20140310 il futuro non e piu quello di una volta1

Vorremmo non assistere ad una umiliante lotta di classe tra generazioni, tra giovani ed anziani, tra chi un lavoro non ce l’ha e chi invece può godere di una pensione, sia pur minima. Parafrasando la frase di un celebre testo, è questo purtroppo lo spettro che si aggira oggi in Europa.

Qual è il mestiere del sindacato? Difendere i lavoratori. Ma nell’attuale situazione economica non basta più. Il sindacato deve occuparsi anche d’altro, di situazione economica del paese, di lavoro incerto, di giovani che nemmeno quello hanno, di condizione della popolazione anziana, di sviluppo economico e d’altro. In questi giorni se ne discute, per la verità in maniera piuttosto silenziosa e anonima , nei congressi provinciali di categoria dei vari sindacati della Cgil e delle Camere del Lavoro, in preparazione del XVII congresso nazionale, in programma a Rimini il 6,7 e 7 maggio a Rimini. Nella nostra provincia in pratica l’operazione è già stata compiuta.

A noi è capitato di seguire quello dello Spi Cgil, svoltosi a Corte Lodovica di Oreno di Vimercate. Il sindacato dei pensionati è ormai maggioritario nell’ambito della stessa Confederazione: decisamente il più numeroso, e questo - a nostra avviso - rappresenta un limite serio per l’intera Confederazione. Ma d’altra parte è lo specchio fedele del nostro sgangherato mondo del lavoro. E la colpa ovviamente non è degli anziani che nella Cgil hanno portato un ricco patrimonio di memoria, di esperienza e di volontariato. Loro rappresentano il migliore ammortizzatore sociale che l’ attuale sistema economico possa mettere in campo contro la crisi che umilia soprattutto le giovani generazioni, alla disperata ricerca di un posto di lavoro.

Slogan dell’incontro: La forza del nostro viaggio . Bello, molto azzeccato, cosi’ come azzeccata è la ragione del viaggio: uscire dalla più grande crisi degli ultimi cinquant’anni con meno povertà, meno diseguaglianze, più giustizia sociale. E nel contempo, dare una mano a quella indispensabile ricostruzione civile e morale del Paese, indispensabile per riuscire a dare fiducia nel futuro.

La chiave di volta – a nostro avviso - sta proprio in queste tre parole (un sostantivo e due aggettivi, molto qualificativi): ricostruzione civile e morale di un Paese che soffre di tanti malanni, in cima dei quali va messa,per l’appunto, la crisi civile e morale.

Senza quella ricostruzione, anche tutte le soluzioni di carattere economico che si vorranno prendere, non otterranno mai i risultati sperati.

Paradossalmente noi crediamo che l’Italia potrebbe contare su un enorme forziere, nascosto, inviolato, una sorta di miniera fatta di diseguaglianza di condizioni e di redditi, di stati sociali ingiusti, di privilegi, di ruberie, di malaffare, di corruzione, di prebende, di sprechi, di costi se non inutili almeno esagerati (penso ai costi della politica), di grandi evasioni, di economia nera sotto la quale compaiono gli enormi beni di fenomeni malavitosi quali la ‘drangheta calabrese e la mafia siciliana. Ed è da questa orribile miniera, una vera e propria fogna, che con la lotta, l’iniziativa politica, la mobilitazione di tante intelligenze si potrebbero tranquillamente estrarre i quattrini necessari per finanziare in buona parte quello sviluppo economico di cui tanto si parla in questi giorni.

E’ vero, il nostro debito pubblico, secondo l’Eurostat, ha sfondato la soglia dei due mila miliardi di euro, una cifra enorme alla quale potremmo far fronte solo vendendo i gioielli di famiglia, vale a dire pezzi del Bel Paese.
Ma fra i gioielli perché non calcolare le potenzialità che giacciono in quella orribile miniera ?
Evasione fiscale : ammonta a 255-275 MD , che sottraggono il 16,3 – 17,5 del Pil ( prodotto interno lordo ). Nel 1981, 23 anni fa se ne mangiava molto meno : il 7-8 %.

A chi dice che mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini - scriveva l’ex ministro del Tesoro Tomaso Paolo Schioppa, ora scomparso - rispondo che sono gli evasori ad avere messo le mani nelle tasche dello Stato e in quelle dei cittadini onesti “.

