Dossier. Startup, green economy, innovazione. Intervista a Marco Viganò, segretario Cisl di Monza Brianza e Lecco: la tecnologia di alto valore è possibile se si ripristina la filiera produttiva
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he cosa sono le start-up? È solo un vocabolo alla moda o ha effetti tangibili nel territorio?In effetti start-up può sembrare una parola magica, un termine tanto osannato come se avesse effetti taumaturgici o salvifici per il nostro sistema economico. Le start-up sono le nuove imprese con prevalente connotazione innovativa e alto valore tecnologico. Esse sono aiutate da un incubatore d’impresa, una organizzazione che ne accelera e ne rende sistematico il processo di creazione, fornendo loro servizi di supporto integrati. In Brianza ce ne sono in numero considerevole, ma la vita media di sopravvivenza è breve. È stato calcolato un successo di due imprese su otto, che tuttavia è un buon risultato. Anche in considerazione del raffronto con altri territori, la Brianza è in buona posizione.
Quali sono e dove si concentrano le possibilità di ottenere il successo?
Abbiamo visto che le possibilità di successo sono alte quando le imprese si inseriscono nelle filiere delle grandi aziende. Se esse riescono a essere utili. Fornendo supporto nel processo tramite una strumentazione, cioè servizi e beni di alto contenuto.
La tecnologia di alto valore è possibile se si ripristina la filiera produttiva
In un contesto di crisi produttiva, di manifesta deindustrializzazione, non è difficile sostenere questi compiti?
La Brianza sta soffrendo molto la crisi, è vero. Il settore manifatturiero, soprattutto quello del comparto meccanico, è il più colpito. Ma nello stesso settore esistono imprese con una certa robustezza che riescono a proseguire. Ovviamente ci sono degli ambiti in cui non siamo in grado di competere con le economie dell'est. Però, se ci si concentra nella produzione di alto contenuto tecnologico, si possono creare le condizioni per la permanenza anche di parte del manifatturiero. L'affettività alla Brianza di una certa imprenditoria aveva fatto dire a Fumagalli: pur essendo certo che le nostre produzioni si sposteranno inevitabilmente in Asia, sono altrettanto certo che qui a Brugherio resterà il cervello dell'azienda. Ora abbiamo visto che purtroppo non rimarrà neanche questo. Però il concetto è chiaro, nella possibilità di creare le condizioni perché sia possibile. La produzione di tecnologia di alto valore è possibile se si ripristina la filiera produttiva con l’interazione costante e profonda tra imprese, Università e Istituzioni di governo. È qui che si può riposizionare l'asset delle imprese: l'economia basata sulla conoscenza rende competitivi i luoghi che più di altri risultano attrattivi dal punto visto lavorativo, tecnologico, sociale e della qualità della vita.
Mancano le politiche industriali di cui i nostri territori andrebbero dotati
In Brianza è possibile?
Intanto questo è stato dimostrato per esempio dalla recente scelta di Wirpool di portare la produzione nella provincia di Varese: una serie di condizioni, aggiunte alla vocazione territoriale per la produzione del mobile, con a corredo i suoi saperi diffusi, hanno reso conveniente quel luogo, in funzione di produzioni industriali legati all'incasso nel mobile. A Monza abbiamo una eccellente università, che può mettersi fruttuosamente in relazione con il territorio. Purtroppo manca il ruolo della politica. La politica pensa ad altro, non produce le politiche industriali di cui i territori andrebbero dotati. La politica per me è sempre stata un’arte importante, come diceva qualcuno “una dimensione dello spirito”. Credo che quella debba essere comunque la stella su cui lavorare. Senza politica noi non esistiamo, non esiste il Paese. Credo che la mediazione la faccia la politica, a noi tocca fare la cosa di parte.
Si, ma la politica locale può anch'essa contribuire, pur nella latitanza della politica governativa?
Anche qui dobbiamo registrare un calo di attenzione. Partita con l'enfasi di molte aspettative, la Provincia è lentamente andata ad arenarsi. Un po' per causa delle ricadute nazionali, che vedono decretata la sua eliminazione, un po' perché l'Amministrazione è stata oggetto di indagini giudiziarie. Di fatto c'è stato un adagiarsi generalizzato. Anche delle stesse componenti sociali che più avevano spinto per la sua istituzione. È tuttavia evidente che la Camera di Commercio, a cui è delegata la gestione per le politiche sulle start-up, da sola non può farcela. (Qui il bando, ndr)
Quali sono gli interventi più utili da mettere in campo in Brianza?
Prima di tutto bisogna distinguere le modalità di intervento. L'approccio migliore, abbiamo visto, è quello che va a intercettare le vocazioni caratteristiche del territorio. La Brianza è sostanzialmente divisa in tre aree alquanto diverse: nel Vimercatese c'è la prevalenza delle filiere High-Tech, nell'ovest c'è ancora importante l'industria del legno, ma anche alcune imprese meccaniche che hanno la possibilità di resistere alla selezione. Se sostenute da puntuali politiche industriali. C'è l'Expo 2015. Se viene sapientemente utilizzato, può essere una vetrina importantissima per le aziende. C'è un'occasione alla portata degli imprenditori: molti di loro hanno solo questo evento per mettersi in relazione con un grande numero di operatori economici del mondo. Possono far visitare le aziende per tutto il periodo di permanenza e con questo valorizzarle al massimo.
È meglio che Monza e la Brianza restino fuori dalla Città Metropolitana
La cultura può essere un settore ricettivo delle innovazioni e del rilancio della Brianza?
Certamente. Tempo fa ho letto il libro “Con la cultura si mangia” in cui gli autori dimostrano l'assunto, in contrapposizione al pensiero dell'economista Tremonti. In Brianza alcune cose si stanno muovendo. Peraltro, all'inizio della fondazione della Provincia, si era partiti con buone prospettive progettuali. Si pensi per esempio a Sviluppo Brianza e a quanto è stato creato negli ultimi anni in campo culturale e turistico. C'è ancora moltissimo da fare. È meglio che, con la fine della Provincia, Monza e la Brianza restino fuori dalla Città Metropolitana, potendo così svolgere un ruolo di maggiore autonomia negli indirizzi progettuali.
E il sindacato che cosa può fare?
Dobbiamo cambiare pelle. Per essere dentro ai processi, capirli e dare un contributo, non possiamo basare la nostra azione solo in termini di rivendicazioni. Questo ci impone un salto culturale della nostra storia. Per seguire il futuro delle nostre aziende, dobbiamo necessariamente imparare a parlare lo stesso nuovo linguaggio che si sta generando.
Villa Greppi, Monticello Brianza - foto di Pino Timpani