buone notizie per il Parco del Ticino: sono quelle che arrivano dalla Commissione nazionale VIA, che nei giorni scorsi ha giudicato di fatto irricevibile il master plan per l'ampliamento di Malpensa e la terza pista, che minaccia 350 ettari di boschi e brughiere del Parco. Secondo la commissione, infatti, non è possibile una pronuncia di compatibilità su un progetto che tale non è: il master plan infatti non prevede una singola opera, ma un complesso di interventi, programmati con diverse scadenze, destinati a modificare radicalmente i connotati del territorio circostante.
“La commissione ha di fatto accolto le nostre tesi, evitando che l'Italia venisse esposta alla minaccia di una pesante infrazione comunitaria per inadempienza agli obblighi in materia di valutazione ambientale strategica (VAS)”. Dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, associazione che aveva già minacciato di ricorrere alla Commissione Europea se il master plan fosse stato approvato senza previo espletamento della VAS. “Il master plan di Malpensa è scandaloso: oltre a una terza pista di cui nessuno, nemmeno le compagnie aeree, sente il bisogno, spalma centinaia di ettari di capannoni industriali e commerciali, nemmeno connessi alla funzionalità aeroportuale. Di fatto si tratta di una gigantesca speculazione immobiliare, di cui l'ampliamento dell'aeroporto è solo il pretesto: per questo deve essere assolutamente bloccata”.
La pronuncia della Commissione VIA è un riconoscimento importante, ma la battaglia resta ancora tutta aperta. “Siamo contrari alla terza pista nei suoi fondamentali - afferma Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia - Malpensa deve abbandonare le sue ambizioni di hub aeroportuale, non esistono più le condizioni e ormai anche le grandi compagnie aeree la stanno abbandonando (Lufthansa e AirFrance). La Lombardia deve smettere di inseguire un sogno sbagliato continuando a gettare via enormi risorse pubbliche inutilmente, e invece deve fare un piano aeroportuale al fine di una ottimale utilizzazione degli scali aeroportuali esistenti: alcuni dei quali come Orio al Serio sono sovraccarichi, mentre altri come Montichiari sono letteralmente deserti. Malpensa può solo migliorare l'efficienza aeroportuale, ridurre i costi di gestione e diminuire l'impatto ambientale”. (Ufficio stampa Legambiente Lombardia, 27 ottobre 2011)


Legambiente Lombardia a congresso: fermare il consumo di suolo e il delirio autostradale lombardo
Nel futuro della Lombardia c'è anche il Mediterraneo, secondo Legambiente: il mare squassato da conflitti e rivolte alla cui radice c'è l'accesso alle risorse energetiche custodite dal sottosuolo dei Paesi arabi e nordafricani. Il congresso di Legambiente Lombardia, che comincia oggi nel capoluogo della provincia orobica, propone una visione e un ruolo della Lombardia come ponte tra due culture, due sistemi socio-economici: quella lombarda è infatti la principale metropoli del Sud Europa, e questa posizione implica l'assunzione di una responsabilità nei confronti delle sorti del Mare Nostrum.
“Le energie rinnovabili possono concorrere a tracciare una nuova geopolitica dell'energia, che disinneschi il potenziale esplosivo dei conflitti e offra una chance di democrazia e di sviluppo per il bacino del Mediterraneo – dichiara Damiano Di Simine, presidente uscente di Legambiente Lombardia - La Lombardia farebbe bene a immaginare un futuro che valorizzi questa grande opportunità, che implica grandi possibilità di investimenti e trasferimenti tecnologici nel segno della green economy: anche perchè se non saranno le imprese sane a muoversi, ci penserà la concorrenza, che in troppe aree del nostro Paese si chiama ecomafia”.
Insomma, c'è la crisi, l'aria è inquinata, le autostrade devastano la pianura, ma non ci si toglie il gusto di guardare ad un futuro migliore. Ma si sta anche con i piedi ben piantati nel presente, perchè la situazione di crisi pesa sull'economia, sulla società e anche sul terzo settore. E perchè Legambiente fa i conti con la sfida lanciata al precedente congresso, quella di fermare il consumo di suolo che in Lombardia ha assunto numeri di una gravità vertiginosa.