Corruzione : ha una dimensione di 60 MD l’anno ed è in continua crescita, basta leggere i giornali. Sembra un rubinetto inesauribile, roba da allarme rosso. Mazzette, tangenti, favori, benefit assurdi, indennità fuori controllo e quasi sempre a persone incapaci.

Economia criminale : nei giorni scorsi Roberto Saviano ne ha diffusamente parlato sulle colonne di La Repubblica. 170 MD di euro all’anno rappresentano il fatturato delle organizzazioni criminali che vantano peraltro patrimoni immensi ( migliaia di negozi, centri commerciali, presenza nei capitali delle banche, il monopolio del subappalto, la capacità di vincere ogni concorrenza. Quei 170 MD rappresentano - dice l’autore di Gomorra - il vero bottino che dobbiamo riprenderci.

Si tratta di tre situazioni che meritano molta più attenzione, guai considerarli mali inevitabili (“ tanto non c’è niente da fare ”, “ purtroppo è sempre stato così”). Se ci si comportasse in questo modo, il sindacato e la sinistra non potrebbero mai realizzare quella svolta che tutti auspicano.

Non avremo risultati concreti nel breve periodo? Può darsi ma ugualmente la battaglia va combattuta, per salvare la stessa democrazia nel nostra Paese, che non gode di ottima salute.

Recentemente la Banca d’Italia ha parlato di democrazia dei due terzi, nel senso che c’è un terzo del popolo italiano che non partecipa più al gioco democratico, ha perso la fiducia nelle istituzioni e l’impianto traballa.

Il divario tra ricchezza e povertà è giunto a un punto che minaccia - lo ha documentato il prof. Alberto Martinelli in un importante articolo su il Corsera del 14 febbraio - la stessa crescita economica e la stessa coesione sociale del Paese. C’è un dato impressionante : il 10% delle famiglie più ricche, possiede il 46,6 % della ricchezza netta del Paese.

Il quadro è impressionante, scandaloso. Eppure c’è troppa rassegnazione in giro, c’è poca indignazione, c’ è un giustificazionismo diffuso quanto assurdo. Da parte di chi? Certamente da parte della politica ma anche da parte nostra. Ci si passi questa constatazione che può sembrare apocalittica : a noi sembra che il sindacato non sia all’altezza della gravità della situazione. Avvertiamo timidezze, incertezze, anche un po’ di confusione. E tanta amarezza.

E allora che fare? Rivendicare certamente meno povertà, meno disuguaglianze, più giustizia sociale ma anche partecipare alla promozione di quell’azione di ricostruzione civile e morale del Paese. Scriverlo sulla carta, metterlo in premessa di questo o quel documento, non basta.

Noi, ad esempio, non abbiamo mai capito la ragione di certe timidezze nel denunciare differenze clamorose di redditi da pensioni e da lavoro che gridano vendetta. In un certo periodo si è tirato in ballo il pericolo di cadere nella trappola dell’antipolitica dimenticando che l’antipolitica nasce proprio dalle cose che non si riescono a fare.

I lauti stipendi, le pensioni d’oro, le liquidazioni faraoniche di manager che spesso si portano via pezzi di aziende che oltretutto hanno male amministrato, i benefit, la sciatteria morale di parlamentari, consiglieri regionali, ma anche di magistrati, di giornalisti, di dirigenti vari (pubblici e privati), di sottosegretari, di ministri, di amici di questo e di quello, danno l’idea di un colossale magna magna che giustamente offende chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, a chi addirittura un lavoro non ce l’ha. Anche le diseguaglianze di reddito, vanno rese almeno meno diseguali. Ecco perché è necessaria una grande operazione di ricostruzione civile e morale.

Non abbiamo molto tempo da perdere. Quindi diamoci sotto. Incalziamo tutte le controparti come deve giustamente fare un sindacato ma non dimentichiamo di contribuire alla riaffermazione di ideali che il berlusconismo è riuscito purtroppo a annacquare, se non addirittura ad estirpare da molte coscienze.

Personalmente a sinistra siamo sempre stati. Vorremmo poterci anche morire. E non assistere ad una umiliante lotta di classe tra generazioni, tra giovani ed anziani, tra chi un lavoro non ce l’ha e chi invece può godere di una pensione, sia pur minima. Parafrasando la frase di un celebre testo, è questo purtroppo lo spettro che si aggira oggi in Europa.