“Quattro anni fa abbiamo posto una questione fino ad allora affrontata solo in modo superficiale e propagandistico: il suolo ci sta scomparendo da sotto i piedi, sostituito da distese di cemento. Oggi possiamo dire che sicuramente la questione è entrata nell'agenda politica, si parla di consumo di suolo con cognizione di causa e disponendo di dati oggettivi, ma le soluzioni sono ancora lontane: la nostra proposta di legge di iniziativa popolare è ferma da due anni in Consiglio Regionale, i politici di ogni parte e in ogni occasione si dicono d'accordo con noi, ma la legge non viene portata in aula. Adesso chiediamo alla politica regionale di prendersi le sue responsabilità: vogliamo un voto, a scrutinio palese, che ci dica chi davvero vuole fermare il cemento speculativo che divora la nostra campagna”.
Anche nella provincia orobica, in modo non dissimile dal resto della Lombardia, il cemento trasforma e deteriora il paesaggio: elaborando i dati recentemente pubblicati da ERSAF, si scopre che il suolo urbanizzato, che nei primi anni del boom economico era pari a 83 kmq (pari al 3,1% del territorio provinciale), nel 2007 era salito a 383 kmq (il 14,1% di tutto il territorio, montagne incluse). Detto in altre parole, nei primi duemila anni della nostra storia abbiamo occupato territorio fertile dell'attuale provincia di Bergamo al ritmo di 4 ettari all'anno, mentre negli ultimi cinquant'anni i campi sono scomparsi ad una velocità 140 volte superiore: 566 ettari ogni anno. Una cifra spaventosa, anche perchè indietro non si torna, sui campi coperti di cemento non si seminerà mai più grano, né cresceranno boschi. Ed infatti a sparire è proprio l'agricoltura: le superfici agricole in provincia di Bergamo coprivano 1154 kmq di territorio, nel 2007 il dato era crollato a 780 kmq: una perdita secca pari ad un terzo dell'intero territorio agricolo provinciale. Scorrendo il database di Regione Lombardia sugli usi del suolo dal 1954 ad oggi saltano agli occhi dati eclatanti in molti centri della provincia di Bergamo. E' il caso di San Paolo d'Argon, che nel dopoguerra occupava con il suo borgo una superficie pari a meno di 15 ettari, diventati 220 nel 2007, con una crescita del 1500%. O di Grassobbio, che era un piccolo centro di 11 ettari, diventati 380 nel 2007 con un incremento del 3200%. Per non parlare di Piazzatorre, cresciuta nello stesso periodo del 2000% a suon di seconde case per villeggianti, o di Verdellino, una crescita del 1700% tra lottizzazioni residenziali e capannoni.
Dati così gravi non hanno nulla a che fare con la crescita del benessere: probabilmente un giovane operaio del '54 non aveva un potere d'acquisto inferiore a quello di un giovane laureato del 2011, di sicuro aveva davanti a sé una prospettiva di sicurezza e di garanzie sociali che i giovani d'oggi non hanno. “Col cemento facile di questi anni non si è costruita vera economia ma pura rendita e concentrazione di capitali finanziari. Ora non possiamo permetterci di sprecare la crisi, l'economia lombarda ha bisogno di essere presidiata da nuove regole, che mettano al centro la sostenibilità ambientale e il lavoro, anche del settore edile, che nella green economy può cogliere una grande opportunità, riqualificando le città senza consumare nuovo suolo”. (ufficio stampa legambiente lombardia, 22 ottobre 2011).


tutti gli approfondimenti e i materiali del congresso sul nuovo sito di legambiente lombardia al link:
http://lombardia.legambiente.it/contenuti/articoli/ix-congresso-legambiente-lombardia-2223-ottobre